laR+ IL COMMENTO

La salute prima di tutto (di ogni cittadino, non solo di alcuni)

Stangata premi: ora il Ticino ha la possibilità storica di introdurre un meccanismo di giustizia sociale in grado di ripristinare l’ordine costituzionale

In sintesi:
  • Alla realizzazione del bene primario i cittadini contribuiscono soltanto parzialmente in rapporto alle proprie forze
  • A poco vale la scontata indignazione del direttore del Dss Raffaele De Rosa
Insostenibile risulta l’impossibilità di accedere alle cure di sempre più persone per motivi economici
(Ti-Press)
24 settembre 2025
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Quali sono i pilastri che sorreggono una comunità? A voler procedere con un certo rigore metodologico, diremmo che il primo riguarda un adeguato stato di salute, tanto individuale quanto collettivo. Soltanto dal momento in cui viene raggiunto questo prerequisito, è possibile aggiungere altri mattoni: educazione, sicurezza, infrastrutture, lavoro, cultura, sviluppo. Il periodo pandemico può fungere da “controprova”: laddove la salute dei singoli, dunque della collettività, è stata percepita a rischio, le attività educative, economiche e aggregative si sono viste paralizzate. Ergo, la salute può essere considerata senza alcun dubbio il bene pubblico più pregiato.

Data la premessa, ecco il paradosso: in Svizzera, nonostante quanto previsto dall’articolo 6 della Costituzione federale (“Ognuno assume le proprie responsabilità e contribuisce secondo le proprie forze alla realizzazione dei compiti dello Stato e della Società”), alla realizzazione del bene primario i cittadini contribuiscono soltanto parzialmente in rapporto alle proprie forze: i costi della sanità vengono finanziati solo in parte tramite le imposte, cioè in maniera progressiva ed equa rispetto alla capacità contributiva dei singoli. Le successive condizioni di base (educazione, sicurezza, infrastrutture ecc.) vengono invece totalmente garantite tramite le risorse fiscali.

Oggi, alla luce dell’ennesima stangata dei premi di cassa malati (aumento medio del 4,4% a livello federale, 7,1% in Ticino – il più alto in assoluto – e un aberrante +37% negli ultimi quattro anni dalle nostre parti), la discussione che porti a una riforma radicale del sistema non può più essere rimandata e deve, immediatamente, iniziare da qualche parte: domenica 28 settembre questo cantone ha la possibilità storica di introdurre un meccanismo di giustizia sociale (per cui nessuno dovrà destinare al pagamento dei premi più del 10% del proprio reddito disponibile), in grado di avvicinarci al ripristino dell’ordine costituzionale superiore. Ed è soltanto così che potrà avvenire: dal basso verso l’alto, dai Cantoni fino alla Confederazione. Man mano che più regioni seguiranno l’esempio di Vaud e Grigioni, più intensa diventerà la pressione sulla politica federale. Una pressione che, a un certo punto, potrebbe essere incentivata a esercitare pure la classe sociale più agiata che oggi trae enormi vantaggi dall’osceno modello dei premi Lamal ma che, chiamata a contribuire al finanziamento del tetto del 10%, rischierebbe di vedere scomparire (o meglio, diminuire) questo suo privilegio.

A poco vale la scontata indignazione del direttore del Dss Raffaele De Rosa, lo stesso consigliere di Stato che un anno fa sosteneva con fervore l’iniziativa federale ‘Per premi meno onerosi’ e che ora, invece, si unisce senza pudore al coro ricattatorio di governo, Comuni, mondo economico e politico di (centro)destra: “Il tetto del 10% a livello cantonale è insostenibile”, dicono. Insostenibile a tutti i livelli appare invece l’erosione colossale del potere d’acquisto dei cittadini ticinesi, il cantone dei premi più alti e i salari più bassi di tutta la Svizzera; insostenibile e inaccettabile risulta l’impossibilità di accedere alle cure di sempre più persone per motivi economici.

Esageriamo: mettiamo che l’eventuale riuscita dell’iniziativa del 10% dovesse portare a una completa paralisi politica in Ticino, per via dei vari veti incrociati. Sarebbe comunque un segnale potentissimo per Berna e ne varrebbe perfino la pena. Perché così non si può più andare avanti: la salute (di ogni cittadino, non solo di alcuni) viene prima di tutto.