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Trecento donne affiliate all'Ipct con la rendita azzoppata... la Cassa scrive al governo

Il Consiglio di amministrazione dell'Istituto non eroga (per ora) la compensazione, ma chiede al Consiglio di Stato se è pronto a coprirla

‘È ora di trovare una soluzione’
(Ti-Press)
5 settembre 2025
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Fino a pochi mesi fa la porta era chiusa e il discorso archiviato. Ora, invece, per le 300 pensionate affiliate all’Istituto di previdenza del Cantone che si sono viste tagliare parte della rendita – un inghippo generato dal fatto che il loro prepensionamento è coinciso con la progressiva entrata in vigore della riforma Avs 21 e l’aumento dell’età di pensionamento a 65 anni – c’è la possibilità che questa disparità tra loro e gli altri affiliati alla cassa (uomini o donne andate in prepensionamento in un altro periodo) sia colmata.

Il consiglio di amministrazione dell’Ipct – composto da cinque rappresentanti dei lavoratori e da cinque rappresentanti del datore di lavoro – ha infatti deciso di scrivere al Consiglio di Stato per chiedere se è disposto a finanziare, in quanto datore di lavoro, questa misura di compensazione che costerebbe 1,3 milioni di franchi (circa 500mila per il Cantone e il resta a carico di Comuni ed Enti affiliati). La richiesta sindacale era di approvare immediatamente la prestazione e poi cercare la copertura (con i datori o internamente alla Cassa). L’accordo trovato è una sorta di compromesso: prima vediamo se il Cantone finanzia, poi se ne riparlerà. Il Consiglio di Stato, visto l’importo, potrebbe decidere di versare la somma senza la necessità di passare dal parlamento.

Ma facciamo un passo indietro. Questo “buco” si è creato per le donne nate tra il 1961 e il 1965 che sono andate in prepensionamento prima del 2024. L’Ipct ha erogato loro la rendita ponte fino ai 64 anni, l’età di pensionamento è stata però nel frattempo progressivamente alzata a 65 anni. Un problema che riguarda circa 300 ex lavoratrici dello statale e parastatale. Nel frattempo l’Ipct ha infatti adeguato il regolamento alla nuova età di pensionamento.

«Siamo contenti perché prima il tema non era nemmeno oggetto di discussione. Ora invece se ne parla e c’è una speranza. In maggio in Cda, sindacati compresi, aveva deciso di chiudere la questione. Ovvero di non erogare la prestazione perché sovraobbligatoria e di non chiedere soldi al Cantone. Ora i sindacati sono tornati sui loro passi e questo ci fa piacere», commenta Enrico Quaresmini, uno dei tre membri di ErreDiPi che siedono nel Cda. «Certo, avremmo preferito che la prestazione fosse erogata subito, così da sistemare questa ingiustizia, e poi si pensasse a chiedere al Consiglio di stato il finanziamento. Anche perché si tratta comunque di un importo contenuto e di una spesa puntale, limitata nel tempo». Quaresmini tiene però la barra dritta: «L’erogazione di questa prestazione è per noi la priorità. Non molleremo». E poi una frecciata ai colleghi di Cda: «in un gremio composto per la metà da donne, sarebbe vergognoso non concedere una prestazione che toglie una ingiusta disparità nei confronti di 300 lavoratrici».

Parte da un esempio, che inquadra perfettamente la situazione, il segretario dell’Ocst Xavier Daniel: «Se due gemelli, un maschio e una femmina, avessero avuto lo stesso percorso professionale e fossero andati in prepensionamento nello stesso momento, il maschio godrebbe della rendita piena, alla femmina sarebbe invece ridotta. Facile capire è è un’ingiustizia». Detto questo, «siamo soddisfatti dell’apertura. Si sta andando verso una giusta direzione».


Sulla stessa lunghezza d’onda anche il co-segretario Vpod Edoardo Cappelletti: «Come sindacati avevamo fatto una richiesta formale alla Cassa per accordare la rendita ponte a queste 300 assicurate penalizzate. Eravamo pronti a sostenere un finanziamento diretto da parte dell’Ipct per questa categoria per avere una soluzione immediata all’ingiustizia». Così però non è stato. «Si è trovata una maggioranza per chiedere un contributo al datore di lavoro ma questo è già un primo passo avanti, l’auspicio è che il Consiglio di Stato accolga la soluzione retroattiva della cassa pensione per dare una compensazione. Nel caso il governo dovesse rifiutare – aggiunge Cappelletti – come sindacati presenteremo nuovamente la proposta di un finanziamento interno da parte dell’Ipct. Siamo comunque contenti che, grazie alla denuncia sindacale del dicembre 2024, i datori di lavoro e gli altri rappresentanti dei lavoratori siano stati portati a rimediare alla stortura».

A seguire con attenzione la questione, pur non facendo parte del Cda, è anche il Sindacato indipendente ticinese (Sit). Sindacato che si era detto pronto anche a portare il tema davanti ai tribunali se non si dovesse trovare una soluzione per compensare la perdita.