Dopo le prime sei gare stagionali, l’annata 2025 della scuderia italiana – malgrado l’ingaggio di Lewis Hamilton – pare già l’ennesimo fallimento
Chi ha vinto quattro delle prime sei gare del Mondiale si è poi sempre laureato campione del mondo. Questa è la statistica che candida definitivamente Oscar Piastri quale favorito numero uno per il titolo, dopo che a Miami è arrivato il suo terzo successo consecutivo.
Oltre alle curiosità, però, c’è anche la sostanza, che racconta di una McLaren imprendibile sul circuito della Florida, proprio quello da cui lo scorso anno, con la prima vittoria in carriera di Lando Norris, era partita la rinascita tecnica del team di Woking, che in pochi mesi aveva ridotto e azzerato il gap con la Red Bull per poi andare a vincere il campionato costruttori.
Una McLaren imperiosa a Miami, capace di impiegare solo 17 giri per portare i suoi due piloti al primo e secondo posto, nonostante la partenza di Piastri dalla quarta piazzola in griglia e il corpo a corpo tra Norris e Max Verstappen in curva 2 al primo giro che aveva visto l’inglese uscire di pista e scalare in sesta posizione. Entrambi però si sono mangiati in un boccone prima le Mercedes e poi la Red Bull, nonostante la difesa di Verstappen, arcigna ma mai oltre i limiti. L’olandese ha dovuto lasciare il podio a George Russell, favorito dalla migliore strategia gomme Mercedes (partita con le hard) e dalla virtual safety car uscita per il motore in fumo della Haas di Oliver Bearman quando buona parte dei piloti aveva già effettuato la sosta.
Dopo la tempesta durante la Sprint Race, la pioggia si è affacciata potente la domenica solo per la gara 2 della F1 Academy, causandone l’annullamento, ma ha lasciato in pace la categoria regina. Il diluvio c’è stato comunque, ma tutto interno alla scuderia Ferrari, uscita tecnicamente a pezzi dal primo weekend americano della stagione, e nella quale si sono manifestate anche pericolose crepe a livello relazionale, specialmente tra Lewis Hamilton e il muretto. Nonostante problemi strutturali e tecnici evidenti sin dalle qualifiche shoot out, il britannico era riuscito ad agguantare il podio nella Sprint grazie a una buona strategia, con il rientro anticipato quando la pista si stava asciugando, poi premiato da una safety car che ha congelato le posizioni. Poche ore dopo però Hamilton usciva in Q2, non andando oltre il dodicesimo tempo, e non molto meglio faceva Charles Leclerc, che dopo il botto sotto l’acqua nel giro di ricognizione che lo aveva costretto a saltare la Sprint, si piazzava ottavo nonostante ritenesse di avere fatto ‘il giro perfetto’. Il che la diceva lunga sull’effettivo potenziale della monoposto, relegata a quinta forza del Circus dietro a McLaren, Mercedes, Red Bull e Williams. La gara ha confermato le brutte sensazioni e, dopo una prima parte anonima nella quale Hamilton sudava sette camicie anche solo per passare la Haas di Esteban Ocon, la tensione latente è esplosa.
‘Questo non è un buon lavoro di squadra’, è stato il primo sasso scagliato da Hamilton al suo ingegnere di pista Riccardo Adami. Dopo il cambio gomme, entrambe le Rosse erano riuscite a sopravanzare Carlos Sainz, ma Hamilton disponeva di un netto vantaggio di mescola rispetto a Leclerc (medie contro hard) e puntava a recuperare su Andrea Kimi Antonelli (sesta posizione), ma ha dovuto attendere diversi giri prima di ricevere il via libera per sopravanzare con un ordine di scuderia il monegasco, consumando i giri buoni della gomma. Proprio lui che in Cina aveva fatto passare senza battere ciglio il compagno. ‘Volete che rimanga seduto qui per tutta la gara?’, ha rincarato la dose. Ma dal box ha ricevuto solo l’ordine di mantenersi nel Drs di Leclerc, ribattendo con una frase liberamente traducibile come ‘ragazzi, siete incredibili’. Quando è arrivato il via libera per il cambio di posizione, il meglio degli pneumatici era già stato estratto, e infatti Hamilton non è più riuscito a scappare da Leclerc, che ha iniziato a lamentarsi del surriscaldamento delle sue gomme. Dopo qualche giro si è quindi proceduto a un nuovo scambio di posizioni, e da Hamilton, avvisato da Adami che Sainz si stava avvicinando, è partita una nuova bordata: ‘Vuoi che faccia passare anche lui?’
La pessima gestione dei piloti rappresenta il sigillo definitivo di una crisi che il terzo posto di Leclerc in Arabia Saudita sembrava avere timidamente allontanato, e che invece si è rivelato solo un’oasi nel deserto. La bagarre sopra descritta riguardava la settima e l’ottava posizione, ed è proprio qui, nelle retrovie della zona punti, che si colloca a livello prestazionale la Sf-25. È stato detto che il progetto della Sf-24 non aveva più ragione di essere continuato in quanto era stato spremuto ogni millesimo possibile da quella macchina, rendendo quindi necessaria una nuova partenza. Ne è però uscita una monoposto indecifrabile, che non genera carico in modo efficace, che non ha una piattaforma stabile e soffre il vento, le gomme e ogni minima variazione del grip. Una macchina fragile, che necessita di continui adattamenti, senza una direzione concettuale ben precisa, diventata debole proprio in quelli che erano i punti di forza del progetto precedente, come la trazione nelle curve lente che permetteva di avere tanto grip sull’asfalto e regalava competitività nei tratti guidati.
Il ‘dobbiamo capire’ pronunciato da Fred Vasseur dopo la modesta qualifica ha provocato lungo la schiena dei tifosi ferraristi brividi ben più intensi di quelli offerti dalla pessima livrea speciale presentata a Miami (talmente poco apprezzata che Ferrari ha dovuto chiudere i commenti sul proprio account ufficiale Instagram). Perché il ‘dobbiamo capire’ rimanda al tormentone dell’epoca di Mattia Binotto, un po’ colpevole e un po’ capro espiatorio di una Ferrari che nel 2022 aveva visto sciogliersi le concrete possibilità di vittoria Mondiale a causa di una serie di errori strategici e gestionali. Quanto meno, con Binotto la Ferrari aveva mostrato di avere le carte in regola per giocarsela al top, e che poi le abbia giocate male è un altro discorso. Vasseur sembrava avviato sulla buona strada nella passata stagione, soprattutto nel finale quando la Sf-24 era davvero di un’incollatura dietro alla McLaren. Invece è arrivato un netto passo indietro sotto il profilo della competitività.
‘Basta stronzate’, tuonò Vasseur nel 2023 contro i propri ingegneri, guadagnandosi stima e rispetto da parte del mondo ferrarista. Oggi quella frase può essere usata come boomerang contro lo stesso francese, con le sue analogie culinarie (‘gli ingredienti ci sono, ora dobbiamo cucinare’) e la sua strategia tesa alla minimizzazione dei problemi (‘il passo gara era lo stesso di Red Bull e Mercedes’, ha detto dopo Miami).
Il digiuno lungo 21 anni che passò tra il titolo di Jody Scheckter nel 1979 e quello di Michael Schumacher nel 2000 si sta facendo più vicino, stagione dopo stagione. Da tempo si parla di Gp spagnolo come deadline per la riscossa, vista l’entrata in vigore della direttiva TD018 che limiterà la flessibilità dell’ala anteriore e che dovrebbe, in teoria, diminuire il vantaggio della McLaren. Anche se l’ala mobile oramai la usano tutti.
Il problema in casa Ferrari è più profondo e rimanda al gruppo di comando, alle politiche e alle fazioni interne al team (si parla di gruppo francese non ben integrato con i due nuclei storici, quello italiano e quello inglese), a chi possiede carta bianca e si tiene fin troppo al riparo, a chi è responsabile di gestioni incredibilmente approssimative (‘Cos’è la modalità FW?’ chiese Hamilton via radio in Bahrain, e viene spontaneo domandarsi chi e come abbia fatto l’addestramento del nuovo pilota alla monoposto) e infine anche a una narrazione dei media italiani esageratamente compiacente e trionfalistica, salvo poi serrare le fila e fare fuoco sul capro espiatorio di turno: ieri Binotto, oggi Hamilton.
Perché è vero che l’inglese sta deludendo, offrendo un rendimento e un adattamento alla macchina al di sotto delle aspettative. Ma alla fine è la monoposto stessa a essere inferiore alle attese perché, quando ha potuto, Hamilton comunque il guizzo è riuscito a regalarlo, come nelle Sprint in Cina, ma anche in Arabia Saudita quando ha limitato per qualche giro, combattendo ed effettuando due controsorpassi, la rimonta Norris, poi finito dietro a Leclerc proprio a causa dei secondi persi contro Lewis.
‘La situazione è molto chiara: la macchina non è abbastanza veloce’. Non si sono messi d’accordo – Leclerc e Hamilton – ma questo è il concetto che hanno ripetuto all’unisono durante tutto il weekend di Miami. L’inglese ha aggiunto: ‘La finestra in cui può operare in modo competitivo è praticamente impossibile da prevedere e gestire. Ci sono continui cambiamenti da una sessione all’altra, oltre che evidenti problemi al bilanciamento’. Se l’inglese appare abbattuto, Leclerc è frustrato in quanto uomo Ferrari da ormai sette anni, che alla scuderia sta dando di tutto e di più, ma che dopo sei gare si trova già 78 punti sotto il leader Piastri, più vicino all’ottavo posto di Alexander Albon che al quarto di Russell.
Hamilton e Leclerc sono la coppia più pagata di tutto il Circus, i loro compensi sommati sfondano il tetto dei 100 milioni di euro l’anno, eppure in tutto questo stridere tra il contenitore (la festa precampionato di Milano al Castello Sforzesco sembrava la celebrazione di un Mondiale già vinto) e il contenuto appaiono i meno colpevoli di tutti. La Ferrari è prima nel Wec e ha una pilota in testa alla F1 Academy. Eccelle insomma in diversi ambiti del motorsport, tranne in quello più importante, dove il business, il marchio e il marketing sembrano essere più rilevanti della pista. Come ha scritto Alessandro Morini Gallarati, fondatore della rivista online motoristica Hammer Time: ‘Ferrari non è un brand da boutique, non è un contenitore lifestyle da rivendere a colpi di edizioni limitate. È – o perlomeno dovrebbe essere – una Squadra Corse’.