Luc Tardif, il presidente francese dell'Iihf, parla dei rapporti con la Nhl e dell'hockey ai Giochi. ‘Facciamo pedagogia, ma non capiscono’
Quand’era entrato in carica nel 2021, al posto del friborghese René Fasel, lo storico presidente dell’IIhf poi caduto in disgrazia per quell’abbraccio in pubblico al dittatore bielorusso Alexander Lukashenko, Luc Tardif sapeva bene quanto fossero impegnativi i dossier che l’attendevano sulla scrivania della Federhockey internazionale, tra cui spiccavano soprattutto il bando internazionale di Russia e Bielorussia e la questione della partecipazione delle star della Nhl ai Giochi olimpici.Tuttavia, i rapporti con la National Hockey League non sono dei più semplici, ed è risaputo che, dopo aver organizzato a febbraio il cosiddetto ‘4 Nations faceoff’, la sua intenzione sarebbe quella di rilanciare in futuro la Coppa del mondo. «Abbiamo la sensazione di essere un po’ come la Groenlandia – spiega Tardif –. Con le mire espansionistiche della Nhl, a medio termine dovremo rivedere i calendari. Si tratta anzitutto di un’operazione commerciale, ma c’è una tendenza: la Nba vuol creare una Lega di basket in Europa, mentre le società di calcio avevano discusso della creazione di una Super Lega. In altre parole delle organizzazioni private stanno cercando di avere la meglio sulle Federazioni come la nostra. Ma se non ci fosse la Iihf a finanziare tutte le attività non redditizie, sarebbe difficile farle sopravvivere. Ad esempio, sono stati fatti molti progressi a livello di sport femminile, ma non si può ancora pensare di guadagnarci».
Certo che non dev’essere facile trattare con la Nhl... «Stiamo cercando di fare della pedagogia, ma diciamo che non sono persone che la pedagogia la capiscono troppo – aggiunge, senza troppi giri di parole –. Quando parliamo con la Nhl e la Nhlpa (il sindacato dei giocatori, ndr), dobbiamo spiegare loro che quando arriviamo a febbraio, nei campionati come la National League in Svizzera o la Del in Germania i playoff si avvicinano e a quel momento dell’anno sarebbe difficile organizzare un grande torneo, anche perché i diritti tivù non sono estensibili e i club ne perderebbero una parte».
Eppure l’Europa ogni anno che passa continua ad alimentare sempre più il bacino di giocatori a cui può attingere Nhl. «È effettivamente così, ma in Nordamerica non c’è lo stesso interesse per lo sviluppo dei giovani che hanno i club europei. Nel 1976 ero stato al ‘development’ camp dei Toronto Maple Leafs e c’erano solo due europei, mentre oggi invece il 33% dei giocatori della National Hockey League proviene da fuori, e quel numero è destinato a crescere ancora».
Riguardo ai Giochi di Milano-Cortina, la questione è del tutto risolta? «Dovrebbe essere tutto ok, manca soltanto la firma, ma tocca a noi come Iihf decidere se le condizioni sono rispettate, perché ci sono assicurazioni da milioni di dollari da pagare. L’accordo verrà sottoscritto tra noi, il Cio, gli organizzatori delle Olimpiadi italiane, la Nhl e la Nhlpa: l’idea è quella di trovare un accordo per le prossime due edizioni, ma non ci sono ancora conferme per il 2030. Stiamo pure discutendo per la Coppa del mondo del 2028: alla Nhl abbiamo detto che noi non siamo contrari a che si giochi a febbraio, a patto che però non lo si faccia da noi. Se dev’essere in Europa, allora che sia a settembre».
Poi sul tavolo c'è sempre la questione della messa al bando di Russia e Bielorussia, dopo l'invasione militare dell'Ucraina. «Va da sé che noi dobbiamo restare lontani da questioni politiche, però tutto è politica, e non si può essere ai vertici di una Federazione e non inquietarsi per una questione simile. Riguardo all'esclusione della russia dalle competizioni, quella decisione è stata presa principalmente per motivi di sicurezza, e speriamo il prima possibile di far tornare il Campionato del mondo com'era prima, perché questo significherebbe che la guerra è finita e le cose stanno andando meglio. Tuttavia una riammissione non può venir presa dall'oggi al domani, sono decisioni che vanno prese con mesi di anticipo. Prendiamo, ad esempio, il caso dei Mondiali in Svizzera, nel 2026: gli organizzatori del torneo debbono sapere già un anno prima, alla fine dell'edizione precedente, chi gioca a in quale gruppo lo farà, perché bisogna organizzare la prevendita dei biglietti. In ogni caso, cerchiamo per quanto possibile di aspettare fino all'ultimo prima di decidere, e se l'orizzonte adesso è quello del 2027, prenderemo una decisione sulla questione russa e bielorussa nel febbraio del prossimo anno».