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Al tavolo della deputazione e del fronte sindacale i vertici di Ffs Cargo non indietreggiano

Continua il faccia a faccia sulla riorganizzazione che tocca il Ticino. Oggi in programma l'incontro con il governo cantonale

Confermata la necessità di ammodernare il materiale rotabile
(Ti-Press)
3 luglio 2025
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Avanti, dritte come un treno. Le Ferrovie non indietreggiano; anzi procedono lungo la rotta tracciata. Sulla strategia futura per il traffico merci non vi sono dei ripensamenti. Non davanti all’imperativo categorico (e al mandato federale) di riuscire ad assicurare il servizio restando nelle cifre nere. Nessuno si faceva soverchie illusioni, ma all’inizio di questa settimana tanto la deputazione ticinese alle Camere federali che il fronte sindacale se lo sono sentito confermare dai vertici stessi di Ffs Cargo. Resta il fatto che da questa parte del Gottardo si fa fatica ad accettare di veder perdere posti di lavoro (40 a tempo pieno) e abbandonare (da parte delle Ffs) i terminali di Cadenazzo e Lugano-Vedeggio. Oggi sarà il governo cantonale a sedersi al tavolo con i responsabili di Cargo. Quali saranno gli argomenti che il Consiglio di Stato porterà a favore del ‘sistema Ticino’? Le aspettative sono alte. Nel frattempo, ad affilare le ‘armi’ della protesta è pure il neonato Comitato contro lo smantellamento di Ffs Cargo nel cantone: mercoledì prossimo partiti, forze sindacali, gruppi d’interesse della società civile e ferrovieri si ritroveranno a Bellinzona per fare il punto.

I dirigenti a tu per tu con i sindacati

Thomas Giedemann, segretario sindacale del Sev (il Sindacato del personale dei trasporti) resta «preoccupato e vigile». Quando, martedì, con i colleghi di Vslf (il Sindacato svizzero dei macchinisti e aspiranti) e transfair ha incontrato Alexander Muhm, l’uomo del traffico merci delle Ffs, e Peter Luginbühl, direttore della produzione di Ffs Cargo, sapeva che le decisioni strategiche prese non sarebbero state riviste, non davanti ai sindacalisti ticinesi. La linea indicata anche su queste colonne dallo stesso Muhm è chiara, chiave di volta il concetto di ‘Suisse Cargo Logistics’, reso noto già nel 2022. «La discussione, però – concede – è stata il più possibile aperta». Con la consapevolezza che a Berna si sono poste delle condizioni e che le Ffs, come si è fatto capire, non vogliono fare diversamente. «L’aspetto nuovo, oggi, è il cambio di marcia molto radicale e incisivo impresso da questa direzione – fa notare Giedemann –. Il problema che vedo? Si parla di visioni, ma sul piano concreto stanno tagliando. E questa dicotomia è preoccupante. È vero, a livello ticinese hanno affermato più volte, anche martedì, che non ci saranno licenziamenti e che verranno cercate tutte le soluzioni praticabili per tutti. E hanno dato informazioni ulteriori sulle possibilità di impiego temporaneo previste. Fa piacere sentirlo dalla bocca dei massimi responsabili: adesso però attendiamo i fatti, che sono quelli che contano. Da parte nostra ci aspettiamo che per il personale toccato vengano trovate delle soluzioni socialmente responsabili».

Su un altro punto i sindacati intendono tenere le posizioni: i terminali. Soprattutto ora che Muhm ha allontanato l’eventualità di una chiusura – «sulle prime, il 20 maggio scorso, l’impressione era questa» –, in particolare di Cadenazzo, ma ha messo in campo l’ingresso dei privati. «Dal nostro punto di vista Cadenazzo e Lugano-Vedeggio devono rimanere nelle mani di Ffs Cargo – ribadisce il segretario del Sev –. Alla domanda puntuale il direttore non ha saputo rispondere in maniera convincente. Noi crediamo al traffico combinato: i terminali vanno mantenuti». In sospeso rimane poi l’interrogativo su chi possa essere il privato interessato a rilevare Cadenazzo e a quali condizioni.

Le cifre del ‘Monitoraggio’ Are

Se lo sono chiesto pure all’interno della deputazione ticinese alle Camere. Bruno Storni, consigliere nazionale del Ps che lunedì si è ritrovato per due volte a tu per tu con i responsabili di Ffs Cargo (anche in veste di membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni), non si capacita della politica che ha portato le Ferrovie a chiamarsi fuori da stazioni di carico come quella di Cadenazzo, una realtà dal 2012 e in crescita. A testimoniarlo, ci fa presente il deputato, c’è il documento sul ‘Monitoraggio dell’Asse del San Gottardo – Fase B’ pubblicato giusto l’anno scorso dall’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (Are). Tra le righe, al capitolo sul traffico merci, leggiamo infatti che dopo il varo del nuovo asse del San Gottardo “il trasporto combinato non accompagnato tra la Svizzera tedesca e il Ticino è aumentato in modo sostanziale, in termini relativi anche di più rispetto al traffico di transito (2016-2022: +70% rispetto al +57% del traffico di transito)”. Non solo: “Nella decade 2012-2022 nel traffico merci regionale si è osservato un chiaro aumento del numero di container trasbordati presso cinque terminali in Ticino”. E poco oltre: “Tutti i terminali in Ticino registrano un’ulteriore crescita, soprattutto quelli di Lugano e Cadenazzo”. Difficile digerire tagli e ridimensionamenti.

‘Sorprendente e deludente’

«È sorprendente e deludente al contempo constatare come delle ristrutturazioni cicliche facciano parte della politica di Ffs Cargo – commenta Storni –. Non dimentichiamo che abbiamo appena votato quasi mezzo miliardo per risanare e ammodernare il sistema dei carri singoli (in deficit). Peccato che in quel momento nessuno sapesse che a essere in deficit fosse anche il trasporto combinato – lo stesso Muhm a laRegione ha parlato di «una perdita di 12 milioni di franchi sul traffico combinato, con un fatturato di 18 milioni di franchi», ndr –. E adesso all’improvviso ci dicono che hanno locomotive da museo; tant’è che Ffs Cargo ha ordinato 120 nuove locomotive e dei nuovi vagoni».

Dal 2026 Ffs Cargo scommetterà sulla direttrice Dietikon-Stabio, appoggiandosi sul terminale privato locale. Dall’anno prossimo, infatti, sarà attivata e testata una ‘navetta alpina’, un modello che, se darà i risultati sperati, potrebbe essere traslato pure sull’asse est-ovest del traffico merci. «Ce lo hanno confermato anche lunedì, al nostro incontro – ci dice Storni –. L’esperimento prevederà 2 coppie di treni, una di giorno e una di notte; e se funziona adotteranno lo stesso sistema sull’altro asse. E questo dopo aver chiuso 8 terminali su 10, 6 proprio sulla rotta est-ovest».

Anche voi, dunque, avete avuto la percezione che non si cambierà direzione. «Ora come ora appare difficile se non impossibile che facciano retromarcia. A fronte del mandato di Berna di restituire delle cifre nere confermato dalla maggioranza di centrodestra. Muhm, dal canto suo, ha ribadito che si muovono sul libero mercato e che devono chiudere i conti con un avanzo. Intanto, a noi toccherà confrontarci con più camion sulle strade».

Bocciato il modus operandi

L’impressione, insomma, è che per le lotte ticinesi ci siano poche speranze. «I responsabili di Ffs Cargo hanno difeso e giustificato il loro operato e hanno sostenuto che non c’è nessuna intenzione di smantellare – annota il parlamentare —. Di certo c’è che ridurranno l’offerta, con l’argomento che ristrutturando vi saranno più chance per il futuro. Ovvero si terrà più mercato ma in modo più snello. E diciamo che il fatto che ordinano delle nuove locomotive è comunque un segnale. Di fatto, non possono abbandonare questo settore. A questo punto, però, possiamo solo aspettare e sperare che la strategia funzioni».

Alle spalle l’incontro con i capi di Ffs Cargo per Storni resiste una «grossa critica» sulla modalità comunicativa. «Dovevano prima pensare a un piano d’azione e alle soluzioni possibili, poi prendere le misure che ritenevano necessarie».

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