A Locarno si apre il dibattito sulla dismissione dell'iconica struttura ideata da Vacchini nel '71. L'ex municipale: ‘Patrimonio da tutelare’
«Sorpresa e amarezza». Sono i sentimenti espressi dall’architetto Michele Bardelli, già municipale a Locarno, rispetto alla decisione del Locarno Film Festival di cancellare con un colpo di spugna, già per questa edizione ormai alle porte, un’icona della rassegna: lo schermo di Piazza Grande, ideato 54 anni fa (1971) dall’architetto locarnese Livio Vacchini. Schermo che, unitamente all’altrettanto iconica cabina di proiezione pure ideata dal Vacchini (ma purtroppo recentemente bruciata nella sua nuova ubicazione al Parco Robinson), andrebbero invece tutelati «come patrimonio culturale», aggiungendo che «una manifestazione che promuove la cultura cinematografica dovrebbe tenere conto del valore culturale delle sue strutture più iconiche».
L’ex municipale Bardelli considera la decisione «discutibile» visto che lo schermo «non è solo una struttura iconica del Festival, ma anche un’opera rappresentativa dell’architettura contemporanea svizzera». Come simbolo riconosciuto del Festival, «è un bene collettivo e culturale che non può essere liquidato come un semplice onere finanziario».
La genesi è interessante: «All’inizio degli anni 70, con il Festival in crisi, Vacchini (con Paolo Moro) progettò un allestimento innovativo e potente: uno schermo gigante di 22 x 10 metri, una quinta scenica che chiude la Piazza verso il lago e la cabina di proiezione ricavata da 2 scocche di piscine. Le facciate di Piazza Grande divennero le pareti di una sala cinematografica a cielo aperto, la volta celeste il suo soffitto, l’acciottolato il parterre dove appoggiare le sedie, in un sapiente dialogo tra architettura effimera e spazio urbano». Ebbene, ricorda Bardelli, «il progetto si colloca nel clima di sperimentazione architettonica degli anni 60-70, quando si rifletteva sull’uso dello spazio pubblico. È significativo che, proprio nel 1971, venisse anche annunciato l’esito del concorso per il Centre Pompidou di Parigi, altro esempio di grande struttura tralicciata. In un’intervista a “Il Dovere” nel ’71, Vacchini parlava di “sala all’aperto” come forma di contatto popolare, dove il Festival potesse inserirsi nel cuore della città».
Sul ruolo della rassegna nel corso della sua storia, Bardelli ne riconosce i meriti: «Al contrario di altre manifestazioni di tipo commerciale (basti pensare a “Moon and Stars” e a Winterland) il Locarno Film Festival ha saputo distinguersi proprio per l’armonica e rispettosa integrazione delle sue strutture con il contesto urbano storico. Lo ha fatto anche grazie all’apporto di un altro architetto locarnese, Michele Arnaboldi, autore del padiglione alla Magnolia e dell’ingresso alla Piazza. Queste architetture effimere sono ormai simboli dell’estate locarnese, contribuendo da decenni alla crescita culturale e turistica della regione».
Pertanto, l’auspicio di Bardelli è che prenda avvio un dibattito pubblico, invitando Cda del Festival e autorità «a riflettere sull’opportunità di conservare le strutture progettate da Vacchini e Arnaboldi. Eliminare lo schermo significa dimenticare le radici locarnesi del Festival e privarlo di un elemento identitario profondo. Salvaguardarlo è un dovere verso la storia e la cultura del Ticino».
Interpellato da “laRegione” su questa stessa tematica già a fine maggio, il Ceo del Locarno Film Festival, Raphaël Brunschwig, aveva addotto ragioni essenzialmente logistiche ed economiche, circostanziando che la nuova soluzione «permetterà un montaggio non solo molto più economico (parliamo di un risparmio di oltre la metà rispetto al costo dello scorso anno), ma anche più agile in termini di tempistiche di montaggio, permettendoci di migliorare il coordinamento con “Moon and Stars”». Brunschwig aveva anche parlato di «costi risparmiati in favore della missione culturale del Festival e del mantenimento di alti standard qualitativi e di sicurezza, senza che questo comporti cambiamenti visibili per il pubblico».
Ieri, nuovamente sollecitato a prendere posizione dopo le esternazioni dell’architetto Bardelli, il Ceo ha sottolineato che «la scelta di aprire un nuovo capitolo in continuità ideale con la struttura storica progettata da Livio Vacchini si inserisce organicamente in un processo ciclico di adeguamento delle strutture a disposizione del Festival»; scelta che peraltro «non è stata presa a cuor leggero» ma «è il frutto di una riflessione profonda, che guarda al futuro del Festival e della sua Piazza Grande e che, proprio per la sua importanza, era stata resa pubblica anche in occasione dell’annuale assemblea del Festival».
Alla base della decisione di cambiare vi sono, per il Ceo del Locarno Film Festival, due motivi principali: «Il primo riguarda un cambiamento di prospettiva per rafforzare il futuro. Negli ultimi mesi abbiamo avviato un ragionamento sull’opportunità di spostare leggermente le date del Festival, anticipandole verso la fine di luglio. Questa scelta nasce dalla volontà di rafforzare la posizione di Locarno all’interno dell’industria cinematografica globale, garantendone la centralità per gli anni a venire. Un cambiamento di calendario implica inevitabilmente anche una revisione delle infrastrutture: con tempi di montaggio più stretti e una maggiore necessità di coordinamento con altri eventi cittadini, era necessario pensare a soluzioni più agili, più sicure, e sostenibili sul piano economico. Trattandosi inoltre di struttura “precaria” poiché annualmente viene smontata, immagazzinata e rimontata, è doveroso valutare costantemente l’evoluzione dei materiali e delle tecniche di costruzione, e il loro impatto sui costi e i tempi di lavoro».
Il secondo motivo smentisce il presunto tradimento dell’eredità culturale del Vacchini; si andrebbe piuttosto verso una «evoluzione». A questo proposito Raphaël Brunschwig nota che «nel 1971, con grande intuito, Livio Vacchini trasformò Piazza Grande in una sala cinematografica all’aperto. Uno schermo, una cabina, una cassa: tre elementi fondamentali per far vivere il cinema nel cuore della città. Su questa idea il Locarno Film Festival non ha mai vacillato e non intende farlo ora, né mai. Il nuovo schermo manterrà i tratti estetici essenziali dell’originale, nel rispetto della visione architettonica e simbolica del compianto architetto locarnese». Pertanto, «al contrario di quanto si potrebbe pensare, questa non è una rottura, ma un’evoluzione coerente, necessaria per continuare a far vivere quell’idea con la stessa forza, adattandola ai tempi e alle sfide attuali». I vertici del rassegna si dichiarano inoltre «fin d’ora disponibili a riflettere con la città e con tutti i cittadini interessati su un eventuale utilizzo alternativo, magari permanente, della struttura progettata da Vacchini, per valorizzarla ulteriormente come patrimonio della comunità. Lo facciamo non per dimenticare il passato, ma per onorarlo, e per continuare a offrire un’esperienza unica ai locarnesi, ai ticinesi, e a tutti gli amanti del cinema in Svizzera e nel mondo».