Interpellanza chiede spiegazioni al Municipio di Lugano in merito all’ampio dispiegamento di misure di controllo durante il recente evento al parco
“Quali sono le motivazioni specifiche che hanno portato la Polizia cittadina a installare un numero così elevato di videocamere per l’evento in questione? Quanti dispositivi di sorveglianza sono stati effettivamente installati e per quanto tempo sono rimasti attivi? Le immagini raccolte sono state archiviate? Chi ha avuto accesso a queste immagini, per quanto tempo e con quali garanzie per la privacy? A chi è stata affidata e che costi ha generato l’installazione dell’impianto di sorveglianza?”. Queste sono le prime domande dell’interpellanza presentata dai consiglieri comunali di Lugano Danilo Baratti (Verdi e indipendenti) e Nina Pusterla (La Sinistra) al Municipio “in merito alla massiccia presenza di videocamere di sorveglianza durante la Festa di Primavera svoltasi il 10 maggio scorso al Parco del Tassino. Si tratta di un momento di aggregazione, socialità e cultura, senza scopo di lucro, che si svolge spontaneamente in questo luogo ormai da diversi decenni”, sottolineano i firmatari dell’atto parlamentare.
Stando al resoconto dei due consiglieri comunali, “l’evento è stato organizzato da un gruppo di operatori e volontari del luogo, che ha inoltrato una richiesta alle autorità, ottenendo un permesso corredato da un elenco di sette pagine di prescrizioni da rispettare”, nelle quali non si faceva cenno alla videosorveglianza. Agli organizzatori è stato richiesto “di farsi carico di numerosi costi per parcheggi, servizi, misure di sicurezza privata e di attenersi a norme particolarmente restrittive sul volume e gli orari della musica. Nonostante il rispetto di tali condizioni (a nostro modo di vedere eccessive), gli organizzatori e le persone che hanno partecipato al momento di aggregazione si sono trovate a celebrare l’evento sotto numerose videocamere di sorveglianza installate su alberi e pali della luce nel parco”, si legge nell’atto parlamentare. Videocamere che però non erano presenti nel parco durante i sopralluoghi con gli organizzatori dell’evento e l’amministrazione cittadina pochi giorni prima dell’evento.
Non solo. Baratti e Pusterla ritengono che “tale dispiegamento di misure di controllo possa essere interpretato come un segno di sfiducia nei confronti delle giovani generazioni, una forma di pressione psicologica e un potenziale disincentivo a future iniziative dal basso, che invece meriterebbero attenzione, accompagnamento e fiducia”. Perciò formulano altre domande all’Esecutivo cittadino: “Risponde al vero che la Polizia cittadina ha inviato agenti in borghese alla festa per compiere riprese video supplementari di chi partecipava alla festa? Se sì, perché questi agenti hanno nascosto il loro ruolo/identità e il reale motivo delle riprese effettuate? Quanti erano gli agenti dispiegati durante la sera? Quanti in borghese? Le immagini raccolte sono state archiviate? Gli organizzatori dell’evento sono stati informati preventivamente della presenza delle videocamere e di agenti in borghese? Misure simili sono state adottate anche in occasione di altri eventi pubblici comparabili? Se sì, quali e con quali criteri? Non ritiene il Municipio che questo tipo di sorveglianza massiccia rischia di creare un clima di sfiducia e scoraggiamento tra le persone che si impegnano a creare momenti di aggregazione positiva? Come si concilia questo approccio con la visione di una Città che si proclama ‘vicina ai giovani, attenta alle loro esigenze e promotrice della partecipazione’? Come valuta la Città la distanza fra proclami e pratiche?”.
Inoltre, i due consiglieri comunali richiamano lo spirito della mozione intitolata “Lugano non è (ancora) una città per i giovani. Rendiamo Lugano più a misura dei giovani con un Piano dell’offerta giovanile”, parzialmente accolta, con voto unanime dal Consiglio comunale nel giugno scorso. Una mozione che ha incaricato il Municipio di licenziare un credito per l’elaborazione di un Piano dell’offerta giovanile durante il tempo libero e di impegnarsi a elaborare e aggiornare periodicamente (almeno una volta per legislatura) tale piano in collaborazione con i giovani stessi, secondo le modalità ritenute più opportune. Baratti e Pusterla temono che “l’ampio dispiegamento di misure di controllo possa essere interpretato come un segno di sfiducia nei confronti delle giovani generazioni, una forma di pressione psicologica e un potenziale disincentivo a future iniziative dal basso, che invece meriterebbero attenzione, accompagnamento e fiducia”.