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Gendotti: ‘Il clima in governo è ormai segnato’. Martinelli: ‘Un arrocco che non s'ha da fare’

I due ex consiglieri di Stato prendono posizione sul possibile cambio dipartimenti tra Zali e Gobbi. ‘A un anno e mezzo dalle elezioni...ingiustificabile’

Il socialista Martinelli (a sinistra) e il liberale-radicale Gendotti (a destra)
(Ti-Press)
4 giugno 2025
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«Sull’arrocco toccherà evidentemente al Consiglio di Stato valutare e decidere, ma credo che in questo pasticcio, e al punto in cui siamo, qualsiasi decisione che prenderà, sia che lo approvi sia che lo rifiuti, il clima in governo appare ormai segnato – dice, contattato dalla ‘Regione’, l’ex consigliere di Stato liberale radicale Gabriele Gendotti –. Probabilmente la legislatura è finita. Del resto, se la richiesta dei due ministri leghisti di scambiarsi la direzione dei rispettivi dipartimenti non verrà approvata dal governo, potrebbero anche sentirsi delegittimati. Se sarà accolta, ci sarà comunque una parte del Consiglio di Stato non soddisfatta, perché allo stato delle cose dubito assai fortemente che un eventuale sì all’arrocco verrà pronunciato all’unanimità. In questa situazione - aggiunge il già ministro della scuola e della cultura - mi domando e domando come si potrà affrontare, tra l’altro, un Preventivo che è tutto in salita. È dunque una situazione paradossale che quasi certamente avrà conseguenze negative per il Cantone. Davvero preoccupante».

«Questo arrocco non s’ha da fare. Per un motivo semplice: le tempistiche sono totalmente senza senso. Non si può cambiare Dipartimento a un anno e mezzo dalla fine della legislatura». Parla chiaro Pietro Martinelli, consigliere di Stato dal 1987 al 1999 per il Partito socialista e il Partito socialista autonomo. «Per conoscere bene i funzionari, stabilire un rapporto e capire a fondo le dinamiche interne di un Dipartimento serve più di un anno. Ed è un passaggio fondamentale. Franco Zorzi diceva che per concludere qualcosa ci vogliono tre legislature: la prima per conoscere il Dipartimento, la seconda per fare il progetto e la terza per attuarlo. Forse esagerava, ma questo fa capire quanto siano lunghe le tempistiche». Insomma, la proposta leghista «è una guasconata con un chiaro fine politico». Aggiunge Martinelli: «Sembra che abbiano seguito il motto ‘parlino anche male di me, purché ne parlino’ cercando di blindare la ricandidatura di Zali e Gobbi». Ora la palla passa al Consiglio di Stato «che si trova in una situazione di difficoltà. Una situazione in cui i due ministri leghisti non avrebbero dovuto metterlo. Saranno costretti a scegliere se compromettere il buon clima in governo o approvare una mossa che non ha nessuna giustificazione».