Troppi errori sul fronte biancoblù per ingabbiare i Lions. Zwerger: ‘Non è stata la nostra miglior partita, ma nemmeno la peggiore’
Altro che Leoni spuntati. Certo, alla Gottardo Arena lo Zurigo di Marco Bayer si presenta con soli cinque stranieri (che si riducono a quattro contando unicamente quelli di movimento) e orfani pure di quell’Andrighetto che, pur se in possesso di passaporto rossocrociato – per la fortuna anche di Patrick Fischer e della sua Nazionale –, quando è in serata di grazia vale tanto quanto (e fors’anche di più) di parecchi stranieri che gravitano sulle piste svizzere, ma queste premesse non bastano per regalare all’Ambrì Piotta il suo secondo successo stagionale. Non tanto (o non solo) per imperizia o limiti del complesso di Luca Cereda, che per l’occasione ripropone Petan, schierato al centro del tridente tutto con la foglia d’acero con Formenton e DiDomenico alle ali, ma soprattutto perché tutto ciò che può andare per il verso sbagliato, applicando alla lettera la legge di Murphy, lo fa. Eccome se lo fa. Così, dopo qualche sbavatura di troppo qua e là, e dopo un paio di episodi infelici, il passivo per Heed e compagni alla prima pausa è già di due reti: 1-3. La nota positiva di questi primi venti minuti è senz’altro il guizzo di Manix Landry, che in un batti e ribatti davanti a Hrubec trova la sua prima rete stagionale, che è pure la seconda di un attaccante in maglia biancoblù (!). Ma, appunto, è troppo poco, perché sull’altro piatto della bilancia del periodo iniziale ci finiscono il passaggio mal calibrato di Heed in uscita dal terzo che innesca lo 0-1 di Malgin, favorito pure da una sfortunata deviazione di un giocatore biancoblù, l’infelice sponda sempre del topscorer biancoblù sulle assi di fondo alle spalle di Philip Wüthrich che si trasforma nell’assist per l’1-2 di Frödén, e la situazione di offside dei Lions prima segnalata e poi ritrattata da un linesman, da cui nasce l’ingaggio offensivo che sfocia nell’1-3 a fil di prima sirena.
Due reti di ritardo nell’hockey si possono tranquillamente recuperare nel giro di poche pattinate, ma quando di fronte hai una squadra quadrata come lo Zurigo, tutto si complica. Specie per un Ambrì che segna ancora con il contagocce e che, prima ancora che contro l’avversario, deve battersi contro la iella. La quale, a dispetto della fortuna (che per antonomasia si vuole cieca), ci vede benissimo. E così, quando i biancoblù mettono sotto pressione i campioni svizzeri dopo aver dimezzato lo scarto, ecco l’ennesima doccia fredda di fine estate, con Heed – ancora lui – che nel tentativo di liberare la zona manda il disco sulla schiena di Manix Landry, e da lì dritto dritto sulla pala del bastone di Malgin, il quale non si fa pregare per ricacciare i leventinesi a distanza di sicurezza. L’incubo per Heed non è però finito lì, perché in entrata di terzo tempo nel tentativo di addomesticare un disco, se lo fa scippare da Aberg che infila il portiere biancoblù per la quinta volta.
«Ci siamo tagliati le gambe da soli – commenta laconicamente a fine partita Dominic Zwerger –. Non è stata la nostra miglior partita, ma nemmeno la peggiore. Anche se, questo è certo, non è così che volevamo giocare davanti ai nostri tifosi... Errori individuali? Non dobbiamo guardare al singolo, ma al risultato d’assieme: siamo una squadra e come squadra si vince e si perde». «Abbiamo fatto troppo poco sull’arco dei sessanta minuti – gli fa eco Luc Bachmann –. Volevamo fare le belle giocate, ma avremmo dovuto lottare di più, facendo anche più lavoro sporco e finire i check. Contro una squadra come lo Zurigo non ci si possono permettere errori, perché poi si tramutano in reti, come è capitato stasera. Adesso voltiamo pagina: a Bienne dovremo far tesoro degli errori che abbiamo commesso contro i campioni per cercare di andare a punti». M.I./K.W.