laR+ Luganese

Chiusa l’istruttoria nella disputa tra Casinò ed ex Ad

Si tornerà in aula nel 2026 per il processo tra la società di gestione della casa da gioco di Campione d’Italia e Marco Ambrosini

Sentenza prevista nel 2026
(Ti-Press)
20 febbraio 2025
|

Nella disputa, combattuta a colpi di carte bollate, tra la società di gestione del Casinò di Campione d'Italia e il suo ex amministratore delegato (ad) Marco Ambrosini (carica ricoperta sino al 2 marzo 2023, giorno in cui gli era stata revocata da Roberto Canesi, sindaco dell'enclave, in qualità di socio unico della casa da gioco dell'enclave) ci sono alcune centinaia di migliaia di euro. Premessa per i due opposti procedimenti civilistici che i giudici del Tribunale civile di Milano hanno unificato. L'altroieri dopo numerose sedute si è chiusa l'istruttoria processuale. Si torna in aula fra poco meno di un anno, nel gennaio 2026, per la sentenza, alla quale appare scontato che una delle parti, o forse entrambe, ricorreranno in appello.

I due opposti procedimenti vedono la Casinò Campione d'Italia S.p.A. opporsi al decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Milano dispone a favore di Ambrosini il pagamento di 61’760 euro, oltre a interessi e spese legali, come “compenso per il mese di marzo 2023 e come premio di produzione per l'anno 2022”. Sul versante opposto, la società di gestione del Casinò di Campione d'Italia chiede ad Ambrosini (che ha avuto un ruolo importante nella riapertura della casa da gioco), la restituzione degli emolumenti percepiti, ovvero 218’582 euro, “quale consigliere ex amministratore delegato del Casinò a decorrere dalla data di collocamento in pensione‘’, motivo per cui è stato messo alla porta, così come prevede il decreto Madia del 2012, che non prevede compensi per i pensionati che ricoprono ruoli dirigenziali in società pubbliche. Ambrosini – che dallo scorso anno è presidente di una importante società di Regione Lombardia e prima ancora consulente del sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega del digitale Alessio Butti – non ne vuole sapere di restituire gli oltre 200mila euro.