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Dubbi sulle firme false: nipote prosciolto

Zone d'ombra a favore degli imputati che evitano condanne penali da parte della Corte delle Assise criminali di Lugano. Il patrimonio resta al 53enne

La sentenza di prima istanza è sfavorevole all’anziano zio
(Ti-Press)
4 giugno 2025
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Troppe incertezze per giungere a una condanna dell’avvocato 53enne di nazionalità italiana, nipote dello zio 92enne che lo denunciò per essersi appropriato indebitamente di una lauta donazione del valore di una settantina di milioni. Le numerose zone d’ombra hanno impedito alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Paolo Bordoli (giudici a latere Chiara Ferroni e Renata Loss Campana) di maturare il convincimento della colpevolezza dell’imputato principale. Il giudice ha prosciolto dalle accuse principali anche il secondo imputato, un 57enne ticinese, al quale è stata tuttavia inflitta una penale pecuniaria per aver falsificato il bilancio e il conto economico. Entrambi saranno risarciti dalla Stato a titolo di indennizzo: il più giovane riceverà 71mila franchi, l’altro 52mila.

Prevale il principio ‘in dubio pro reo’

La sentenza giunge dopo un processo celebrato la settimana scorsa sull’arco di tre giorni. A far crollare l’impianto accusatorio è stato il principio ‘in dubio pro reo’. Alle stesso modo, le richieste di pena formulate dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti, che aveva prospettato 36 mesi di detenzione, dei quali sei da espiare, non hanno potuto essere recepite dalla Corte. Il giudice ha sottolineato che toccava all’Accusa dimostrare che non ci fosse stata alcuna donazione da parte dello zio al nipote. Bordoli è giunto a questa conclusione, nonostante «non si possa escludere che vi sia stata una donazione». Nel procedimento non sono emerse prove concrete che il 53enne si fosse in effetti impossessato dell’ampio patrimonio dello zio. Il caso è stato rinviato al foro civile. Non hanno nascosto la propria delusione e valuteranno una eventuale dichiarazione di ricorso i legali dell’accusatore privato (lo zio 92enne), gli avvocati Giampiero Berra e Marco Scarvaglieri, che hanno presentato pretese civili per 21 milioni e 232mila euro e 459mila franchi. Il 53enne italiano, invece, tira un sospiro di sollievo: una condanna avrebbe potuto mettere a rischio la sua iscrizione all’ordine degli avvocati in Italia.

Accuse non dimostrate a sufficienza

Insomma, dal profilo penale le accuse non sono state dimostrate. Non c’è stato modo di provare la falsificazione della firma dello zio, che ha reso possibile il passaggio delle azioni di due società e un patrimonio stimato in circa 70 milioni di euro al nipote. D’altro canto, il caso è arrivato in aula penale quasi 15 anni dopo la firma contestata, che risale all’8 giugno 2010, e sei anni dopo la denuncia inoltrata dall’anziano. Come emerso nel corso del dibattimento, i tempi si sono allungati anche a causa di un percorso tribolato. Sì, perché la prima perizia giudiziaria ha indicato che la firma era autentica, pertanto il Ministero pubblico ha optato per un decreto d’abbandono del procedimento. Tuttavia, dopo che i legali del 92enne hanno presentato, con successo, un reclamo alla Corte dei reclami penali, il successivo esame calligrafico ha concluso che la firma era stata contraffatta. In virtù del principio ‘in dubio pro duriore’, la Procura ha dovuto rinviare a giudizio i due imputati di fronte a una Corte delle Assise criminali.

L’anziano ha sempre dichiarato «di non aver mai avuto intenzione di cedere tutti i suoi beni, ma solo affidarli al nipote». Il 92enne lo ha ribadito anche in aula penale la settimana scorsa: gli ha fatto eco la procuratrice, secondo la quale, non c’era la volontà di donare i suoi beni ma di lasciare in gestione il patrimonio che, come indicato nel testamento, prima o poi sarebbe comunque finito nelle mani del nipote e dei suoi fratelli. La denuncia ha inizialmente interessato solo il 57enne per appropriazione indebita relativa alla vendita di un immobile di Lugano e il mancato versamento del guadagno, poi le indagini si sono allargate al nipote. D’altra parte, i due imputati hanno sempre negato ogni addebito.

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