Incontri

Intervista a Claudio Di Manao, vagabondo subacqueo

‘Non ricordo il momento preciso in cui mi sono innamorato del mare, ma sin da piccolo ho sentito di avere una relazione viscerale con lui’

(© C.D.M)
9 novembre 2025
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Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Claudio ha la scoperta nel suo DNA, sarà perché è del Sagittario. Dagli studi in consulenza finanziaria nella sua vita precedente, di mestieri ne sono passati tanti e ha anche vissuto in molti angoli di mondo. Oggi fa lo scrittore con 7 libri all’attivo: tutti vibrano, anzi fluttuano tra le superfici e i fondali marini. Collabora con varie piattaforme dedicate alla subacquea tra cui Alert Diver. Si definisce “vagabondo subacqueo”, ma, per dargli quel ‘twist’ in più, aggiungiamo che è un istruttore con pluriennale esperienza. È appassionato di musica, tranne la trap – ci scuserà Sfera Ebbasta – e il jazz, che capisce poco. Per lui la musica muove la mente, accompagna paesaggi interiori e favorisce la creatività, basta scegliere la musica giusta e creare la propria colonna sonora per trasformare l’esistenza in un film ben riuscito.

La parola latina genius era usata dagli antichi Romani per denotare quello spirito interiore, divino e inviolabile, che ci assiste guidandoci verso la nostra vocazione. Uno scrittore scrive con il suo genius, così come un artista crea. È il trono della nostra anima, il contenitore del nostro essere potenziale, la nostra Stella Polare.

Claudio Di Manao ha tracciato un trait d’union tra la scrittura e il mare per far coesistere le sue doti naturali. «Non ricordo il momento preciso in cui mi sono innamorato del mare, ma sin da piccolo ho sentito di avere una relazione viscerale con lui. Ho iniziato a gattonare “lanciandomi” in mare per poi – più grandicello – fare snorkeling e apnee con mio padre, imparando a trattenere il respiro, come nuotare sott’acqua e come compensare: esperienza che mi ha favorito quando mi sono messo una bombola in spalla e l’erogatore per esplorare ciò che sta al di sotto della superficie dell’acqua».

Claudio aggiunge che la vera e propria fusione con il mare l’ha sentita verso la fine degli anni Novanta nel Mar Rosso. «Piano piano ho cominciato a sentirmi parte di quello che mi circondava, anche grazie al modo in cui si respira: un respiro armonico con una sua cadenza – come nello yoga – è lento, rilassato e profondo. Lì sotto non ci sono voci, non c’è il frastuono del mondo in superficie. Più che assenza di suono, c’è calma, questa magia ti permette di aprire porte dentro di te che altrimenti sarebbero chiuse a chiave».

Sottosopra

In mare non ci sono confini – anche se l’attualità ci mostra il contrario –, il blu è senso di vastità, di ricerca, di profondità, ma anche di contatto con le nostre paure più recondite, soprattutto quando allo sguardo mancano dei riferimenti. Claudio – l’avrete capito – si è sempre sentito accolto e a suo agio sott’acqua, ha trascorso parte della sua vita lì sotto, ma viste le sinusiti ricorrenti ha smesso per un senso di responsabilità. «Non puoi permetterti di far fatica a compensare quando hai allievi in acqua e persone dietro le tue pinne». Lì aveva due scelte: cercarsi una posizione manageriale in un diving center oppure cambiare vita – per l’ennesima volta – e fare lo scrittore.

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«Dopo aver avuto la preziosa opportunità di sentirmi fuso con il mare, mi rimane dentro una vera passione per lo studio e la protezione dell’ambiente marino. Successivamente gli strumenti per comprendere, amare e proteggere altri ambienti di superficie. Non c’è amore senza fusione, senza comprensione». Claudio aggiunge che del tipo di vita esperita gli è rimasto il forte senso di responsabilità verso il prossimo e l’aver condiviso con alcune persone incontrate (sopra e sott’acqua) valori indissolubili: affidabilità, amore per la natura, per l’avventura, il sogno e soprattutto il sense of humour.

No label

Si è coraggiosi quando si cambia strada? Quando si sente che un cammino (che sia un lavoro o una relazione) non è più aderente al nostro sé più intimo? Oppure si è più coraggiosi quando non si segue la propria voce interiore? «Non riesco a etichettarmi, ho cercato sempre di seguire il mio sentire, ma affermare che sono un outsider ci può stare. Sin da piccolo mi interessavano tutti i tipi di esplorazioni, volevo viaggiare e scoprire tutti gli angoli di mondo. Come tanti bambini volevo fare l’astronauta e tra un sogno e l’altro divoravo riviste del National Geographic immaginandomi all’avventura».

Scuffiare

Quando si scuffia? Quando un’imbarcazione – specialmente le barche a vela – si capovolge. «Ho scuffiato tante volte, per esempio le volte che mi hanno licenziato: mi hanno portato una fortuna pazzesca. Per esempio alle Grand Cayman quando facevo l’istruttore subacqueo, essere congedato significava essere immediatamente buttato fuori dall’isola, ma il destino mi ha offerto su un piatto d’argento una posizione meglio retribuita. Lì ho potuto crescere sia professionalmente che umanamente e trasformare l’incazzatura iniziale per l’apparente schiaffo ricevuto».

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Playlist

In Sbandati come plancton nella corrente. Che fine hanno fatto i figli di una shamandura non solo ci si tuffa nelle acque meravigliose del Mar Rosso, ma si compie un viaggio musicale nel Britpop degli anni 90: dai Verve ai Massive Attack, passando per i Groove Armada, i Suede e Paul Weller, ma a imperare su tutti ci sono loro, i fratelli Gallagher e i loro scoppiettanti Oasis. «Ho scelto la colonna sonora del periodo in cui vivevo a Sharm el-Sheikh. Una volta un giornalista de La Stampa ha recensito il mio primo libro Figli di una… shamandura chiamandolo “Una grande Woodstock del mare” perché tra le pagine di quel racconto si faceva musica e l’ambiente era piuttosto hippie. Il Britpop corrisponde a un periodo in cui non c’erano particolari impicci, dalla caduta del Muro di Berlino fino al 2001 l’umanità in quel periodo respirava spiragli di speranza. Il turismo era al massimo, la gente si conosceva, esplorava, s’erano rotte tutte le barriere e tutto sembrava andare a gonfie vele».

Per Claudio la playlist tutta britannica fa parte di un’esperienza realmente vissuta con i suoi compagni di avventura sott’acqua (ma anche sopra). «Quando ho sentito per la prima volta gli Oasis ricordo di aver paragonato la loro energia ai Led Zeppelin, ai Beatles. Ho ricominciato a riascoltare il rock grazie a Liam e a Noel. A dirla tutta il titolo del mio ultimo libro doveva essere Live Forever (loro brano del 1994); Noel durante un’intervista dichiarò, riferendosi ai Nirvana, che non amava scrivere roba del tipo I’m gonna die, I’m gonna die… I wanna live forever, f**k it!».