Bellinzonese

Se la giustizia è anche donna: l’allocuzione della giudice De Rossa a Bellinzona

Ricordati i 150 anni del Tribunale federale. Branda: ‘Massimo interprete della supremazia della legge’ in un mondo vieppiù dominato da ‘prima i nostri’

Dal 2022 è la prima giudice donna italofona al Tf
(Foto Usi)
1 agosto 2025
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Il ruolo della giustizia federale in Svizzera e quello della donna nella giustizia federale. È su questo doppio filo che Piazza del Sole a Bellinzona, in una serata minacciosa di temporali ma infine riuscita con tanto di musica, risottata e spettacolo pirotecnico, si è fermata per le allocuzioni del sindaco e dell’ospite d’onore. Cresciuta nella Turrita e prima donna italofona a far parte, dal 2022, della massima istanza giudiziaria elvetica, la giudice Federica De Rossa ha offerto alcuni aneddoti ripercorrendo i primi 150 anni di vita del Tribunale federale entrato in funzione nel 1875: ne ha impiegati 99 ad aprire, nel 1974, le porte alla prima donna giudice, Magrith Bigler Eggenberger: «La sua presenza ebbe anche un riflesso sulla giurisprudenza. Fu grazie al suo impulso che, ad esempio, nel 1977 il Tf, fino ad allora cauto in tema di parità tra uomo e donna, rese una sentenza che imponeva un’interpretazione pionieristica della Costituzione federale in favore della parità salariale».

Fra le altre cose Magrith Bigler Eggenberger fu oggetto di commenti patriarcali e diversi attacchi sulla stampa per le sue posizioni sull'aborto: «Non solo, il curriculum vitae che lei aveva presentato al Parlamento era stato manipolato da un ignoto che l'aveva ridotto a mezza pagina togliendo i riferimenti alle sue esperienze in qualità di giurista, per farla apparire come una donna arrampicatrice senza qualifiche, ciò che le costò parecchi voti, ma che per finire non riuscì comunque a comprometterne l’elezione. Inoltre per cinque anni uno dei suoi colleghi si rifiutò di parlarle. Ha dovuto dimostrare di essere ‘abbastanza’ o ‘migliore’ e, spesso, giustificare le proprie posizioni più di quanto facessero i colleghi uomini. Le sono serviti fermezza, coraggio, fiducia in se stessa, grandissimo impegno e l'istinto di riconoscere i casi per i quali valesse la pena di lottare. E oggi noi gliene siamo grate perché sono donne come lei che ci hanno aperto le strade».

Tutto ciò nella civilissima, ma oltremodo conservatrice, Confederazione elvetica. La cui Alta Corte, ha sottolineato Mario Branda, «è il massimo interprete della supremazia della legge, principio fondamentale per il funzionamento del paese e per la vita di noi cittadini». Una conquista «enorme per i paesi liberi e democratici: è il principio in forza del quale la vita di noi tutti è protetta dall’arbitrio di un potere tirannico, dall’uso della forza e della violenza come capita nei regimi dittatoriali. Potersi appellare alla legge è una conquista straordinaria della cui valenza oggi, a volte, neppure più ci rendiamo conto». Questo succede però in un contesto internazionale ed economico globalizzato e vieppiù difficile anche per la ricca Svizzera (vedi i dazi imposti dagli Usa): un contesto nel quale «il principio ‘prima i nostri’, unito all’esercizio della forza grezza, può vincere la partita; dove i rapporti di forza e di potere sono gli unici che davvero sembrano contare, prevalendo su accordi, leggi e diritto internazionale».