La maggioranza del parlamento boccia l’iniziativa socialista sulle casse malati. A settembre il verdetto alle urne. Domani tocca alla proposta della Lega
Limitare i premi di cassa malati al 10% del reddito disponibile costerebbe troppo al Cantone. A metterlo in chiaro per un’ultima volta è il Gran Consiglio che – dopo mesi di discussioni, previsioni e valutazioni – ha a maggioranza respinto l’iniziativa popolare presentata dal Partito socialista nel dicembre 2022. Tutto finito? No, anzi. Perché a mettere definitivamente la parola fine sarà la popolazione chiamata alle urne in settembre. ‘No’ quindi dalla politica, ma bisognerà vedere cosa decideranno i ticinesi tra qualche mese. Cittadini che, come noto, negli ultimi tre anni hanno dovuto far fronte a un aumento dei premi di cassa malati di oltre il 30%.
Ma facciamo un passo indietro. La domanda di iniziativa popolare ‘Esplosione premi di cassa malati: ora basta! (Iniziativa per il 10%)’ viene depositata, come detto, dal Ps nel dicembre 2022. Nei mesi seguenti i promotori raccolgono entro il termine previsto oltre 9mila firme valide. L’iniziativa è pertanto dichiarata riuscita. Più precisamente, lo ricordiamo, il testo socialista sollecita una modifica dei “parametri legali in modo tale che il costo netto del premio di cassa malati non superi in nessun caso il 10% del reddito disponibile per unità di riferimento”, chiedendo “quindi di aumentare l’impegno finanziario annuale netto a carico del Cantone nel settore delle riduzioni dei premi ordinari dell’assicurazione malattia obbligatoria”. Il tutto agendo sulla Ripam.
Già nel settembre 2023 il rapporto sulla ricevibilità – realizzato in seno alla commissione parlamentare ‘Sanità e sicurezza sociale’ e avallato dal plenum il mese seguente – evidenzia tuttavia un potenziale “impatto finanziario anche molto importante per il Cantone”. La valutazione delle richieste socialiste passa poi alla commissione ‘Gestione e finanze’ che, a inizio 2025, riceve dal Consiglio di Stato le cifre che comporterebbe attuare l’iniziativa. Dati da cui emerge che, se approvata, l’iniziativa socialista costerebbe al Cantone una valanga di milioni: circa 300 ogni anno. Non va in tal senso dimenticato che la stima fornita dal governo è calcolata sui dati del 2024, quindi da adattare al rialzo in caso di nuovi probabili aumenti dei premi nei prossimi anni. E che si andrebbe ad aggiungere agli oltre 400 milioni che il Cantone spende già oggi attraverso la Ripam per attenuare il costo dei premi a carico dei cittadini. Il tutto per un totale di quasi 700 milioni di franchi.
Di fronte alle stime esorbitanti del governo si fa in seguito strada l’opzione di alzare la soglia dal 10 al 15% del reddito. Suggerimento avanzato dal Centro, ma ben presto scartato in quanto – stando ai dati richiesti al governo – l’incidenza rispetto ai sussidi versati oggi sarebbe minima, se non nulla.
Arriviamo così a oggi. Giorno in cui la maggioranza dell’aula (51 a favore, 21 contrari e 6 astenuti) ha dato il proprio sostegno al rapporto del capogruppo liberale radicale Matteo Quadranti, che invitava il Gran Consiglio a respingere l’iniziativa. Nulla da fare dunque per il rapporto di minoranza del capogruppo del Ps Ivo Durisch. Ps che comunque non ha nessuna intenzione di ritirare la propria iniziativa, come ribadito a più riprese in aula. È bene tra l’altro ricordare che la proposta di premi non oltre il 10% del reddito è già stata votata e respinta a livello nazionale il 9 giugno dello scorso anno. Scrutinio che ha però mostrato come la popolazione ticinese fosse, contrariamente alla maggioranza degli altri Cantoni, a favore della proposta. Il verdetto arriverà dunque a settembre.
Ad aprire le danze è la ‘prima promotrice’ Laura Riget: «Non possiamo più ignorarlo – deplora la co-presidente del Ps –, i premi di cassa malati stanno esplodendo, mentre i salari e le pensioni sono rimasti fermi». Insomma, «la gente è stanca», ragione per cui «dobbiamo dire basta introducendo un limite massimo». A ogni modo Riget dice di «non illudersi» sull’esito del voto del plenum, ma si consola con il fatto che, «almeno questa volta, l’ultima parola è dei cittadini». E rincara la dose: «Sono 218’209 le persone che non ce la fanno più, il 61% della popolazione residente che paga più del 10% del proprio reddito disponibile ogni mese». E quanto ai tanto discussi 300 milioni, ammette: «Sì, sono tanti. Ma chi è ora a pagarli? Le famiglie, il ceto medio, i pensionati. Questa iniziativa non crea un centesimo di nuovi costi, li redistribuisce unicamente in modo più equo».
Ed è senza giri di parole che arriva la replica di Quadranti: «La retorica degli iniziativisti non sorprende e non porta granché di nuovo. Anche se non saranno 300 milioni esatti, tenendo conto di un +/-10% si tratterebbe comunque di cifre notevoli per la situazione attuale delle finanze». Non solo. A mancare, secondo il liberale radicale, «eventuali misure di compensazione finanziaria per rendere quantomeno sostenibili questi maggiori costi».
Prende la palla al balzo Durisch: «Il relatore di maggioranza ha ragione, forse non aggiungiamo nulla di nuovo al dibattito, ma crediamo che su temi di tale importanza sia meglio ripetersi». Per il capogruppo del Ps «l’iniziativa cerca di sopire un periodo di difficoltà per le famiglie. Anche se sappiamo che la vera soluzione sarà l’istituzione di una cassa malati unica proporzionale al reddito e al capitale, questo è un ulteriore passo».
È sulla «portata politica e finanziaria dell’iniziativa e sulle potenziali conseguenze di una mancata adesione di principio a un controprogetto che il gruppo del Centro si era dichiarato disposto a elaborare» che interviene Fiorenzo Dadò. «Solo il Ps – bacchetta gli altri schieramenti il presidente centrista – aveva fatto sapere per tempo che, a fronte di una proposta interessante, sarebbe stato disposto a sedersi al tavolo e addirittura a valutare il ritiro dell’iniziativa stessa». Ed è preoccupato Dadò. Preoccupato da «ciò che potrebbe capitare per via dell’improvvida assenza di un controprogetto interessante per i cittadini e ragionevole dal profilo finanziario». Ad aggiungersi «la probabile confusione che regnerà durante il dibattito di settembre in concomitanza con il già sicuro salasso per il prossimo aumento dei premi». L’iniziativa socialista, dice, «rappresenta la più grande operazione di redistribuzione della ricchezza verosimilmente mai vista in un colpo solo nel nostro Cantone. Una proposta concreta a un problema reale». Ciò detto, «per responsabilità istituzionale e preoccupazione finanziaria», il Centro aderisce alla maggioranza. Ma, avverte Dadò, «non ci assumiamo alcuna responsabilità rispetto alle conseguenze».
Per il Ps, Danilo Forini fa eco a quanto già detto da Riget e Durisch. «È il pagamento dei premi – aggiunge – il principale problema dei ticinesi. Non le tasse, che certo non sono simpatiche di per sé, ma che in nessun sondaggio sono indicate come la maggior preoccupazione dai ticinesi. Eppure, in maniera ideologica, la maggioranza di questo parlamento pensa di agire sempre e comunque solo sulle politiche fiscali».
Non la pensa così l’Udc. «È una proposta troppo costosa – rileva Tiziano Galeazzi – e c’è chi vorrebbe che a passare alla cassa fossero i ricchi. Ricordatevelo, se non avessimo qui certe persone, saremmo in giro tutti con le ciabatte rotte». Per Samantha Bourgoin il discorso è semplice: «Con l’iniziativa i ceti molto abbienti pagheranno una parte dei premi al ceto medio, così come succede nel Canton Vaud, dove – afferma co-coordinatrice dei Verdi in risposta a Galeazzi – non mi risulta si vada in giro con le pezze».
Non da ultimo, per il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, «il governo è ben cosciente che il tema sia motivo di preoccupazione». Tuttavia, rimarca il direttore del Dipartimento sanità e socialità, «è nostro dovere segnalare che l’approvazione dell’iniziativa comporterebbe un impatto finanziario considerevole e oggettivamente insostenibile per il Cantone».
E dopo l’iniziativa socialista, domani tocca alla proposta della Lega per la deducibilità integrale dei premi di cassa malati dalla dichiarazione d’imposta.