Il grande architetto ticinese scende in campo per il salvataggio della struttura progettata dal collega e amico: ‘Simbolo, anima viva del Festival’
“Allontanare un simbolo equivale a colpire il cuore stesso di Locarno. Auspico un ripensamento e un’assunzione di responsabilità!”. Firmato: Mario Botta. Scendono in campo i giganti, nella querelle che si è aperta a Locarno a margine della dismissione dello schermo di Piazza Grande di Livio Vacchini per favorire una “partnership” con “Moon and Stars”, risparmiare sui costi e abbreviare i tempi di costruzione. Sulle prime si era levata la voce di Michele Bardelli, architetto ed ex municipale di Locarno, che condannava la scelta della Direzione del Film Festival, colpevole secondo lui di non considerare, con i fatti, “un patrimonio” lo schermo ideato dal Vacchini nel ’71 per trasformare Piazza Grande in un grande cinema all’aperto. Bardelli parlava di “una struttura iconica del Festival, ma anche un’opera rappresentativa dell’architettura contemporanea svizzera; un bene collettivo e culturale che non può essere liquidato come un semplice onere finanziario”. E auspicava l’avvio di un dibattito pubblico che poi, rapidamente, si è in effetti sviluppato.
È successo anche grazie a Eloisa Vacchini, architetto e figlia di Livio. In un’intervista rilasciata a ‘laRegione’ l’erede del grande architetto locarnese si diceva stupita dal fatto che i vertici del Festival, pensionando lo schermo ideato da suo padre, non si rendessero conto del male che starebbero facendo alla rassegna. Questo poiché il Festival ha bisogno di simboli (la Piazza, lo schermo di Vacchini, il modello di cabina di proiezione) che attirano il pubblico prima ancora del cartellone. Eloisa Vacchini sottolineava l’aspetto culturale della svolta operata lasciando spazio a una struttura qualsiasi, ricordava il fatto che lo schermo del papà è simbolico a tal punto da essere finito sulle banconote da 20 franchi e si diceva pronta a partecipare in prima persona a un’azione di protesta su larga scala che starebbe per partire dal Locarnese penetrando nel mondo artistico e culturale.
Ora, sul tavolo piomba l’asso di cuori. Ce lo mette l’architetto ticinese per antonomasia, Mario Botta, interprete del valore intrinseco dell’architettura sul territorio di riferimento, nonché amico, oltre che collega, del Vacchini. In una laconica ma chiarissima presa di posizione il grande architetto tiene a esprimere la sua “profonda preoccupazione per una scelta che ritengo non solo infelice, ma lesiva per l’identità culturale della città”. Per Botta, “far spazio a una anonima struttura polifunzionale” come quella che “Moon and Stars” trasformerà da palco per i concerti a schermo per il cinema è un gesto che “rappresenta uno sfregio alla memoria collettiva e all’immagine internazionale di Locarno”. Infatti, “quel grande schermo non è solo un elemento tecnico: è divenuto un simbolo, un segno urbano, un’anima viva del Film Festival in Piazza Grande”.
Botta si espone dunque con grande chiarezza e lo fa in una lettera inviata al Municipio di Locarno, al Cda del Festival, allo Studio Vacchini architetti e al nostro giornale. L’auspicio, come accennato, è quello di “un ripensamento”, unitamente a “un’assunzione di responsabilità” da parte di chi ha deciso di cambiare.
E neppure ha perso tempo la politica, che con Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini, dell’Mps, ha prodotto un’interrogazione al Consiglio di Stato che va proprio a bomba nel cuore del problema: “Il Festival di Locarno cancella il simbolo di Piazza Grande a Locarno”.
Secondo i due esponenti dell’Mps la vicenda è in qualche modo l’emblema di una deriva della gestione, ora “ispirata al ‘modello Roche’ voluto dall’azionista Roche e presidente del Festival, Maja Hoffmann”. Criticità che “la stragrande maggioranza del parlamento ha scelto di non affrontare, respingendo la proposta dell’Mps di adottare, in occasione della seduta di giugno, una procedura che avrebbe permesso il dibattito pubblico in sostituzione della procedura scritta”. Così facendo, “senza alcuna discussione sulle problematiche legate alla nuova gestione, alle sue prospettive e al rapporto con la realtà culturale ed economica del cantone, è stato approvato un nuovo credito quadro per il Festival (oltre 17 milioni di franchi) senza alcuna opposizione”. In questo contesto “l’eliminazione dello storico e iconico schermo progettato dall’architetto Livio Vacchini è solo l’ultimo, significativo episodio di una serie di decisioni che stanno modificando radicalmente la natura stessa della manifestazione”, scrivono Sergi e Pronzini. I quali, ricordando le motivazioni addotte dal Ceo della rassegna, Raphaël Brunschwig (fra cui la necessità di anticipare le date “per rafforzare la posizione di Locarno all’interno dell’industria cinematografica globale, garantendone la centralità per gli anni a venire”), esprimono alcuni dubbi, suffragati dai dati forniti a fine edizione 2024 sia dalla Direzione, sia dal responsabile di Locarno Pro, Markus Duffner. Questi aveva espresso “estrema soddisfazione non solo per il significativo aumento dei numeri, che dimostra come sempre più professionisti trovino la loro strada per Locarno, ma anche per l’entusiasmo e la fedeltà dei nostri partecipanti e partner”.
Alla luce di questi dati, considerano, “non si comprende il reale motivo dello spostamento delle date del Festival, se non per favorire una sinergia con la manifestazione ‘Moon and Stars’ e colmare il ‘vuoto’ temporale tra i due eventi”. Riguardo poi alle attività di montaggio e smontaggio delle strutture condivise fra “Moon and Stars” e Festival, “è evidente che queste attività – da sempre affidate ad aziende artigianali locali – stanno ora migrando altrove, con conseguenze negative sia sul piano economico che su quello della sostenibilità del Festival”. Insomma, “questa vicenda non solleva solo importanti questioni di natura culturale, ma evidenzia anche problematiche di fondo relative all’organizzazione e alla governance del Festival”.
Seguono alcune domande al governo. La prima è volta a sapere quale sia la posizione del Consiglio di Stato in merito alla decisione di rinunciare allo schermo-simbolo del Vacchini e se non ritenga, il governo stesso, “al di là dei tempi di risposta a questa interrogazione, di dover prendere posizione con urgenza e invitare la direzione del Festival a soprassedere a questa decisione, in attesa di ridiscutere la questione”. L’Mps chiede poi chi ha deciso, quali sono esattamente i rapporti con “Moon and Stars”, di chi è la nuova struttura (e nel caso in cui fosse di proprietà del Festival, chi è stato il committente e se c’è stato concorso pubblico), dove è stata realizzata, “dove hanno sede le aziende artigianali incaricate dell’allestimento, dello smontaggio e del successivo rimontaggio”, e se non ritenga opportuno, il governo cantonale, “intervenire presso la Città di Locarno, segnalando che il crescente legame tra ‘Moon and Stars’ e il Festival potrebbe compromettere l’opportunità di lanciare una pubblica manifestazione d’interesse per il rinnovo, nel 2026, del mandato per la gestione degli eventi in Piazza Grande e nelle zone limitrofe”.