laR+ IL COMMENTO

Claudio Zali, un ‘cadavere’ politico in attesa di sepoltura

L’impressione è quella di assistere al triste epilogo della (piuttosto deludente) carriera del ministro leghista nell’Esecutivo

In sintesi:
  • Rimbombano ancora, tra le mura della Pretura penale di Bellinzona, le parole del pg Andrea Pagani
  • La sentenza di Elettra Orsetta Bernasconi Matti ha pure un altro importante significato
  • Zali sembra ostinato a fare pagare il conto del suo declino a Piero Marchesi e ai suoi
(Ti-Press)
30 maggio 2025
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Rimbombano ancora, tra le mura della Pretura penale di Bellinzona, le parole proferite dal procuratore generale Andrea Pagani durante il dibattimento che ha visto comparire davanti alla sbarra una donna 40enne accusata – e in seguito condannata – di tentata estorsione, tentata e consumata coazione, diffamazione e ingiuria; tutti reati commessi ai danni del consigliere di Stato Claudio Zali e dell’allora sua compagna, la granconsigliera Plr Simona Genini: “Si è cercato di limitare l’agire non di due privati cittadini, ma di politici. Con tutto quello che ne consegue – ha avvertito il pg –. Se tutto questo non costituisce un’estorsione, credo che di estorsioni ai danni di politici in Ticino non ne vedremo più”. Una tesi accusatoria, quella di Pagani, integralmente accolta dalla presidente della Pretura penale, la quale ha condannato la 40enne a tre mesi di detenzione sospesi con la condizionale, per consentire alla donna la continuazione del trattamento psichiatrico.

Contemporaneamente, però, la sentenza di Elettra Orsetta Bernasconi Matti acquisisce un altro importante significato: facendo propri gli argomenti del pg, la giudice ha di fatto sconfessato le pretestuose motivazioni con cui, mesi fa, il pretore di prima istanza Marco Ambrosini – con imbarazzante celerità – aveva deciso di accogliere la misura cautelare presentata da Zali contro laRegione, tesa a impedire alla nostra testata di riportare quanto contenuto nel decreto di accusa di Pagani, nonché nell’allegato della petizione ordinaria con cui il consigliere di Stato pretendeva di evitare che questo giornale potesse riferire del processo celebrato lo scorso 13 maggio. Vittoria di Pirro, l’avevamo definita allora. E lo ribadiamo, anche in prospettiva: qualsiasi futuro “gesto” che i tribunali ticinesi siano disposti a concedere al ministro (ed ex collega), rischierebbe di mettere ancora in evidenza – come se non avessimo avuto sufficienti prove negli ultimi tempi – il pessimo stato di salute in cui versa l’intero sistema istituzionale ticinese.

Chiuso il capitolo giudiziario (uno; ce n’è un altro che andrà in Appello), si apre quello delle valutazioni politiche. La domanda chiave in merito a queste vicende di palese interesse pubblico l’ha posta l’Mps in una recente interpellanza: “Il Consiglio di Stato non ritiene che le sfortunate frequentazioni private del ministro Claudio Zali rischino di intaccare la credibilità del governo, nonché di privare il direttore del Dipartimento del territorio della serenità e della lucidità necessarie per svolgere la sua funzione governativa?”. Si attendono le risposte del governo. Ma anche quella del parlamento e della società civile.

Rimane comunque l’impressione di assistere al triste epilogo della – piuttosto deludente – carriera di Claudio Zali nell’Esecutivo. Rifiutato dai soci elettorali (l’Udc) che gli hanno consentito di salvare il suo seggio nel 2023, l’uomo sembra ostinato a far pagare il conto del suo declino a Piero Marchesi e ai suoi, trascinando pure la Lega nel baratro: sia ricandidandosi e inducendo i democentristi a correre da soli (e addio al secondo seggio leghista); sia nel posticipare a oltranza una sua rinuncia per pura vendetta, riuscendo comunque a compromettere i rapporti con gli alleati. Zali, insomma, assomiglia sempre più a un “cadavere” politico in attesa del funerale: resta soltanto da capire quando ciò avverrà e a chi spetterà l’onere della sepoltura. Nel frattempo, però, gli inequivocabili segnali del progressivo deperimento – nonostante gli sforzi profusi per dissimularli – hanno già travalicato i confini delle varie stanze del potere.