Locarnese

Dal Patto di Locarno al sostegno del popolo saharawi

Nel giorno della commemorazione del centenario, partirà un appello al Consiglio federale per la situazione nel Sahara occidentale

Il palazzo dove furono discussi i trattati internazionali di Locarno
(Ti-Press)
2 ottobre 2025
|

Il 4 ottobre 2025 si terrà la commemorazione del centesimo anniversario dei Trattati internazionali di Locarno, firmati da sette Stati europei che si erano prefissi l'obiettivo d’instaurare un clima di pace e sicurezza, per consentire la ricostruzione politica ed economica in Europa. La rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti e la promozione della pace erano all'origine del cosiddetto "spirito di Locarno", uno spirito di solidarietà e collaborazione.

Ed è proprio in questo spirito che i Comitati svizzeri di sostegno al popolo saharawi, “estremamente preoccupati per l'evoluzione della situazione nei territori illegalmente e militarmente occupati del Sahara occidentale dal Regno del Marocco”, lanciano un appello al Consiglio federale.

‘Demolizioni di case, distruzione del patrimonio culturale saharawi e discriminazioni sistematiche nei territori occupati’

“Le forze di occupazione marocchine hanno recentemente effettuato operazioni di distruzione di case e confisca di terre appartenenti a militanti saharawi difensori dei diritti umani e alle loro famiglie che vivono nel territorio occupato del Sahara occidentale – si legge in una nota stampa dei Comitati svizzeri di sostegno al popolo saharawi (si firmano Lucia Tramèr, co-presidente Csr, ed Elisabeth Bäschlin, presidente Suksi) –. In particolare, il 22 aprile 2025, diverse abitazioni sono state distrutte con bulldozer nella zona conosciuta come Zmilat El Ghazlane a Tadjakoust (a est dell'aeroporto di Laayoune occupata). Queste distruzioni e confische si iscrivono nella continuità di una politica sistematica di distruzione e appropriazione illegale della proprietà privata saharawi da parte della potenza occupante. Distruggendo le case, il Regno del Marocco viola, in particolare, l'articolo 53 della Quarta Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, che ‘vieta alla Potenza occupante di distruggere beni mobili o immobili, appartenenti individualmente o collettivamente a privati’. Queste azioni costituiscono una forma di espulsione forzata, un atto proibito dal diritto internazionale”.

‘Continue violazioni contro i difensori dei diritti umani nel territorio occupato del Sahara Occidentale’

Il 20 settembre scorso, quattro relatrici speciali dell'Onu, in particolare Mary Lawlor, relatrice speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani, Irene Khan, relatrice speciale sulla libertà di opinione e di espressione, Tlaleng Mofokeng, relatrice speciale sul diritto alla salute, e Margaret Satterthwaite, relatrice speciale sull'indipendenza dei giudici e avvocati, hanno dichiarato di essere "profondamente preoccupate" per le continue violazioni contro i difensori saharawi dei diritti umani, in particolare per il prigioniero politico Al-Hussein Al-Bashir Ibrahim (detto El Hussein Amaadour) e sua sorella, l'attivista Soukaina Amaadour. “Le relatrici hanno ricordato al Regno del Marocco il rispetto del Patto internazionale sui diritti civili e politici (Pidcp), ratificato da Rabat nel 1979, che vieta la tortura e i trattamenti inumani (articolo 7), impone un trattamento dignitoso dei detenuti (articolo 10), garantisce il diritto alla salute (articolo 12) e protegge la libertà di espressione (articolo 19). Hanno anche ricordato il rispetto delle Norme minime Onu per il trattamento dei detenuti (Regole Nelson Mandela), che prescrivono un'adeguata assistenza medica, la vicinanza alle famiglie e perquisizioni rispettose della dignità umana. Questa comunicazione si aggiunge alle precedenti denunce dell'Onu contro le pratiche repressive del Marocco: nel giugno 2023, otto Procedure Speciali delle Nazioni Unite avevano condannato le demolizioni di abitazioni, la distruzione del patrimonio culturale saharawi e le discriminazioni sistematiche nei territori occupati”.

L'appello al Consiglio federale e alla presidente Karin Keller-Sutter

Ecco, infine, il testo dell'appello che verrà inviato al Consiglio federale e alla presidente Karin Keller-Sutter: “Secondo l'art. 54 della nostra Costituzione federale, la politica estera ha ricevuto il mandato, in particolare di promuovere il rispetto dei diritti umani e la coesistenza pacifica dei popoli, nonché quello di preservare le risorse naturali. Ne consegue che la promozione della pace e dei diritti umani rappresenta una priorità della politica estera svizzera. Ed è proprio a partire da questa specificità del nostro Paese che i Comitati svizzeri di sostegno al popolo saharawi Le indirizzano questo appello. Ricordando che dal 2020 è scoppiato di nuovo il conflitto armato tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, legittimo e unico rappresentante del popolo saharawi, sapendo che uno dei pilastri della politica estera del nostro Paese è sempre stata la promozione della pace e della sicurezza e che la Svizzera è lo stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, in questo giorno di commemorazione di un evento, la cui origine fu la volontà politica di rinunciare alle guerre e di risolvere i conflitti con la promozione della pace, chiediamo di intervenire presso il Regno del Marocco, affinché rispetti le norme del diritto internazionale umanitario e ponga fine alla politica di punizione collettiva contro il popolo saharawi; l’apertura di un'inchiesta internazionale sulle distruzioni, le confische di terre e sui gravi attacchi contro la popolazione saharawi interessata; di sostenere con insistenza, presso il governo marocchino, le richieste del Cicr per permettergli di visitare i prigionieri saharawi detenuti nelle carceri del Regno; e di rivedere qualsiasi sostegno della Svizzera nella promozione degli scambi commerciali con il Regno del Marocco, fintantoché il Regno non rispetta i diritti umani dei saharawi e ciò secondo le raccomandazioni delle istanze dell'Onu, in particolare del Consiglio dei diritti dell'uomo”.