Il delegato svizzero Benedikt Wechsler ha reso visita ai Castelli di Bellinzona. Il sindaco Mario Branda: ‘Il progetto di rivalutazione avanza’
Entrato a far parte del patrimonio Unesco nel 2000, il complesso dei Castelli di Bellinzona da sempre rappresenta un fiore all’occhiello dell’offerta storico-turistica del Cantone. Oggi gli ha reso visita Benedikt Wechsler che dal 1º settembre assumerà la carica di delegato svizzero all’Unesco, con il titolo di ambasciatore. Attualmente impegnato in un Tour de Suisse in microcar tra otto dei tredici siti Unesco presenti sul territorio svizzero (oltre ai Castelli, il Ticino ospita il Monte San Giorgio e uno dei 96 siti che compongono le antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni europee, nella fattispecie la riserva forestale delle valli di Lodano, Busai e Soladino), Benedikt è stato ricevuto in mattinata a Palazzo civico dal sindaco Mario Branda. Un Tour grazie al quale il nuovo delegato ha la possibilità di toccare da vicino le tematiche legate al patrimonio storico-culturale elvetico. Senza peraltro entrare nei dettagli di quelle che possono essere le problematiche o le opportunità legate a un sito piuttosto che a un altro. Compresi, ovviamente, i castelli di Bellinzona: «Mi hanno accennato, ad esempio, al progetto di rivitalizzazione della Fortezza – afferma Benedikt Wechsler davanti ai taccuini della stampa, in un incontro nella corte di Castelgrande –, ma non ne conosco i particolari, per cui non posso esprimermi. Tuttavia, da come mi è stata presentata, l’idea mi sembra eccellente».
Più in generale, il nuovo delegato elvetico ha le idee chiare per quanto attiene alla necessità di conciliare l’esigenza turistica – e quindi di valorizzazione dei siti patrimonio dell’umanità – con la necessità di una loro difesa e preservazione da quel sovra-turismo che sta soffocando molte città europee: «Penso sia importante renderli sempre più conosciuti a livello internazionale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che molti turisti si recano appositamente in città o regioni che ospitano siti dell’Unesco. Tra l’altro, è fondamentale che un patrimonio, culturale o naturale che sia, non rimanga territorio riservato a studiosi e specialisti, perché in quel caso rischierebbe di perdere interesse e di ritrovarsi relegato nel dimenticatoio. Occorre quindi essere in grado di adattarsi alle nuove esigenze, rispettando però quelle che sono le necessità di preservazione del patrimonio. Il mondo cambia e l’uomo deve cambiare con lui. Al giorno d’oggi, ad esempio, vi sono richieste di mobilità diverse rispetto a un tempo, per cui è logico che in una struttura come Castelgrande sia stato installato – in maniera assolutamente non invasiva – un ascensore per permettere anche a persone con mobilità limitata di accedere alla bellezza del luogo. Insomma, bisogna sapersi adattare ed essere bravi a trovare compromessi, una delle prerogative principali di noi svizzeri, per preservare e al tempo stesso valorizzare un patrimonio. Compatibilmente, va da sé, con la legislazione e le normative nazionali e regionali».
In merito al suo nuovo ruolo di delegato, Wechsler tiene a precisare che «sarò il rappresentante della Svizzera all’Unesco, non un dipendente Unesco. Difenderò gli interessi svizzeri, in stretta collaborazione con i colleghi delle amministrazioni federale e cantonali che si occupano di questi temi. Se dovessero sorgere problemi legati a un determinato dossier, sarà nostro compito fare rete, cercando soluzioni, partner e alleanze. Ad esempio, in ballo ci sono due candidature: la prima è rappresentata dallo jodel ed è ovviamente tutta nostra, ma l’altra riguarda il patrimonio culinario alpino e in quel caso stiamo lavorando a braccetto con Francia, Austria, Italia e Slovenia per consolidare il progetto. È importante costruire alleanze e trovare sostegno, perché chi non fa parte della ristretta cerchia dei Paesi alpini potrebbe chiedersi il motivo per cui la cucina alpina debba entrare a far parte del patrimonio Unesco e a noi sta il compito di spiegarlo. Tra l’altro, la Svizzera è candidata a un posto nel comitato del patrimonio mondiale, quello che decide quali siti o quali tradizioni inserire nella lista. È importante preservare il livello del marchio Unesco e in quanto Svizzera ci atteniamo a questo principio. Ciò significa che non prendiamo in considerazione qualsiasi proposta, ma pretendiamo, diciamo così, un livello da Champions League».
Il lavoro dell’Unesco va al di là di quello che può essere il riconoscimento di siti culturali (i Castelli, il nucleo della città di Berna, l'Abbazia di San Gallo…), naturali (Jungfrau-Aletsch, il Monte San Giorgio…), o misti (la ferrovia retica Albula/Bernina, i terrazzamenti del Lavaux…), ma si occupa anche di scienza e istruzione: «Ad esempio, è attivo in progetti per garantire l'accesso all’educazione in situazioni di conflitto o emergenza, progetti sostenuti dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione. Sul fronte scientifico, il Cern di Ginevra è nato proprio da un’iniziativa dell’Unesco ed è per questo motivo che ne ho fatto una delle tappe del mio Tour de Suisse».
Ad accompagnare Benedikt Wechsler nella sua visita a Castelgrande, anche il sindaco di Bellinzona Mario Branda, il quale ha colto l’occasione per fare il punto sul progetto da oltre 20 milioni di franchi di rivalutazione turistica della Fortezza: «Stiamo viaggiando sul binario giusto. Dal profilo del finanziamento dell’opera, negli ultimi mesi abbiamo avuto diversi incontri con i rappresentanti cantonali e dopo i rallentamenti dovuti alle preoccupazioni di ordine finanziario del governo, siamo giunti a una riformulazione di progetto, budget e tempistica. Attendiamo una risposta del Cantone entro fine mese, per poter licenziare un messaggio, peraltro già pronto, e chiederne l’approvazione da parte del legislativo. Ritengo sia un passo che potremo compiere nel giro dei prossimi mesi, diciamo tra settembre e ottobre».
Per quanto riguarda il contenuto del progetto, «si sta lavorando su un aspetto storico-culturale da una parte e turistico-economico dall’altra. L'obiettivo è di riuscire, tramite la Fortezza, a raccontare in maniera immediata e avvincente la storia del nostro cantone e di riflesso la storia europea. L’idea di fondo è di aprire nuovi spazi attualmente non visitabili o della cui esistenza nessuno è al corrente. L’intervento più importante di tutti è senza dubbio legato alla galleria sotto la murata, all'interno della quale verranno predisposti congegni di realtà aumentata e virtuale, grazie ai quali sarà possibile capire come vivevano, cosa vedevano e cosa immaginavano le persone che gestivano questo avamposto militare. In secondo luogo, verranno riviste, in chiave decisamente più attrattiva, le esposizioni nei musei, per renderle fruibili non soltanto agli esperti del ramo, bensì anche alle famiglie, in modo che tutti possano rendersi conto di come potevano presentarsi Bellinzona e i suoi castelli tra il Dodicesimo e il Quattordicesimo secolo».