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Violenza gratuita? ‘Il mio assistito non è un mostro’

Contesta la ricostruzione dei fatti dell'Accusa Stefano Stillitano, avvocato del giovane accusato di sequestro di persona, rapimento e tentato omicidio

Secondo il suo avvocato, il 22enne non ha picchiato per uccidere
(Ti-Press/Archivio)
15 settembre 2025
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«Il mio assistito non è un mostro»: Stefano Stillitano, avvocato del 22enne, ha preso atto con amarezza del quadro fornito dal procuratore pubblico Simone Barca e dell’accusatrice privata Sandra Xavier. Un quadro che non rispecchia l’imputato, che sta solo cercando di migliorare. Nell’arringa il legale del giovane accusato di rapimento, sequestro di persona, rissa e tentato omicidio ha contestato in parte la ricostruzione dei fatti fornita dall’Accusa e ha chiesto alla Corte una pena non superiore ai cinque anni e mezzo di reclusione nei confronti dell’imputato. La sentenza è annunciata per domani alle 16.

Vissuto travagliato e famiglia assente

Dal canto suo, al termine del dibattimento odierno, il giovane ha chiesto scusa con tutto se stesso alle vittime e alle loro famiglie per i danni fisici e psicologici che ha provocato. In precedenza il suo avvocato ha ricostruito il passato travagliato del 22enne, che è stato lasciato solo dalla sua famiglia e ha cominciato a consumare droga all’età di 15 anni. Non aveva ancora compiuto 18 anni quando venne condannato la prima volta dalla magistratura dei minorenni e rimase detenuto per dodici giorni. Poi intervenne l'Autorità regionale di protezione che, nel tentativo di recuperarlo dagli stupefacenti, lo spinse ad accettare di vivere in una comunità, dove constatano che aveva pensieri suicidari e assumeva comportamenti autolesionistici. Uscito dalla comunità, ha continuato il suo avvocato, il 22enne ha smesso di drogarsi ma si è rifugiato in amicizie malsane e nel ‘branco’, che ha avuto un ruolo fondamentale nei reati che ha commesso.

Non è più lo stesso di due anni fa

L’avvocato Stefano Stillitano ha cercato di mitigare il quadro fornito dal pp e dall’accusatrice privata: «Il mio assistito non è un mostro, è qui per pagare e per assumersi le proprie responsabilità dovremmo essere tutti felici dei passi avanti compiuti dal 22enne. Non può essere giudicato più severamente degli altri correi nel rapimento, sequestro di persona e nelle botte date alla vittima. Il progetto criminale non è stato ideato da lui. Ha raccontato episodi che i suoi correi non hanno detto agli inquirenti». Questo rispetto alla spedizione punitiva tra Figino e Vezia. Non solo. L’avvocato ha fornito un’altra versione dei fatti avvenuti nella notte tra il 6 e il 7 luglio dell'anno scorso fuori dalla discoteca di Lugano. Secondo Stefano Stillitano, la vittima ha rilasciato dichiarazioni inattendibili: è stato lui quella notte a provocare la rissa. Il giovane non è più la stessa persona di due anni fa e dell'anno scorso, ha rilevato il suo legale.

Non ha colpito la vittima per ucciderla

Intanto, il suo assistito è intervenuto nel tafferuglio solo a difesa del suo amico che era tenuto per il collo a terra da altri due: «La vittima aveva voglia di far andare le mani, come si è comportata quella notte non è irrilevante». Il legale ha negato che il suo assistito abbia colpito la vittima per ucciderla. Forse solo quando lo ha colpito con due calci sul volto il coetaneo non ha considerato la possibilità che avrebbe potuto ucciderlo. Però, secondo l’avvocato, il 22enne ha agito per istinto e come reazione, nel giro di tre secondi, al pugno che ha tentato di sferrargli la vittima». Stillitano ha inoltre sottolineato che il giovane ha sbagliato ad andare in vacanza, cosa che è parsa come una fuga. Però, poi, quando è tornato, si è consegnato spontaneamente. L’avvocato ha sollevato attenuanti generiche chiedendo alla Corte di tenerne conto. Attenuanti legate alla provocazione della vittima, alla giovane età dell’imputato, alla lieve scemata responsabilità al momento dei fatti, alla collaborazione in corso di inchiesta.

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