La narrativa, costruita sul parallelismo con l’epoca sovietica, è la base del successo della macchina propagandistica del Cremlino
Nulla di nuovo dal fronte orientale. “Noi non c’entriamo niente; sono solo vostre fantasie”, ribattono dal Cremlino dopo che decine di droni misteriosi sono entrati nello spazio aereo della Polonia. Ennesimo atto di “guerra ibrida” di Mosca è la catalogazione dell’incidente fatta dagli occidentali. Esattamente come avvenuto in passato in Crimea e nel Donbass. Fatto sta che dinamiche ed eventi permangono gli stessi a Est, mentre l’Europa rischia di scivolare “nell’abisso”, come alcuni leader hanno rilevato con preoccupazione. Nessuna vera novità. La Russia, le cui forze armate sono le seconde più potenti al mondo, da oltre tre anni e mezzo continua a non riuscire a piegare la resistenza di un esercito di popolo, mal equipaggiato fino a poco tempo fa. L’esercito russo è riuscito a “liberare” in un tale lasso di tempo manco il 20% dell’Ucraina. Solo la spaventosa scia di sangue si allunga ogni giorno, favorendo l’indignazione dell’opinione pubblica internazionale, stufa di ascoltare diplomatici che ripetono – senza manco arrossire – di certe condizioni “capestro” per risolvere la disputa, inaccettabili anche da chi starebbe per affogare.
Così, mentre i media occidentali rilanciano come notizia nuova di zecca dei “700mila russi combattenti in Ucraina”, – in realtà è cosa vecchia di almeno due anni – quelli dipendenti dal Cremlino bombardano gli utenti, raccontando la “gloriosa” avanzata verso ovest. A dare credito a questi canali tivù, le truppe di Mosca dovrebbero essere ormai (dopo tre anni e mezzo di ostilità) in vista di Berlino. E invece nemmeno il Donbass è stato “denazificato” completamente. La narrativa, costruita sul parallelismo con l’epoca sovietica, è la base del successo della macchina propagandistica, legata a filo doppio alla “censura di guerra” (definizione del Cremlino). Le generazioni più anziane, ancora nostalgiche della superpotenza scomparsa, sognano infatti la resurrezione dell’Urss.
Ma le cose stanno cambiando, perché gli under 40 hanno spento i mass media. Così vedono meglio la realtà, fatta di inflazione elevata, di prezzo della benzina fuori controllo per i bombardamenti delle raffinerie, del traffico aereo e ferroviario spesso paralizzato e dell’internet sui cellulari eternamente bloccato “per sicurezza”. Ecco spiegato perché, secondo l’ultimo sondaggio attendibile, solo il 27% della popolazione insiste per continuare l’Operazione speciale; mentre il 67% è per un negoziato, anche se le illusioni per la mediazione di Trump sono scemate. Allo stesso tempo – stando ad altre rilevazioni più “ufficiali” –, il capo del Cremlino godrebbe di alta popolarità. Non c’è, però, da sorprendersi. Fin dal suo insediamento, a inizio secolo, il potere di Putin è stato mediatico. Far credere ciò che conviene – e non informare, come si suol fare in Occidente – è la linea guida. Che alla fin fine è solo un aspetto tipico della guerra ibrida.
Ci si pone una domanda: come è possibile che, al tempo della rivolta della Wagner nel giugno 2023, non si sono visti russi scendere per le strade a difendere un presidente che in teoria vanta più dell’80% dei consensi? Cosa che invece accadde per Boris Eltsin, protetto da milioni di cittadini durante il golpe del 1991. Occhio: spesso la realtà è più complessa di qualsiasi fantasia.