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L'ex costruttore: ‘Volendo, lo schermo durerebbe altri 40 anni’

Smontati i motivi addotti dal Film Festival per dismettere la struttura progettata da Livio Vacchini. Intanto, la petizione vola sempre più in alto

L’incontro di ieri
(Ti-Press)
8 agosto 2025
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«Lo ripetiamo per l’ennesima volta: la nostra non è una polemica, ma piuttosto un tentativo di dare una mano al Festival a non perdere la qualità e l’eccellenza che ha sempre avuto, inserendosi nel tessuto cittadino con architetture particolari».

È la premessa con cui Michele Bardelli, architetto ed ex municipale di Locarno, ha introdotto stamattina di fronte alla stampa internazionale – in città per il Festival – la petizione “Locarno: don’t touch the screen!”, lanciata un mesetto fa e capace di raccogliere (dato di ieri mattina) oltre 7’500 firme online, cui si aggiungeranno ancora quelle che arriveranno da qui al 16 agosto. Dopodiché, il malloppo andrà in doppia copia al Locarno Film Festival – rappresentato oggi dal vicepresidente Luigi Pedrazzini e dal direttore del Dipartimento operativo Mattia De-Sassi – e al Municipio di Locarno.

L’obiettivo, com’è noto, è sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei simboli per Locarno e per la rassegna e spingere i suoi vertici a fare un passo indietro rispetto alla scelta, operata e concretizzata quest’anno, di dismettere la struttura in tubolari metallici progettata dall’architetto locarnese Livio Vacchini per sostenere il maxischermo di Piazza Grande (e, in aggiunta, salvare la Magnolia di Michele Arnaboldi in Largo Zorzi e ripristinare il “diamante” che sorregge la cabina di proiezione, “saltato” quest’anno nel giro di una mattinata per motivi non chiariti, che lo stesso Luigi Pedrazzini ha bollato come “un errore”).

Fra i nuovi ‘padrini’ Sergio Castellitto

Bardelli ha annunciato che per ampliare ulteriormente il respiro dell’iniziativa si è rafforzato il fronte dei primi firmatari, che da 20 iniziali (fra cui Mario Botta, Marco Müller, Silvio Soldini, Michael Beltrami, Patricia Boillat, Elena Gugliuzza e altre personalità del mondo cinematografico, dell’arte e dell’architettura) sono diventati 50. Meritano di essere segnalati, per la loro notorietà, Sergio Castellitto, Saverio Costanzo, Marco Tullio Giordana, Domenico Procacci e Samir.

Riferendosi ai simboli, Bardelli ha parlato di «valori fondanti del Festival» e, portandola sul piano economico (così come fatto dal Festival per giustificare il cambiamento) si è chiesto che differenza possa fare un risparmio di 150mila franchi (che in realtà sarebbero di meno), visto che corrisponde allo 0,85% del budget annuale di circa 17 milioni di franchi. Neppure sulla tempistica vi sarebbe stato un guadagno, il che andrebbe a inficiare la teoria secondo cui, volendo anticipare il Festival, è inevitabile che una struttura nuova come quella a noleggio di quest’anno debba per forza venire condivisa da “Moon&Stars” per i suoi concerti e, opportunamente trasformata, dal Film Festival in seguito.

Lo storico costruttore: ‘Macché obsoleta!’

Di particolare interesse, riguardo a tutti questi punti, l’intervento di Marco Franscella, titolare dell’impresa di metalcostruzione di Minusio che per 24 anni si è occupata del montaggio della struttura metallica per lo schermo e delle cabine di proiezione. Franscella ha innanzitutto puntualizzato che «la struttura non è assolutamente obsoleta, come invece ho letto da qualche parte. Tecnicamente e staticamente è perfetta e ancora lo sarà per 30 o 40 anni. Grazie alla sua solidità, non ha subito danneggiamenti, neppure a causa di particolari sollecitazioni degli agenti atmosferici». Poi, sulle tempistiche di posa, «con la nuova soluzione non è stato guadagnato neanche un giorno, anzi, semmai ne sono stati persi, oltretutto con un risultato tecnico ed estetico veramente di basso lignaggio; e lo dico senza paura». Infine, Franscella ha appunto smentito anche la teoria del risparmio: «Nel nostro contratto (parlo di “nostro” perché eravamo un gruppo di ditte locarnesi, e anche qui ci sarebbe da aprire un capitolo) figuravano 20mila franchi di sponsorizzazione tecnica, che vanno dunque tolti e diminuiscono il costo effettivo a 130mila franchi».

‘Si può cambiare, ma ci vuole criterio’

Fra le prime firmatarie della petizione vi sono, come accennato, Patricia Boillat ed Elena Gugliuzza, che per decenni, come “cinema designer”, hanno operato in seno al Festival e sono state le due anime del settore “Immagine e suono”. In quell’ambito hanno sviluppato quello che è stato definito “l’ecosistema della Piazza” in relazione al suo ruolo di grande cinema all’aperto. Boillat ha ricordato un elemento importante: cambiare si può sempre, ma va fatto con criterio; cosa che in effetti, nel corso degli anni, è avvenuto sia con la struttura dello schermo – che è stata adattata, pur rimanendo fedele all’originale essendone una sua naturale estensione – sia con la cabina di proiezione (la “Blackbox”), progettata dallo stesso Vacchini partendo da due piscine incollate insieme, e in seguito adattata/ricreata a due riprese, anche in questo caso ricalcando l’iconico disegno originale.

Alle voci critiche levatesi ieri durante l’incontro se ne sono aggiunte tre, ma provenienti da un altro fronte. Lorenzo Morettini, tecnico ancor oggi attivo per il Festival, ha precisato che nonostante il cambiamento della struttura che sostiene lo schermo, l’apparato tecnico è rimasto invariato e per il pubblico della Piazza nulla cambia (Gugliuzza, che ne è stata lungamente la responsabile, ha prima conciliato, poi detto fra i denti che ora c’è un’eco che prima non c’era); Ludovica Molo, architetta che si sta occupando del progetto di riqualifica degli spazi pubblici del centro urbano di Locarno “La Nouvelle Belle Époque”, ha invitato a considerare che le strutture del Festival sono state pensate come effimere, che è giusto provare a salvaguardarle, ma lo è altrettanto adeguarsi nel caso ci si accorga che non è più possibile farlo, magari pensando a un riuso; e Francesco Buzzi, architetto, che si è chiesto dov’erano tutti i protestatari quando altre opere di Vacchini venivano “attaccate” (ma in particolare riguardo alla Posta, Bardelli gli ha ricordato che una levata di scudi anche politica aveva impedito che si facessero danni).

Anche se Vacchini, nel 2003...

Buzzi ha inoltre messo l’accento su un ricorso storico importante: nel 2003 Vacchini stesso, unitamente alla figlia Eloisa Vacchini, a Luigi Snozzi, Mauro Vanetti e Fabio Giacomazzi, andò in Municipio sostenendo in sostanza che era giunto il momento di cambiare: non più la Piazza Grande come sala cinematografica per il Festival (“perché la Piazza scoppia ed è diventata un deposito”, disse), ma il lago, con una nuova costruzione e prima ancora una nuova concezione pianificatoria. Un’ipotesi suggestiva e, per Locarno, rivoluzionaria. Ci torneremo più diffusamente su una delle prossime edizioni.