La domenica in Azerbaigian riporta in vetta il campione del mondo, in una gara che ricorda i tempi della dittatura in Formula 1 delle monoposto Red Bull
Ritorno al passato o al futuro? Il quesito proposto dal Gran Premio dell’Azerbaigian è intrigante e meno scontato di quanto appaia. Se due settimane fa a Monza il successo di Max Verstappen era ancora facilmente catalogabile nel reparto eccezioni alla regola di una stagione monocolore declinata in arancione, il bis a Baku riapre una porta sul passato ma pone anche seri quesiti sul prosieguo del campionato. Da un lato, il dominio dell’olandese ha rimandato ai tempi della dittatura Red Bull, quando l’olandese piazzava triplette pole position-giro veloce-gara senza soluzione continuità, aggredendo la corsa con una tale superiorità da risultare uno dei piloti meno inquadrati nel corso del Gran Premio, proprio a causa dell’inattaccabilità della sua posizione di vertice. Allo stesso tempo, però, la Rb-21 messa sull’asfalto dopo il periodo estivo funziona così bene da gettare un’ombra, in ottica titolo piloti, su una McLaren alle prese con il perdurare di piccole ma significative crepe nella propria corazza, sia a livello prestazionale (il weekend di Baku è stato nettamente il peggiore del 2025) che di piloti. Questa volta a cadere non è stato Lando Norris, comunque anonimo per tutta la gara, ma Oscar Piastri, finito a muro due volte tra sabato e domenica. Nel primo caso il botto gli era costato una partenza in posizione arretrata in griglia, al nono posto, mentre nel secondo ha sancito l’addio anticipato alla gara, già al primo giro. L’australiano era andato in cortocircuito al semaforo verde a causa di una netta partenza anticipata, seguita da una brusca frenata e dal conseguente ingresso del dispositivo antistallo che lo aveva relegato in fondo al gruppo. Per un pilota spesso definito come glaciale e robotico si è trattata di una concentrazione di errori, avvenuta nell’arco di quarantotto ore, sorprendente. Adesso sono 25 i punti di distacco di Norris, che non ha approfittato della prematura uscita del compagno, finendo settimo, e 69 quelli su Verstappen. Non pochi, a sette gare dalla fine, ma comunque non sufficienti per dormire sonni tranquilli all’ombra di un Verstappen tornato a prendersi in maniera così prepotente il centro della scena. Senza dimenticare Yuki Tsunoda, che ha disputato la sua miglior gara in Red Bull arrivando sesto, offrendo una dimostrazione di come gli aggiornamenti presentati sulla macchina dopo la pausa estiva (su tutti, il nuovo fondo) stiano funzionando. Non più quindi un solo uomo al comando, ma una scuderia tornata a essere una squadra. Va detto che Baku è una pista velocissima con curve a novanta gradi che hanno reso meno letale la superiorità tecnica della McLaren, ulteriormente zavorrata da basse temperature nelle quali il team di Woking non ha potuto eccellere nella gestione del degrado delle gomme, cedendo il passo sia a monoposto (Mercedes, Williams) capaci di ottenere il meglio quando non fa caldo, sia a quelle (Red Bull, Racing Bulls) capaci di offrire il loro massimo su circuiti a basso carico aerodinamico. Però unendo tutti i puntini, tra il blackout di Piastri (che ha posto fine a una serie di 34 gare consecutive a punti e 48 sempre al traguardo), l’anonimato di Norris, i pit stop nuovamente lenti e il motore andato in fumo in Olanda, i motivi di inquietudine non mancano.
Se esistesse un campionato di F1 invernale, la Mercedes entrerebbe di diritto tra le pretendenti alla vittoria finale. Le monoposto di Toto Wolff sono tra le più meteoropatiche del Circus, ed è sufficiente che le temperature in pista si abbassino di una decina di gradi per vedere crescere la propria curva prestazionale. In Azerbaigian sono arrivati un ottimo secondo posto per George Russell, che ha sfruttato al meglio una strategia di gomme perfetta (overcut su Carlos Sainz, Liam Lawson e Andrea Kimi Antonelli, tutti partiti davanti all’inglese), e un quarto posto con Antonelli, per un pieno di punti che ha permesso alla scuderia di Brackley di sopravanzare la Ferrari nella classifica costruttori. Una Ferrari al solito pimpante nelle libere del venerdì, prima di sprofondare nella mediocrità di una Sf-25 da terra di nessuno, poco performante per avere ambizioni di vertice, ma superiore alla classe media a livello globale. Per una volta, meglio Lewis Hamilton di Charles Leclerc, con il monegasco che dopo cinque pole consecutive (sprint race inclusa) in quattro anni a Baku è andato a sbattere contro il muro nelle qualifiche, le più imprevedibili viste quest’anno, viste le sei bandiere rosse sventolate nel corso delle varie sessioni. La gara di Leclerc è quindi stata all’insegna del vorrei ma non posso, oramai una costante.
L’altra copertina del Gp spetta a Carlos Sainz, che dopo una qualifica da sogno (secondo posto) ha concluso terzo, regalando alla Williams un podio che mancava dal 2021, dalla famigerata gara di Spa sospesa per pioggia dopo soli due giri. Quindi, parlando di corse vere e complete, bisogna risalire fino a Baku 2017 per trovare l’ultimo exploit di un pilota Williams, quando Lance Stroll divenne il secondo più giovane di sempre a salire sul podio all’età di 18 anni e 239 giorni, solo 11 in più del recordman Verstappen. Per la Williams vale lo stesso discorso della Mercedes: le basse temperature hanno elevato il potenziale della macchina, mentre al resto ci ha pensato un manico di grande qualità come lo spagnolo, perfetto sotto ogni profilo. Ottimo anche il bottino della Racing Bulls, a punti sia con Lawson, quinto, che con Isack Hadjar, decimo. Per il neozelandese si è trattato del miglior piazzamento in carriera, impreziosito dal sorpasso rifilato a Tsunoda in un incrocio potenzialmente esplosivo tra presente e passato prossimo della Red Bull (Lawson ha guidato la Rb-21 nei primi due Gp del 2025, per poi essere sostituito dal giapponese e retrocesso nel secondo team dell’energy drink). Solida ma non sufficiente per finire a punti la gara di Gabriel Bortoleto sulla Sauber. Le monoposto del team di Hinwil hanno pagato una qualifica non brillante, e questo ha fatto la differenza in un circuito dove la track position ha mostrato di rivestire una certa importanza.