Dopo che il figlio adottivo ha ammesso le proprie responsabilità resta da chiarire il movente dell’accoltellamento mortale al 57enne residente a Lugano
È un caso chiuso, per la giustizia italiana, l’omicidio commesso da un 25enne domenica sera attorno alle 19.30 in una palazzina di via Vittorio Veneto a Luino. Anche se il lavoro degli investigatori continuerà, per comporre il drammatico puzzle, in quanto mancano ancora alcuni tasselli, che non modificheranno la sostanza di quanto emerso finora. La vittima è il padre adottivo, un 57enne residente a Lugano, dove viveva con i due figli adottati ed era attivo in una compagnia di assicurazioni. Il giovane che lo ha ucciso con una coltellata al cuore, è accusato di omicidio aggravato per via del grado di parentela. Nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto durante la notte nella caserma dei carabinieri di Luino, il 25enne ha ammesso le proprie responsabilità. Su ‘laRegione’ non verranno pubblicati i nomi e i cognomi dei protagonisti di questa triste vicenda, come è stato fatto su tutti i media italiani: la legislazione vigente ce lo vieta.
Il giovane, dicevamo, non avrebbe potuto non riconoscere quanto ha fatto, visto che quando è stato fermato dai carabinieri impugnava ancora l’arma del delitto, un coltello da cucina con una lunga lama e tracce di sangue. Ad accertare che è stato un unico e fatale fendente al cuore a non lasciare scampo al 57enne di Lugano è stato il medico legale dopo l’esame esterno della salma. A questo punto l’autopsia sembra essere un atto dovuto. Gli investigatori attribuiscono la coltellata a un raptus (una sorta di impulso difficilmente controllabile, ndr), che è giunto al culmine di un’animata discussione divampata per motivi non ancora resi noti. La notte scorsa sono stati sentiti dagli inquirenti sia la madre sia il fratello del 25enne, testimoni oculari dei fatti, che hanno cercato di bloccare il parricida. Su quanto hanno raccontato, il magistrato inquirente Carlo Parodi, sostituto della Procura di Varese, ha ritenuto opportuno imporre il segreto istruttorio.
In base a nostre informazioni, conviveva con una situazione di disagio il 25enne originario di un Paese del Centro Africa, che venne adottato quando era ancora in fasce. Superati i primi adempimenti di legge, come l’interrogatorio di garanzia che avverrà nei prossimi giorni da parte del giudice delle indagini preliminari di Varese, sul giovane dovranno chinarsi soprattutto psicologi considerato che la sua vita è stata spesso attraversata da momenti di fragilità e di disagio: non di rado in passato è sparito di casa. Il suo nome è noto alle cronache perché è stato citato in parecchi comunicati diffusi dalla Polizia cantonale di scomparsa di persone negli ultimi anni e per essere stato arrestato nel 2019 a Torino, dove ha partecipato a una manifestazione di protesta per lo sgombero di un ex Asilo occupato da anarchici. Qualcosa, recentemente, lo tormentava. Inoltre, in base a quanto emerso, era un consumatore di stupefacenti. Insomma, il carcere, per lui, non sembra essere la soluzione migliore. Il difensore, che per quanto è dato sapere dovrebbe essere stato indicato dalla famiglia, sembra intenzionato a chiedere, già in occasione dell’interrogatorio di garanzia, previsto a breve, il trasferimento del 25enne in una struttura alternativa al carcere.
Domenica, la famiglia si è riunita a Luino nella casa della madre adottiva, un’avvocata 58enne attiva in uno studio legale di Lugano e conosciuta per le sue battaglie a favore dei migranti. Sarebbe stato lo stesso 25enne a chiedere al papà di accompagnarlo Oltreconfine assieme al fratello, dove aveva preso casa di recente la mamma. I genitori erano separati e hanno mantenuto buone relazioni. Resta da chiarire il movente che ha spinto il 25enne ad accoltellare il padre adottivo. Intanto, sul versante dell’inchiesta, i carabinieri di Luino hanno ricostruito l’accaduto. Innanzitutto, la conferma che è stato il fratello minore a fermare il 25enne parricida, che dopo l’accoltellamento ha tentato di scappare, ma è stato bloccato a un centinaio di metri dalla casa della madre, quando aveva ancora il coltello da cucina sporco di sangue in mano. Fra i due fratelli c’è stata una colluttazione che ha richiamato l’attenzione di una giovane marescialla dei carabinieri e un suo collega che hanno fatto stendere a terra entrambi per immobilizzarli. Sul posto sono giunti i soccorsi del 118 di Varese: per il 57enne di Lugano non c’era più niente da fare. I sanitari hanno prestato assistenza alla madre.