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‘Un gancio violento’ che vale sei anni di carcere

La Corte ha condannato il 26enne per tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale e ha riconosciuto il suo ‘sincero pentimento’

In sintesi:
  • I fatti sono avvenuti davanti alla discoteca Blu Martini di Lugano nel novembre scorso
Per la Corte i fatti sono chiari
(Ti-Press)
25 giugno 2025
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«Ha dimostrato una brutalità fuori dal comune con un gesto vigliacco. L’atteggiamento è stato quello di una persona arrabbiata, su di giri a causa dell’adrenalina e del consumo di cocaina e alcol». Secondo il presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano, Amos Pagnamenta, non ci sono attenuanti per il gesto compiuto dal 26enne davanti alla discoteca Blu Martini di Lugano, nel novembre scorso. In quell’occasione, il giovane italiano – condannato a sei anni di carcere e a sette di espulsione per tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti – aveva mandato in coma un ragazzo di 21 anni con un gancio destro: un colpo sferrato con lo slancio della spalla, tipico della nobile arte, disciplina che il condannato conosce bene, in quanto l’ha insegnata in una palestra del Luganese.

Altro che ‘paciere’

Quella notte, l’imputato era intervenuto a supporto della sicurezza del locale per allontanare un suo conoscente, in evidente stato di ebbrezza e non ammesso all’ingresso. Tuttavia, alcuni amici di quest’ultimo sono intervenuti. L’aggressore ha inizialmente spintonato uno di loro – il 21enne – ricevendo in risposta un pugno al volto. Il giovane si è poi dato immediatamente alla fuga. Come emerso dai filmati delle telecamere della città, il 26enne lo ha rincorso e gli ha sferrato il colpo fatale.

«I fatti non si prestano a disquisizioni perché confermati dai presenti – ha dichiarato Pagnamenta –. Chi vuole fare da paciere non lo fa mettendo le mani addosso» e, in particolare, quel colpo «è stato sferrato deliberatamente da una persona abituata a tirare pugni anche in situazioni dinamiche come succede anche durante un incontro». Per il giudice, dunque, non può essere accolta la tesi difensiva dell’avvocato Tommaso Manicone, secondo cui l’imputato sarebbe stato sbilanciato e incapace di valutare la direzione del colpo.

La Corte ha inoltre sottolineato che il condannato è «un pugile di grande esperienza e pienamente cosciente e consapevole che un colpo ben assestato può far crollare un avversario».

‘Si è subito pentito’

Se da un lato quel gesto è stato considerato di «una violenza impressionante, perpetrata ai danni di una persona indifesa e impossibilitata a reagire», gli attimi successivi hanno «dimostrato un sincero pentimento» da parte del 26enne. Infatti, non appena la vittima è caduta a terra, il giovane pugile ha tentato di soccorrerla.

Questo atteggiamento, secondo la Corte, si è riscontrato anche durante la carcerazione preventiva, periodo nel quale l’imputato «ha scritto una lettera di scuse, riconosciuto le richieste civili e versato una somma di denaro alla famiglia della vittima, compatibilmente con le sue possibilità economiche». Considerando anche altri episodi simili accaduti in Ticino – come la rissa alla Rotonda di Locarno – la Corte ha giudicato «fuori scala» la pena di 13 anni richiesta dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri. Accettata parzialmente la richiesta di danno morale del patrocinatore della famiglia della vittima Giuseppe Gianella: sono stati riconosciuti 40mila franchi ciascuno ai genitori e 20mila alla sorella.

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