Partito dalla pole position, l'olandese non lascia scampo ai rivali e trionfa in Giappone per la quarta volta di fila
Il Giappone è la patria dei manga, e quello che è andato in scena a Suzuka potrebbe essere una storia a fumetti, oppure un anime, sullo scontro tra uomini e macchine. Anzi, tra l’Uomo, al secolo Max Verstappen, e le Macchine, ovvero le McLaren, nette favorite per la doppietta a inizio weekend e invece piegate al traguardo, sia in qualifica che in gara, dallo straordinario pilota olandese, capace di aggiungere un altro gioiello a una corona già ricchissima e di tornare sul gradino più alto del podio dopo Qatar 2024, centrando il suo quarto successo consecutivo in Giappone.
Dopo le libere dominate dalle McLaren, al sabato era già arrivata la prima sorpresa, con la pole conquistata da Verstappen al termine di un giro perfetto, ottenuto senza far rilevare il miglior tempo in nessuno dei tre settori del tracciato – appannaggio delle due orange papaya –, ma incredibilmente abile nel rosicchiare e limare centesimi in ciascuno dei tre avversari, fino a ottenere un +0,012 su Lando Norris un +0,044 su Oscar Piastri. Una magia che ha battuto anche il simulatore, sempre in tema di superiorità dell’uomo sulla macchina. Una magia ripetuta il giorno dopo anche nella gara, basti pensare che l’unico momento di lotta contro Norris è arrivato al giro 22 all’uscita dalla corsia box, quando il pilota inglese, forte di un pit stop di 1 secondo più veloce di quello della Red Bull, si è quasi affiancato all’olandese nei pressi della linea dove viene tolto il limitatore di velocità finendo sull’erba per tentare l’approccio all’interno. Tra i due non c’è stato alcun contatto, ma la manovra è costata tempo prezioso a Norris, che si è ritrovato in pista con un distacco di 2 secondi da Verstappen, senza mai riuscire, nei 30 giri successivi, a portarsi in zona Drs per tentare l’attacco all’olandese.
In una pista molto tecnica che premia la track position, Verstappen è stato sontuoso nello sfruttare il vantaggio iniziale e nel tenere costantemente a bada le due McLaren. Il tutto con una Rb21 che, a detta non solo dello stesso Max, nonostante rappresenti un’evoluzione ragionata della Rb20, non ha nei fatti corretto tutte le prerogative estreme derivanti dalla vettura precedente, soprattutto per quanto riguarda la sua carenza di bilanciamento e la sua scorbuticità.
Se ne è reso conto Yuki Tsunoda, protagonista del discusso avvicendamento in casa Red Bull che ha tenuto banco la scorsa settimana. Il giapponese, dodicesimo, non è riuscito a ottenere quei punti di cui la Red Bull, per bocca di Chris Horner, ha “disperatamente bisogno”, pur mostrando segni di miglioramento nella conduzione della monoposto rispetto a quella di Lawson. Da notare che però l’ex compagno Isack Hadjar, su VCARB, gli è finito davanti e ha conquistato i primi punti stagionali per il team satellite della Red Bull.
Sulla McLaren continua a gravare una sensazione di bella ma incompiuta, soprattutto per via dei piloti. Nel suo caso, il discorso sugli uomini e sulle macchine appare capovolto, con Norris e Piastri che sembrano non riuscire sempre a estrarre il massimo potenziale da una vettura che rimane una spanna sopra a tutta la concorrenza. La gara dei due è stata priva di sbavature, eppure le difficoltà di Norris nell’impensierire Verstappen sono risultate palesi, anche rispetto a Piastri, che dopo metà corsa ha alzato il ritmo portandosi anche a 4 decimi dal compagno, quasi a volerlo spingere in una rimonta sempre rimasta solo nelle intenzioni. L’australiano sembrava possedere un passo migliore, ma non tale da convincere il team a un cambio di posizioni (ai danni oltretutto del leader del Mondiale) per cercare di andare a prendere Max. Alla fine quindi niente arrivo in volata, con la McLaren che ha abbandonato ogni velleità di vittoria di tappa per una più concreta, e priva di rischi, doppietta sul podio. Ma il gusto amaro lasciato da Suzuka, dove è sfumata una vittoria che manca dal 2011 (vinse Jenson Button), non si può negare.
La seconda copertina del Gran Premio va ad Andrea Kimi Antonelli, che nel tourbillon dei pit stop si è ritrovato al comando della gara per dieci giri, diventando il più giovane pilota della storia (18 anni e 7 mesi) a trovarsi in testa a un GP, battendo per tre giorni il primato stabilito da Verstappen nel 2016 in Spagna. Per il pilota italiano è arrivata anche la soddisfazione di aver stabilito il giro più veloce e di aver annullato, grazie a un notevole secondo stint, la strategia di Lewis Hamilton, unico del gruppo di testa a essere partito con gomme hard per poi scatenarsi nel finale con pneumatici medium più performanti. Il risultato è però stato solo un settimo posto, con appena una posizione recuperata – oltretutto alla partenza – su Hadjar. Meglio il suo compagno Charles Leclerc, per la prima volta in stagione davanti alla Mercedes di George Russell, per ora il vero punto di riferimento per la scuderia del Cavallino che, a detta di Fred Vasseur, si trova ancora a 2-3 decimi di distanza dalla McLaren sul giro secco. Il monegasco ha fatto una gara soprattutto conservativa, riuscendo a difendersi da Russell nel primo stint, per poi correre in solitaria e portare a casa una medaglia di legno che rappresenta il miglior risultato ottenuto finora dalla Ferrari nelle prime tre gare del Mondiale.
Un piccolo sorriso per la Rossa in un weekend iniziato malissimo, con la gaffe commessa dal reparto comunicazione che, nel poster di presentazione della gara, aveva parlato di primo Gran Premio di Suzuka corso nel 1976, quando in quell’anno in Giappone la gara si corse al Fuji e non fu una qualsiasi, come raccontata dal film Rush e da numerosi libri usciti sulla sfida Niki Lauda-James Hunt. La citata bella prestazione di Hadjar ha consentito alla Racing Bulls di scavalcare all’ottavo posto nei costruttori la Sauber, nuovamente deludente dopo la poco felice esperienza in Cina, con Gabriel Bortoleto arrivato penultimo davanti al solo, disastroso Lance Stroll, e Nico Hulkenberg sedicesimo, leggermente più vivo del compagno ma zavorrato da una monoposto poco performante.