laR+ IL COMMENTO

La risposta di Putin è ‘la mossa del cavallo’

Il leader del Cremlino con una contro-mossa evita di farsi mettere all’angolo dai ‘volenterosi’. Ma sa di aver bisogno di un’intesa con gli Stati Uniti

In sintesi:
  • La ‘vittoria’ russa nel conflitto ucraino ha i suoi limiti e le conquiste territoriali non bastano
  • L’obiettivo più ambito di Putin resta quello di negoziare con gli Usa accordi di stabilizzazione regionale, la cosiddetta ‘Yalta 2’
Conferenza stampa in piena notte
(Keystone)
12 maggio 2025
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Non che Vladimir Vladimirovic fosse in netta difficoltà o imbrigliato nella rete di dichiarazioni, ma soprattutto di iniziative, da parte di interlocutori indiretti o alleati. Ma nelle ultime settimane la posizione del leader del Cremlino s’è fatta più scomoda. Ecco dunque che in piena notte (erano le 2 del mattino) Putin convoca una conferenza stampa al Cremlino. E annuncia la proposta di riprendere negoziati diretti, già giovedì, a Istanbul, fra russi e ucraini. Classica ‘mossa del cavallo’ per il leader buon giocatore di scacchi: metafora di un’abile iniziativa per uscire da una situazione critica. Contro-mossa che Kiev non poteva semplicemente respingere. Porrà eventualmente le sue condizioni. Ma stando attenta a non finire dalla parte del torto, con un ‘niet’ senza vie d’uscita.

Non c’era unicamente l’iniziativa degli europei ‘volonterosi’ – guidati dal francese Macron, dal britannico Starmer, e dal neo-cancelliere tedesco Friedrich Merz – per un immediato cessate il fuoco di un mese (altrimenti sarebbero scattate altre sanzioni): si sa quale peso Mosca attribuisce a un’Ue troppo debole per poter dettare condizioni. Più incisive possono essere state le raccomandazioni del presidente cinese Xi Jinping, sulla tribuna della Piazza Rossa per la sfilata degli 80 anni dalla vittoria sul nazifascismo, con un discorso di Putin più moderato del previsto: Pechino sta negoziando con Washington sui dazi, e l’alleato russo abbassa i toni.

Ma, soprattutto, è nel rapporto con gli Stati Uniti che va inquadrata la svolta putiniana. Da idilliaco, assolutamente vantaggioso e promettente, il dialogo con Trump è scivolato finendo in una sorta di pantano. Ne ha approfittato Zelensky, accontentando il tycoon-commerciante con la firma dell’accordo sullo sfruttamento in comune delle terre rare (materie prime ‘strategiche’) che teoricamente porteranno 130 miliardi di dollari nelle casse statunitensi e offrono un senso di sicurezza militare a Kiev. Del resto Putin deve anche pensare al dopoguerra. Senza un’intesa con la superpotenza americana (e con Trump che fino a qualche settimana fa dava ragione a tutte le richieste del capo del Cremlino), il presidente russo comprometterebbe la speranza di negoziare con la Casa Bianca accordi di stabilizzazione regionale, la cosiddetta ‘Yalta 2’. Che rimane il più ambito obiettivo strategico di Vladimir Vladimirovic.

Traguardo essenziale per Putin. Ottenere il riconoscimento dell’acquisizione definitiva di Donbass e Crimea potrebbe essere insufficiente per poter sbandierare una vittoria sul piano interno: le due regioni erano già state annesse o controllate di fatto dal 2014, la loro ‘riconquista’ formale è costata centinaia di migliaia di morti, soldati provenienti soprattutto dalle regioni asiatiche più povere e con grandi comunità musulmane, spesso tentate da movimenti autonomisti, e comunque meno avvantaggiate dai risultati dell’economia di guerra. E che in futuro potrebbero presentare il conto al neo-zar.

La ‘vittoria’ russa nel conflitto ucraino ha dunque i suoi limiti. Non bastano le conquiste territoriali e del resto la controffensiva dell’Armata è finora riuscita ad aumentare di meno del 10% il controllo territoriale russo del Donbass, che sul piano politico-diplomatico finora non è ufficialmente riconosciuto nemmeno dalla Cina. Mentre la cosiddetta soluzione coreana (congelamento del conflitto sulle linee attuali, lasciando aperte possibilità di negoziati anche per decenni) non sarebbe certo un dignitoso compromesso per una Russia che pensava di fare dell’Ucraina un facile boccone. Da conquistare in una sola settimana di invasione.