Dal suo quartier generale di Castel San Pietro Medacta è riuscita a penetrare i mercati esteri. Consolidata una base pure negli Stati Uniti
Tagliato da poco il traguardo dei 25 anni, Medacta ha appena archiviato un 2024 in ascesa. I numeri dell’azienda specializzata in prodotti ortopedici e tecniche chirurgiche segnano, infatti, un aumento nella cifra d’affari globale del gruppo – oltre 590 milioni di euro –, nell’espansione dei mercati geografici – dall’Europa all’Asia –, in tutte le cosiddette ‘linee di business’. Dal quartiere generale di Castel San Pietro, dove è nata nel 1999 da una intuizione di Alberto Siccardi, Medacta si è lanciata nel mondo, sino a quotarsi in Borsa nel 2019. Ovvero nello stesso anno in cui Sintetica passava nelle mani di un gruppo francese. In comune lo stesso ambito, quello sanitario, le due realtà industriali appaiono oggi un po’ come due facce di una stessa medaglia. E per l’impresa la fase di espansione non è ancora ultimata, come ci conferma il Ceo del gruppo, Francesco Siccardi. Lo raggiungiamo (via Zoom) a New York, dove si è appena conclusa la riunione che ha proiettato l’azienda nel 2025.
Il cuore però resta a Castello?
Castel S. P. rimane il nostro centro di produzione più importante, anche rispetto a quello di Rancate: dobbiamo ancora varare l’ultima tappa dell’ampliamento che ci ha permesso di crescere di un altro 50% nella capacità di produzione. È lì che produciamo la totalità dei nostri impianti per anca e ginocchio, che rappresentano l’80% del nostro fatturato. A Rancate, invece, abbiamo spostato parte degli uffici e abbiamo l’unità di produzione che si occupa soprattutto della parte legata alla colonna vertebrale.
La vostra filosofia in due parole chiave?
La nostra filosofia è rimasta la stessa, sin dall’inizio. Abbiamo la fortuna di avere una storia molto chiara: Medacta è un’azienda fondata da un paziente, mio padre, con la volontà di migliorare la qualità di vita dei pazienti che hanno bisogno di cure ortopediche. E migliorare significa portare sempre innovazione sul mercato, a vantaggio delle soluzioni esistenti; quindi investire molto in innovazione. Tutto questo settore è in Svizzera, ovviamente con collaborazioni con centri di ricerca universitari in tutto il mondo. In due parole la nostra filosofia è innovare costantemente per cercare di migliorare la vita dei pazienti in tutto il mondo e con soluzioni sostenibili anche da un punto di vista economico. Sappiamo tutti che i sistemi sanitari sono costantemente sotto pressione e hanno una capacità limitata di assorbire prodotti ad alto costo. E se c’è una capacità limitata, vuol dire poter aiutare pochi pazienti. Se uno vuole riuscire a toccare più persone possibile in tanti Paesi – oggi Medacta è in circa 60 Paesi – deve avere soluzioni che possano funzionare in maniera sostenibile.
Restando nel nostro Paese, quanti sono i dipendenti e da dove provengono?
In Svizzera (che include pure l’ufficio di Frauenfeld, ndr) impieghiamo circa mille persone. Ogni anno tra la parte commerciale e quella di produzione assumiamo tra gli 80 e i 100 collaboratori. Per quanto riguarda il settore della tornitura e della fresatura, di cui abbiamo grande bisogno, il Ticino non è un grande fornitore di questa tipologia di manodopera specializzata. Per contro l’Italia del Nord, con tutto quello che è il suo automotive (industria automobilistica, ndr), offre un grandissimo bacino. In produzione attorno all’80-85% della manodopera è quindi frontaliera. Abbiamo, però, moltissima diversità dal punto di vista delle nazionalità presenti nel nostro ‘quartier generale’: vi lavorano americani, francesi, belgi, inglesi, ma anche tanti svizzeri, fortunatamente. La maggior parte delle persone provenienti dall’estero (e non italiane) comunque risiede in Ticino.
La vostra realtà si muove a livello globale. E con risultati più che lusinghieri viste le cifre del 2024. Da qui come siete riusciti a penetrare i mercati esteri (in particolare statunitense)? Glielo chiedo perché operate nel settore sanitario, lo stesso di Sintetica, che riconduce i suoi problemi e il piano di riorganizzazione – che prevede 15 licenziamenti – soprattutto alle difficoltà incontrate negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti costituiscono ora poco più del 30 per cento del nostro fatturato. È un mercato sicuramente complesso. Vi siamo entrati da zero circa 15 anni or sono. Sono venuto personalmente negli Stati Uniti per capire bene le dinamiche e per un anno ho spostato anche la mia famiglia. È necessario sottolineare che quello dei ‘medical device’ (dispositivi medici, ndr) è un mercato diverso rispetto al farmaceutico. Tornando a Medacta, anche noi dobbiamo confrontarci con le regole del posto; passare dalla ‘Food and Drug Administration’ – l’agenzia federale che regola la commercializzazione di prodotti alimentari e medicamenti, ndr –, cosa che facciamo regolarmente. Qualche mese fa, ad esempio, abbiamo avuto una ispezione da parte della Fda, con cui abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione. Chiaro, vi è molta competizione. Una volta però che si consolida la propria presenza, e oggi Medacta fa quasi 200 milioni di dollari di cifra d’affari negli Stati Uniti, ci si riesce a costruire un futuro. Lo ribadisco, è molto complesso partire da zero, ma se si ha una base su cui lavorare ci si può misurare con il mercato più grande del mondo. Del resto, per l’ortopedia l’America del Nord da sola rappresenta circa il 50% del mercato potenziale mondiale; ed è una combinazione di volumi, prezzi e dell’accesso che hanno i pazienti americani alla possibilità di curarsi. In altre parole, si tratta di un mercato fondamentale e siamo molto contenti del nostro team. Abbiamo creato la base su cui continuare a svilupparci e il bello è che il mercato statunitense è molto grosso e noi abbiamo circa il 2 o 3% di quota di mercato. Quindi c’è ancora molto spazio per crescere. Se ovviamente continueremo ad avere prodotti competitivi e soprattutto persone valide.
Siete riusciti a reggere la concorrenza?
La concorrenza è un aspetto dinamico: c’è sempre. Ma è pure uno stimolo a continuare a migliorare. Sì, siamo in grado di competere con delle realtà che sono comunque molto più grandi di noi. E questo può essere anche un vantaggio se riusciamo a essere più veloci, attenti, più innovativi. D’altro canto, i nostri concorrenti sono molto presenti, storicamente in tutti gli ospedali universitari americani, quindi hanno una capacità di competere importante. Di conseguenza dobbiamo continuare a misurarci con loro, altrimenti si perde questa possibilità di crescita.
Cosa vi lega ancora a questo territorio?
Penso che il Ticino sia un posto magnifico dove lavorare e insediare delle aziende. Ha delle peculiarità che sono perfette per noi da un punto di vista industriale e di branding: il marchio svizzero è sicuramente ancora molto importante in ortopedia. Non a caso vi erano grandissime realtà svizzere che hanno fatto la storia dell’ortopedia, poi sono state acquisite quasi tutte purtroppo. Il Ticino però fornisce tutti i tipi di talenti. Ed è un territorio che attrae. Come dicevo, abbiamo tantissime nazionalità presenti nel nostro staff e quando arrivano qui e vedono Lugano, la apprezzano, molto più di altri luoghi dove operano nel mondo. La capacità attrattiva è di sicuro positiva, e riusciamo a mantenere un buon livello di competitività, sebbene la Svizzera non sia il luogo meno caro del mondo dove produrre. Abbiamo però tutto quello che serve per restare concorrenziali.