La riduzione rispetto all’idea dell'iniziativa (4%) continua però a dividere. Commissione parlamentare spaccata e dossier in aula a giugno
Un piccolo passo indietro, una riduzione dal 4 al 3%, che non riesce però a raccogliere una maggioranza solida. Anzi, sulla proposta di introdurre una soglia di sbarramento per il Gran Consiglio la battaglia si annuncia incandescente. Il tema è da mesi sul tavolo della commissione parlamentare ‘Costituzione e leggi’, con due fronti contrapposti: da un lato chi pensa che escludere i ‘partitini’ aiuterebbe a migliorare l’efficienza del parlamento cantonale, dall’altro chi ritiene questa misura un bavaglio alle voci della minoranza.
A lanciare la proposta di una soglia del 4%, sul finire della scorsa legislatura, è stata un’iniziativa parlamentare del deputato Paolo Ortelli (Plr). Iniziativa sostenuta in commissione da un rapporto di Sem Genini (Lega) e Simona Genini (Plr) che chiede, appunto, di introdurre la soglia, ma di fissarla al 3%.
Si erano invece detti subito contrari alla misura i cosiddetti ‘partitini’, ovvero quelle forze politiche che alle scorse elezioni cantonali avevano ottenuto meno di cinque seggi (quelli necessari per fare gruppo). A essere esclusi dalla soglia del 3% sarebbero HelvEthica, Più Donne, Partito Comunista, Mps e Verdi liberali. Avanti con Ticino&Lavoro aveva invece raccolto il 3,67% dei voti. A fianco di questi partiti si sono schierati Ps, Verdi e Centro che ritengono la proposta antidemocratica. A occuparsi del rapporto contrario alla proposta, Giulia Petralli (Verdi) e Gianluca Padlina (Centro).
«Il tema – ci spiega il presidente della commissione Alessandro Corti (Centro) – sta avanzando». E illustra: «Inizia a concretizzarsi uno schieramento che va nella direzione di quanto chiesto dall’iniziativista, come pure un fronte che vuole conservare lo status quo». Sulle tempistiche, osserva, «una volta i rapporti sul tavolo, affronteremo la discussione finale sulla loro firma». Ad ogni modo, chiarisce il centrista, «l’idea di fondo è di riuscire a portare il tema in parlamento a giugno o, al più tardi, in settembre». E questo perché, «trattandosi di una modifica costituzionale, se il Gran Consiglio dovesse avallare la proposta dell’iniziativista, occorrerà passare dalla votazione popolare». Il tema, non nasconde Corti, «ha un certo peso, dato che tocca meccanismi importanti di una democrazia».