laR+ dazi americani

Anche le aziende ticinesi pensano di delocalizzare

Se la situazione legata ai dazi americani non dovesse cambiare nel giro di qualche settimana o al massimo di pochi mesi – cioè se la tariffa del 39% non dovesse essere ridotta significativamente – diverse aziende ticinesi potrebbero mettere in linea di conto uno spostamento provvisorio di parte della produzione all’estero, in particolare nell’Unione europea. È quanto afferma l’Associazione industrie ticinesi (Aiti) dopo aver consultato negli scorsi giorni i suoi affiliati. “A valutare questa possibilità è soprattutto chi già dispone di una sede produttiva nell’Unione europea che, va ricordato, è attualmente soggetta ‘solo’ a un dazio del 15%”. Aiti e le imprese interpellate auspicano di poter disporre rapidamente dello strumento dell’orario di lavoro ridotto, ma non solo. “Questo strumento – si legge nel comunicato – è molto utile per mantenere l’occupazione. Lo scenario di incertezza causato dai dazi applicati dagli Stati Uniti è però tale da far dire alle aziende che questo strumento non sarebbe comunque sufficiente per fermare eventuali processi di delocalizzazione parziale o totale. L’orario di lavoro ridotto in altre parole non può essere uno strumento decisivo a medio e lungo termine per decidere di mantenere la produzione in Svizzera”.

Posti di lavoro a rischio

Nel frattempo, per sfruttare tutti i margini disponibili, “una parte delle aziende indica di avere già portato a termine la produzione e magari già l’invio della merce destinata al mercato degli Stati Uniti per l’autunno e la seconda parte del 2025. In questo caso non si applica il dazio del 39%. Il problema – sottolinea l’Aiti – si pone forse per l’ultima parte del 2025 e soprattutto per il 2026. Qualora la situazione dei dazi non dovesse migliorare nei prossimi mesi, potrebbero entrare in linea di conto delocalizzazioni più o meno definitive, con conseguente perdita di posti di lavoro in Svizzera e in Ticino”.