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Slitta il parco solare alpino: il Cc di Acquarossa vuole approfondire

Confrontato con opinioni diverse, il Legislativo si è dato più tempo per valutare il messaggio municipale e il progetto promosso da una ditta privata

L’immagine indica come si presenta un impianto di montagna
16 luglio 2025
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Pareva essere una formalità, ma non lo è stata. Il Consiglio comunale di Acquarossa, convocato ieri, quasi all'unanimità (un solo astenuto) ha deciso di rinviare all'autunno la discussione sull'adesione politica comunale al progetto di parco solare alpino promosso dalla ditta IngEne Sa di Cadenazzo all'Alpe di Laveggia, su un terreno di 200mila metri quadrati di proprietà del Patriziato di Ponto Valentino. La cui assemblea, nell'aprile 2024, al termine di una dettagliata esposizione aveva dato la propria adesione al diritto di superficie trentennale retribuito. Idem aveva fatto il Municipio allora in carica, sulla base di uno studio di fattibilità espostogli. Quello poi eletto per la nuova legislatura ha portato avanti il dossier sottoponendolo quindi al Legislativo, cui compete per legge votare il principio dell'adesione comunale.

Da notare che la domanda di costruzione, in base alle ultime norme aggiornate dal Consiglio federale nell'ambito del piano nazionale Solarexpress, dovrà essere depositata entro il 31 dicembre di quest'anno, pena l'impossibilità di beneficiare di aiuti pubblici fino al 60% dell'investimento globale che nel caso specifico supera i 20 milioni di franchi. I tempi erano già stretti, ora lo sono ancora di più. Il Cc ha chiesto e ottenuto che nel mese di settembre sia organizzata una serata informativa da parte dei promotori affinché il Legislativo possa ottenere tutte quelle informazioni di dettaglio che non compaiono nel messaggio municipale. Dopodiché, probabilmente a ottobre, potrà essere agendata la seduta per la decisione di merito.

Un intoppo? La sindaca Michela Gardenghi non la pensa così: «La discussione è stata molto costruttiva e le varie sensibilità hanno potuto confrontarsi adeguatamente. Ne è scaturita un'attenzione al territorio che è lodevole. La decisione da prendere non è affatto una formalità, ma riguarda il patrimonio che in fondo è di tutti, le nostre montagne. Perciò, tirando le somme delle varie posizioni espresse in sala, i consiglieri hanno infine concluso che occorre darsi un'occasione in più per chiarire insieme ai promotori tutti gli aspetti che non emergono dalle carte attualmente a disposizione. Il Legislativo – conclude la sindaca – ha insomma fatto il suo lavoro fino in fondo e di questo bisogna dare atto».

Le tre opinioni

In materia di opinioni divergenti, la situazione si riassume in tre schieramenti. Da una parte c'è chi è favorevole all'operazione e non vede nessun elemento che possa indurre il Cc a dubitare della bontà e sostenibilità dell'operazione, trattandosi peraltro di un alpeggio dismesso. Favorevoli che comunque vedrebbero di buon occhio, ad esempio, la sottoscrizione di una lettera d'intenti con IngEne affinché in un prossimo futuro possano essere integrate nell'operazione eventuali Comunità elettriche locali (Cel) che prevedono la messa in rete di più impianti fotovoltaici, anche piccoli, così da distribuire in modo intelligente sul territorio e senza società intermediarie la corrente prodotta in loco. Il tutto confluirebbe così in un pool energetico.

Sul fronte opposto c’è invece chi vorrebbe che si spingesse maggiormente sull'implementazione di impianti fotovoltaici non in altura ma nel fondovalle. Si tratta dell'opinione espressa dal consigliere di Stato Claudio Zali nel commentare inizialmente l'altro progetto mediobleniese, previsto all'Alpe di Nara e finora mai decollato. Il capo del Dipartimento del territorio, quando Berna aveva lanciato l'offensiva Solarexpress, nel 2023 aveva infatti indicato di preferire un impegno accresciuto per il fotovoltaico semmai nelle zone industriali e artigianali del Ticino, a suo dire ancora poco sfruttate da questo punto di vista. Un'opinione personale condivisa, come si è visto, da una parte della politica. Ciò non toglie che il programma voluto a Berna prosegue su scala nazionale e in taluni Cantoni ha già ottenuto risultati concreti; non ancora in Ticino, dove i progetti del Tamaro, Nara a Laveggia ognuno a modo suo ha trovato sul percorso più situazioni da risolvere e in un caso (Nara) rimaste irrisolte. Terza posizione, quella di chi si è dichiarato possibilista ma non ancora pronto a votare l'adesione comunale in assenza di dettagli precisi forniti da IngEne. Questa terza via, come si è visto, ha infine prevalso.

L'Esecutivo: ‘Condizioni date’

Infine la posizione dell'Esecutivo, così riassunta nel messaggio: “Il Municipio della precedente legislatura e quello attuale ritengono che la politica energetica debba considerare tutte le fonti rinnovabili i cui impianti siano sostenibili dal lato ambientale ed estetico. Nel caso in esame le condizioni sono a nostro avviso date: l’ubicazione su di un alpeggio dismesso, con scarsi contenuti naturalistici di pregio, in posizione molto soleggiata ma poco percettibile dal piano, la produzione di energia pregiata lungo tutto l’arco dell’anno (ma in particolare d’inverno) non permettono a nostro avviso di esprimere critiche di opportunità per gli aspetti ambientali. Sarà comunque l’esame di impatto ambientale da presentare in fase di procedura edilizia a dimostrare o confutare questa tesi”.

IngEne

‘Procedura oltremodo
complicata e lunga’

«Nel frattempo abbiamo completato il piano di finanziamento», ci spiega dal canto suo Daniele Bernasconi, titolare di IngEene. «I soldi per costruire ci sono. Guardando avanti riteniamo che la sostenibilità economica e la redditività siano date. Inoltreremo il prima possibile al Cantone la domanda di costruzione, sperando di essere ancora in tempo per beneficiare degli importanti sussidi federali. Certo che la strada è in salita! Altro che Solarexpress. Nel corso degli anni la mia ditta ha realizzato centinaia di impianti fotovoltaici e questo è di gran lunga il più complesso, proprio anche dal profilo della procedura. Sebbene Berna l’abbia a suo tempo presentata come rapida e facilitata, alla prova dei fatti non lo è. In realtà l’iter presenta dei passi formali molto complessi e che richiedono ciascuno parecchio tempo. Sbagliare in questo ambito implica il rischio di dover fare i conti con probabili ricorsi. Ne basta uno per rallentare il tutto e non riuscire a onorare le condizioni imposte dalla Confederazione». La quale, accortasi che pochissimi promotori sarebbero stati realmente in grado di rispettare i primi termini indicati, come ad esempio una porzione di corrente immessa in rete entro fine 2025, li ha prorogati portando alla fine dell’anno corrente quello utile per depositare la domanda di costruzione. «Così facendo la procedura è stata un pochino agevolata – riconosce Bernasconi – ma in realtà rimane molto complessa, anche solo perché sono parecchie le decisioni formali da richiedere ai vari attori. Ciascuna segue una tempistica tutta sua che, anche se accelerata, non è mai immediata o facile come le autorità federali han voluto far credere» lanciando a fine 2022 l’offensiva solare su scala nazionale.