Il Tribunale federale ha respinto il ricorso del 68enne, che chiedeva la sua scarcerazione. La procura chiede una seconda perizia psichiatrica
Resta in carcere il 68enne di Morbio Inferiore accusato dell'assassinio (in via subordinata omicidio intenzionale) della cognata. I fatti risalgono alla mattina del 26 novembre scorso e sono stati commessi nell'abitazione di via Campo Sportivo, dove l'uomo abitava con la moglie a la sorella di quest'ultima era ospite. Difeso dall'avvocato Maria Galliani, l'uomo ha presentato ricorso contro la decisione della Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello che, come richiesto dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, ha più volte prorogato la sua carcerazione preventiva. Una decisione confermata il 22 luglio anche dal Tribunale federale di Losanna. Nel suo ricorso il 68enne ha chiesto in via principale di annullare la decisione, chiedendo la sua scarcerazione immediata o, in via subordinata, l'adozione di misure sostitutive alla carcerazione. L'uomo, che da subito ha ammesso le sue responsabilità, “non contesta i gravi indizi di reato a suo carico”. A motivare la sua richiesta di scarcerazione, come si legge nella sentenza, è la “non imputabilità” che “emergerebbe chiaramente dalla perizia psichiatrica redatta dal perito giudiziario”. Perizia che la titolare dell'inchiesta intenderebbe far ripetere. La nomina di un secondo perito, si apprende, è oggetto di contestazione dinanzi alla Corte dei reclami penali che, stando a quanto riferito dalla Rsi, nei giorni scorsi avrebbe dato ragione al Ministero pubblico.
La vittima, una 65enne cittadina italiana residente in Italia, era ospite nella famiglia dell'uomo per un periodo di convalescenza. Stando ai risultati della perizia, citati nella sentenza del Tf, “al momento dei fatti” l'uomo presentava “sicuramente almeno due condizioni psichiche, e probabilmente una terza”. Nello specifico, “un disturbo di personalità anancastico (ossessivo-compulsivo), una reazione acuta da stress e una sindrome da disadattamento, reazione mista ansioso-depressiva”. In merito all'incapacità o alla scemata imputabilità, il perito ha stabilito che il 68enne “non era incapace di valutare il carattere illecito del suo gesto, di cui è stato in grado di ricordare abbastanza precisamente la dinamica”. Per il perito “con verosimiglianza preponderante, la capacità di agire conformemente alla pur scemata, in misura lieve-media, capacità di valutare il carattere dell'atto era totalmente soppressa dalla violenta scarica emotiva”. Di conseguenza, “il ricorrente ha agito in uno stato di capacità di valutare scemata in modo lieve-medio e di incapacità di agire, motivi per cui dal punto di vista psichiatrico-forense dev'essere considerato non imputabile”.
Per la Corte cantonale la situazione “non appare chiara a tal punto da potere ritenere dato un caso di eccezione come previsto dalla giurisprudenza del Tribunale federale”. Data la richiesta di un secondo parere, “non si può determinare con assoluta certezza che il ricorrente verrà ritenuto non imputabile dal giudice del merito e che quest'ultimo non ordinerà nei suoi confronti né una condanna a una pena né una misura stazionaria”.