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Divorzio all’americana

L’America Party di Musk non nasce certo per spirito civico, ma per motivi economici e per risentimento nei confronti di Trump. Basterà per funzionare?

In sintesi:
  • L’obiettivo dichiarato è togliere abbastanza senatori e deputati ai repubblicani da indirizzare l’agenda politica
  • Questa rissa in stile reality show interna alla destra potrebbe marginalizzare ancora di più i Dem dal dibattito pubblico
Coppia scoppiata
(Keystone)
8 luglio 2025
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Dopo un doloroso divorzio, certi uomini di mezza età si regalano l’auto o la moto nuova. Elon Musk – che non solo produce auto, ma perfino razzi per volare nello spazio – avrà pensato che un mezzo di locomozione non sarebbe bastato per colmare il vuoto, così, dopo la rottura con Donald Trump, ha pensato bene di regalarsi un partito e sfidare l’ex amico per due dei motivi meno nobili che si possano immaginare: i soldi e il rancore, tra i motori che – piaccia o no – muovono il mondo.

A Musk già non era andato giù l’allontanamento dalla Casa Bianca, che lo ha costretto a un ruolo da comprimario dopo mesi passati al centro della scena, a gongolare al Doge (un paraministero modellato a sua immagine e somiglianza) e nello Studio Ovale con il sorriso ebete del bambino lasciato a scorrazzare dentro un negozio di caramelle. Poi è arrivato il via libera del Congresso alla “Big Beautiful Bill”, la legge di bilancio con dentro un sacco di promesse elettorali di solito dimenticate da chi poi si trova a governare davvero, nel bene o nel male. Invece le sparate elettorali di Trump sono diventate realtà, irrompendo nei conti di un’America già boccheggiante. Aumenterà il debito pubblico e saranno tagliati gli incentivi per le energie rinnovabili, il che ha fatto imbestialire Musk. Diminuiranno anche i soldi – che già erano pochi – per gli interventi sociali, ma questo a lui interesserà meno. Se non niente.


Keystone
Ai tempi del Doge

E quindi, da un sondaggio su X – come fosse un concorso tra pizze preferite – è nato l’America Party, uno strumento per fare i propri interessi facendoli passare per quelli di tutti e per mettere il bastone tra le ruote a Trump. L’obiettivo è dichiarato: soffiare abbastanza deputati alla maggioranza repubblicana da costringere il presidente a negoziare con Musk ogni futura mossa politico-economica. Per far saltare il banco, l’America Party dovrebbe conquistare una dozzina di seggi (due-tre al Senato, otto-dieci alla Camera) nelle prossime elezioni di Midterm, tra poco più di un anno. Ma non è escluso che qualcuno possa essere convinto (da interessi comuni, dal denaro o da entrambi) a cambiare casacca già prima. Se lo faceva Berlusconi, ispiratore di tutta questa Trumpeide in corso, perché non Musk?

Resta da capire, come ha detto Trump, tra l’irridente e il minaccioso (che, a pensarci, è la sua cifra stilistica, di qualsiasi cosa parli) quanto questa volta un terzo partito possa fare breccia in un Paese dove non ha mai davvero attecchito. A tal punto che lo stesso Musk ha parlato di tentativo di rottura dell’“uniparty” per definire un bipartitismo talmente monolitico da rendere repubblicani e democratici indispensabili l’uno all’esistenza dell’altro, come accade per gli animali simbiotici. Musk vuole diventare per Trump quel che nel 1992 il ricchissimo e indipendente Ross Perot fu per George H. Bush (e anche lì era una questione di deficit e affari personali), poi sconfitto da Bill Clinton.


X
Su X le prime foto elaborate dall’AI sull’America Party

Che poi l’America Party funzioni alle urne o anche solo come deterrente per mosse troppo anti-Musk lo sapremo presto. Per ora c’è uno slogan che ha tutta l’aria di funzionare in questi tempi di politica liquida, di sinistra smarrita e di destra andata troppo a destra: “We’re not right, we’re not left. We are forward”. “Non siamo di destra, non siamo di sinistra. Siamo avanti”.

Con un ulteriore dubbio; che la resa dei conti tra conservatori, perfetta per la rissa da pub in versione reality show che è ormai la politica attuale, possa nuocere più ai Dem – quasi spariti dal dibattito pubblico – che a Trump, uno che nella lotta nel fango a favore di telecamera ci sguazza.