Lo ha deciso la Commissione gestione aderendo a maggioranza al rapporto di Agustoni (Centro), che boccia la richiesta di Durisch (Ps). Palla al parlamento
No, la Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato (Lgf) non deve essere cambiata, e il principio di parsimonia non deve essere applicato anche ai ricavi, in particolare quando un'operazione proposta provoca, appunto, una riduzione delle entrate: leggasi, anche sgravi fiscali. A sostenerlo è un'ampia maggioranza della commissione parlamentare della Gestione (Plr, Centro, Lega, Udc) che si allinea al rapporto del capogruppo centrista Maurizio Agustoni e compatta boccia l'iniziativa parlamentare con cui, nel 2017, il suo omologo socialista Ivo Durisch chiedeva una sorta di simmetria sulla parsimonia.
Nel suo rapporto, Agustoni ricorda che l'articolo 2 della legge in questione prevede che la gestione finanziaria “sia retta dai principi di legalità, equilibrio finanziario, parsimonia, economicità, causalità, compensazione dei vantaggi, divieto del vincolo delle entrate sia di conto economico sia di investimento”. Passando nel concreto al principio di parsimonia, il relatore ricorda che “sempre la Lgf prevede che ‘prima di procedere a una spesa devono essere esaminate la sua necessità e la sopportabilità dei costi diretti e indiretti che ne derivano’”. In definitiva, la Lgf “stabilisce in base a quali criteri lo Stato può spendere, tra gli altri, i soldi che i cittadini versano per il tramite delle imposte”. E ne consegue che il principio di parsimonia, come gli altri citati, è volto “a tutelare i cittadini da un eccessivo prelievo fiscale a causa di una spesa pubblica non conforme ai principi di gestione finanziaria”.
Ebbene, l'iniziativa di Durisch, annota Agustoni, chiede di “introdurre il principio secondo cui prima di procedere a una misura che riduce i ricavi dello Stato (in particolare il prelievo fiscale) occorre esaminare la sua necessità e la sua sopportabilità in termini di costi diretti e indiretti che ne derivano”. E non va bene, avverte il capogruppo del Centro. Perché “questo approccio sembra ribaltare il principio secondo cui è lo Stato a dover giustificare le sue pretese fiscali nei confronti dei cittadini e non viceversa”. Ne consegue che “proprio perché il principio di parsimonia è pensato a tutela dei cittadini, sarebbe contraddittorio allargarne il campo di applicazione nel senso che lo Stato dovrebbe essere ‘parsimonioso’ nel ridurre il prelievo fiscale”.
Ciò detto, va da sé che “anche nell’ambito di modifiche legislative che comportano una riduzione delle entrate il Gran Consiglio è necessariamente confrontato (anche) con le conseguenze finanziarie delle proprie decisioni”, concede Agustoni. Del resto, “in particolare quando sono sottoposte al voto del Gran Consiglio delle modifiche fiscali, sono sempre indicate ed evidenziate le conseguenze in termini di gettito sia per il Cantone che per i Comuni”.
Tale questione non è secondaria, dal momento che, sempre secondo la Lgf, “‘di principio, il preventivo di gestione corrente deve essere presentato in equilibrio’ e inoltre ‘se le misure di contenimento della spesa e/o di aumento dei ricavi non sono sufficienti per raggiungere l’obiettivo, interviene una modifica del coefficiente di imposta in misura sufficiente a contenere il disavanzo entro il limite indicato’”. Il Gran Consiglio, quando procede a una modifica della legislazione tributaria, “è quindi consapevole che, in assenza di misure compensatorie, potrebbe essere costretto ad aumentare il coefficiente di imposta (ciò che per esempio è accaduto con la recente revisione della Legge tributaria approvata dal popolo il 9 giugno 2024)”.
In estrema sintesi: “La decisione se spendere/prelevare del denaro è una decisione politica, la decisione come spendere quel denaro ha natura tecnica e deve essere rispettosa dei principi dell’articolo 2 Lgf (tra cui il principio di parsimonia)”. Considerato quindi che “il principio e l’entità del prelievo fiscale ha natura eminentemente politica (con elevati requisiti di coinvolgimento democratico, pensando per esempio alle decisioni giudiziarie in materia di fissazione del moltiplicatore comunale, un tempo di competenza del Municipio, ora del Consiglio comunale, e dell’imposta di circolazione, censurato l’eccesso di delega al Consiglio di Stato), non si giustifica di condizionarlo a principi di natura tecnica e di gestione finanziaria dello Stato concepiti per la spesa pubblica”.
«Non siamo d'accordo, difatti faremo un rapporto di minoranza assieme ai Verdi e ne discuteremo in Gran Consiglio», afferma a ‘laRegione’ Ivo Durisch. Il motivo è semplice: «La questione da risolvere è proprio quella che nell'equilibrio delle finanze dello Stato vengono considerate solo le spese come causa di eventuali disavanzi, mentre è presente anche l'aspetto mai valutato della diminuzione delle risorse. Per questo, una simmetria contabile che diventi anche politica per noi è assolutamente fondamentale. Come è altrettanto fondamentale che venga messa nero su bianco in una legge».
Per Durisch è importante insistere «alla luce di quanto successo negli scorsi anni». Nel senso che «la mia iniziativa risale al 2017, quando eravamo reduci da una manovra di risanamento da 180 milioni di franchi e il Consiglio di Stato iniziava a tratteggiare la stagione degli sgravi fiscali che puntualmente si sono realizzati». Ora per il capogruppo socialista «i buoi sono fuori dalle stalle, ma quello che si voleva fare era evidente già anni fa. Ora dobbiamo agire, ripeto, a livello di legge».