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Brissago, la Casa della cultura si apre alla cittadinanza

Dopo 2 anni di lavori, Palazzo Branca Baccalà si presenta nella sua nuova veste di centro ibrido sede di eventi, spazi espositivi e polo di progettualità

In sintesi:
  • Gli interventi allo storico edificio sono stati condotti sotto l'egida dell'Ufficio dei beni cultuali
  • L'investimento complessivo è stato di 3,7 milioni, uno dei quali donato da una benefattrice
7 aprile 2025
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Il prossimo 12 aprile la nuova Casa della Cultura di Brissago aprirà le porte al pubblico, al termine di due anni di accurati e meticolosi lavori di restauro che hanno conferito, allo storico Palazzo Branca Baccalà, un nuovo volto e una nuova dimensione. Si tratta di un tassello importante per l’offerta culturale – e di servizi più in generale – del borgo di confine; un edificio che sarà chiamato a dar prova di vitalità come sede di eventi di vario genere (mostre, ricevimenti, proposte artistiche, conferenze) grazie alla sua versatilità e alle sue innumerevoli e affascinanti stanze, sparse su più piani. Gradevole negli spazi e negli arredi, col suo vasto parco-giardino dovrà essere luogo di aggregazione tutto l’anno. Le potenzialità sicuramente ci sono, mancano al momento ancora gli... inquilini, vale a dire i potenziali usufruitori, perché il suo futuro non si costruisce certo da solo.

Alcuni spazi sono già in uso, ci ha spiegato la sindaca Veronica Marcacci Rossi nella visita guidata concessaci in anteprima. Lo stabile ospita già da anni il Centro diurno anziani e il Museo Ruggero Leoncavallo, dedicato al noto compositore partenopeo e cittadino benemerito. Non mancherà un’elegante sala dei ricevimenti, per momenti istituzionali e la celebrazione di matrimoni. Al pianterreno – particolare curioso – è stata arredata una piccola sala dedicata al Bhutan, il Paese asiatico tanto caro alla benemerita cittadina che ha supportato, con un importo di un milione di franchi, l’investimento complessivo, pari a 3,7 milioni, necessario alla riqualifica dell’immobile. Sempre al pianterreno nel corso dell’autunno vi troverà poi sede anche la Galleria Amici dell’Arte di Brissago, creando così un unicum a livello espositivo.

Favorire la nascita di progetti e sinergie

Ma, come detto, il grande ‘contenitore’ ibrido abbisogna ora di idee e spunti per vivere e reggersi sulle proprie gambe, servono più soggetti in grado di collaborare attivamente con enti pubblici e attori privati nell’ambito della promozione territoriale: «Gli spazi messi a disposizione sono concepiti come ambienti flessibili, aperti a un utilizzo temporaneo e dinamico, pensati per accogliere incontri, laboratori, eventi, mostre e iniziative capaci di generare valore culturale, sociale e relazionale. L’obiettivo è attrarre idee e progetti concreti, favorendo la nascita di sinergie e stimolando collaborazioni tra attori pubblici e privati. Si tratta di un’opportunità per attivare in modo spontaneo e sostenibile lo stabile, attraverso proposte in grado di evolvere nel tempo. L’intento è promuovere la creazione di occasioni significative, in grado di valorizzare appieno il potenziale del luogo e restituirlo alla comunità come spazio vivo, aperto e in continuo movimento». Un progetto che promette di portare nuova vita e vitalità al cuore del comune, un innalzamento complessivo dell’offerta locale circondato dalla tranquillità delle acque lacustri e dalla bellezza del luogo che dovrà, comunque, stare in piedi da solo, senza pesare sul bilancio del Comune.

In occasione dell’apertura, i visitatori potranno immergersi nella realtà della Brissago di un tempo, grazie alla mostra fotografica allestita al pianterreno, curata da Foto Garbani (foto dell’archivio del compianto sindaco Giancarlo Kuchler e dall’archivio Garbani). Per quanto attiene la giornata inaugurale di sabato 12 aprile, la parte ufficiale aprirà l’incontro con la cittadinanza; seguirà il colpo a salve esploso dallo storico cannone e lo standing lunch. Momenti musicali proposti dalla Filarmonica brissaghese e dal gruppo di musica e danza tradizionale tibetana allieteranno l’evento.

La consulenza dell’Ufficio dei Beni culturali

Nella ristrutturazione dello storico palazzo, un ruolo essenziale lo ha svolto l’Ufficio dei beni culturali del Cantone. Diversi, infatti, i vincoli da rispettare imposti dalla Legge sulla protezione dei beni culturali, dal suo Regolamento e da tutta una serie di raccomandazioni federali, emanate attraverso schede specifiche. Determinanti sono soprattutto i “Principi per la tutela dei monumenti storici in Svizzera”, elaborati nel 2007 dalla Commissione federale dei monumenti storici in collaborazione con le varie sovrintendenze, quindi anche con l’Ufficio dei beni culturali. Si tratta di linee guida per la gestione del patrimonio costruito che sono state sviluppate per garantire un’unità di dottrina in Svizzera. «Nel caso specifico di Casa Branca Baccalà – spiega il capo ufficio Endrio Ruggiero – possiamo in effetti parlare di ristrutturazione dato che l’edificio, con il progetto condotto in due tappe dall’architetto Livio Vacchini, aveva subito importanti trasformazioni tra il 1985 e il 2000. Molte superfici si presentavano al grezzo, senza pavimenti e con inserti in calcestruzzo armato, per esempio. Si è quindi dovuto porre la giusta attenzione nel far convivere spazi ed elementi rinnovati con altri antichi, come nella sala decorata verosimilmente dal pittore Giovanni Antonio Caldelli dove il restauro dei dipinti realizzati sulle pareti e sul soffitto ligneo nel Settecento è stato affiancato dalla posa del nuovo pavimento in parquet».

Tra conservazione e ammodernamento

Tra le principali difficoltà nel preservare gli elementi storico-culturali, coniugandoli con i vari scopi di utilità pubblica che avrà l’edificio, vi sono «innanzitutto un possibile conflitto tra gli aspetti legati alla conservazione e le necessità di adeguamento normativo quando l’edificio storico, destinato a un uso pubblico, deve rispettare normative stringenti sulla sicurezza strutturale, sulla prevenzione incendi e in generale sulla sicurezza delle persone, sull’accessibilità alle persone disabili o con difficoltà motorie. Spesso queste legittime esigenze richiedono interventi invasivi che possono incidere sugli elementi architettonici e decorativi. Si tratta di porre delle priorità che tengano in debito conto il valore delle preesistenze e, secondariamente, di studiare dei compromessi che sono sovente una sfida. Nel nostro caso gli interventi più importanti sono stati concentrati in una sala già trasformata spazialmente dall’architetto Vacchini, dove è stato più semplice introdurre elementi tecnici quali il controsoffitto insonorizzante. Queste difficoltà rendono necessario un dialogo costante e un approccio interdisciplinare tra tutti gli attori coinvolti (committenti, progettisti, organi di vigilanza, restauratori, operatori) per garantire un equilibrio tra nuova funzionalità e tutela». Durante i due anni di durata del cantiere, sono emersi dettagli di particolare pregio e valore culturale: «Uno degli elementi di maggior pregio è sicuramente la già ben nota sala con i dipinti attribuiti al Caldelli. Il restauro ha consentito di consolidare e mettere in sicurezza gli strati pittorici del soffitto ligneo, interessato da diffusi distacchi correlati a passate infiltrazioni dell’acqua. Tra le novità di questo intervento possiamo senza dubbio citare il recupero e il restauro completo di tre tele da soffitto ottocentesche, di notevoli dimensioni, rimosse durante l’intervento di Vacchini per riportare alla luce un soffitto ligneo dipinto di epoca precedente. Le tele da lungo tempo erano state dimenticate e malgrado il loro precario stato di conservazione sono state restaurate e ricollocate, per una nuova fruizione, in un locale adiacente».