Avanti 2-0 al 49esimo, bianconeri beffati a Bienne da un autogol e da un tiro all'overtime. David Aebischer: ‘Dobbiamo imparare dai nostri errori’
Aveva proprio ragione chi sosteneva che se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo. Chiedete un po’ al povero Carl Dahlström, il tanto criticato difensore svedese, che tra l’altro pure stavolta si rende autore di una buona partita, e che a cinque minuti dalla fine si vede recapitare sulla schiena un tiro sparato a casaccio – e non è un modo di dire – da Marcus Sylvegaard, il topscorer svedese del Bienne: di lì a poco quel disco finirà in rete sotto lo sguardo dell’attonito Niklas Schlegel, che per la cronaca sul ghiaccio della Tissot Arena è tra i migliori dei suoi. Una scena davvero improbabile, che al 55’04” risuscita improvvisamente un match che pareva morto e sepolto dopo lo 0-2 di Zach Sanford, al 48’41”, con una pregevolissima deviazione su appoggio di Carrick, in powerplay, un paio di passi davanti all’incolpevole Säteri. A quel punto, il Lugano di Tomas Mitell sembrava in pieno controllo, nonostante un avvio di serata oggettivamente difficile, contro un Bienne pasticcione finché si vuole ma che ha in mano il pallino del gioco per gran parte del tempo. Ma pur se la statistica dei tiri non mente (36 tiri a 19 in sessantun minuti), a parte i due pali di Andersson (11’11”) e Rajala (51’20”), per Gaëtan Haas e compagni le occasioni veramente limpide si contano sulle dita di una mano, e se ciò succede il merito è da ascrivere alla grande compattezza dei bianconeri, che bloccano addirittura 30 tiri, resistendo nel primo tempo a quasi un minuto di doppia inferiorità numerica – quando Fazzini, al 16’48”, si fa buttar fuori per una carica alla balaustra mentre in panchina già c’era Carrick – e, soprattutto, a cinque lunghissimi minuti a 4 contro 5, in avvio di periodo centrale, per la penalità di partita sul conto di Perlini per un colpo col ginocchio al finlandese Laaksonen, che non rimetterà piede in pista. A proposito dell’intervento del canadese: bisognerà ora vedere se il giudice aprirà una procedura nei suoi confronti, cosa che ovviamente mette in allarme lo staff bianconero, siccome la legione straniera è già diminuita dalle assenze di Kupari e Sekac, i quali non torneranno a breve.
Le difficoltà di quella prima parte di confronto indubbiamente non spettacolare ma comunque movimentato hanno però l’effetto di cementare lo spirito di sacrificio di un Lugano determinato e grintoso, a immagine anche di un Jakob Lee che fino all’uscita di Perlini non aveva messo piede in pista, e che quando arriva si fa subito notare per la sua verve, dapprima in terza linea al posto di un Cormier che raggiungerà poi in seconda, all’ala di Sgarbossa, in sostituzione di Fazzini. Insomma, a Bienne è un Lugano a lungo in trincea che lascia pochi spazi nel proprio terzo: il problema, purtroppo, è che quei pochi spazi s’ingrandiranno improvvisamente nel finale, e i ticinesi pagheranno un prezzo salato. Prima, subito dopo la traversa di Rajala, i bianconeri dimenticano Cajka nel bel mezzo allo slot, quando Alatalo si fa attirare da Sylvergaard prima che lo svedese decida di servire il ceco, che farà poi secco Schlegel con una conclusione a fil di palo. Poi arriva l’indecisione di Carrick nell’overtime, subito dopo che lo stesso statunitense, con un penetrante affondo, aveva sfiorato di un niente il gol-partita: tuttavia, sull’immediato capovolgimento di fronte il difensore numero 58 è troppo passivo davanti a Rajala, che beneficia di quel metro di spazio che gli serve per armare un tiro dei suoi, bucando Schlegel fra i gambali. «È vero, in boxplay abbiamo giocato molto bene, ma quando prendi così tante penalità in una partita, in una Lega come le nostre è difficile vincere le partite – dice ai microfoni di Rsi l’autore del primo gol, il difensore David Aebischer –. Però dobbiamo anche imparare dagli errori che facevamo già l’anno scorso e che abbiamo pure commesso la scorsa settimana, giocando meglio in difesa. A maggior ragione in una partita in cui sei avanti 2-0». C.S.