L’emblema del capitalismo mondiale cambia le regole a suo piacimento. Cosa ne pensano i liberal-liberisti di casa nostra?
“Svizzera sotto shock”, riporta il Financial Times, la bibbia dell’Europa finanziaria, mentre il franco elvetico, moneta rifugio per eccellenza, registra immediatamente uno dei rari scivoloni della sua storia. Grazie, Mr President. Se Donald Trump voleva stupirci, e colpirci, non c’è dubbio che vi sia perfettamente riuscito.
Certo, si sapeva che la Confederazione era nel mirino del capo della Casa Bianca; nel “giorno della liberazione”, in aprile, di fronte alla grande e ‘fantasiosa lavagna’ delle nazioni che avrebbero dovuto pagar dazio c’era già una Svizzera pericolosamente situata nelle prime posizioni, con un vistoso +31% sulle merci rossocrociate vendute negli Stati Uniti; ma fra precipitosi negoziati, e impegni di corposi investimenti delle nostre imprese oltre Atlantico, si sperava di ottenere almeno un generoso sconto.
Invece, ieri 1° agosto, guarda caso Festa nazionale, l’annuncio della super-stangata: le merci svizzere esportate in America dovranno versare all’erario americano un sovrapprezzo del 39 per cento per compensare il netto vantaggio svizzero nell’interscambio commerciale fra i due Paesi. Sbalorditivo, o “amarezza”, nella diplomatica reazione ufficiale di Berna. Ma ecco che subito si passa dall’indignazione allo sbigottimento. Sapete quale nazione sarà ancor più penalizzata della Confederazione? La Siria! Sì, la Siria, il Paese dilaniato e impoverito da una lunga guerra civile (+41%). Verrebbe da ridere se la faccenda non fosse terribilmente seria. E se, ancora una volta, la matematica economica della Casa Bianca non fosse un groviglio in cui c’è di tutto: ritorsioni economiche, vendette politiche, calcoli fantasiosi.
È l’America trumpiana, l’America che “governa” il mondo, più caos che coerenza. Ma qualche considerazione un po’ più seria merita questo ennesimo capitolo, probabilmente (o si spera) provvisorio, di un caotico bullismo planetario. Certo, il dente avvelenato (d’invidia) nei confronti della Svizzera gli Stati Uniti possono averlo. L’ultima statistica, del 2023, ricorda che la Confederazione ha importato prodotti statunitensi per 30 miliardi di franchi ed esportato per 96 miliardi facendo degli Stati Uniti il principale Paese per destinazione di merci elvetiche all’estero. C’è poi la questione monetaria: con Washington che ha regolarmente rimproverato Berna di manovrare slealmente col franco svizzero per contrastare e diminuire il valore del dollaro.
Ma cosa ci dicono queste cifre? Sostanzialmente che l’economia svizzera (come del resto quella europea) lavora e produce e vende meglio rispetto a quella statunitense. E che, in merito alla gara franco-dollaro, gli investitori più avveduti sanno che dietro la moneta americana vi è una nazione iper-indebitata, tanto da rappresentare un problema mondiale.
Ma di fronte a queste due realtà, ecco che l’emblema del capitalismo mondiale cambia le regole a suo piacimento: non è più la mitica e bugiarda “libera mano del mercato” a regolare l’economia, ma solo e ancora la forza bruta del suo principale Paese. A questo punto, che ne pensano i “trumpiani” liberal-liberisti di casa nostra? Capaci solo di ripetere, persino in un’occasione come questa, che bisogna sburocratizzare e affidarsi alla defiscalizzazione che impoverisce le casse dello Stato assistenziale?