Respinta la richiesta di referendum cantonale. Gianella (Plr): ‘Un sistema che sfavorisce le donne’. Agustoni (Centro): ‘Penalizzate altre coppie’
Il Ticino non si schiera contro l’imposizione individuale a livello federale. Il Gran Consiglio ha infatti respinto la domanda di referendum cantonale proposta da Centro, Lega e Udc. Uno strumento – quello del referendum cantonale – che se attivato da almeno otto legislativi cantonali porterebbe automaticamente il popolo svizzero alle urne.
Oggetto della discussione è la modifica della Legge federale sull’imposizione individuale. Le Camere federali hanno infatti deciso lo scorso giugno di sostituire la dichiarazione unica per i coniugi come due dichiarazioni distinte. Una per un coniuge, una per l’altro.
Lo scopo della modifica è quello di abolire la cosiddetta “penalizzazione del matrimonio”. Attualmente infatti le coppie sposate con due redditi possono pagare più imposte federali (a livello cantonale è già stata trovata una soluzione) delle coppie con lo stesso reddito che però non sono coniugate. Allo stesso tempo l’attuale situazione favorisce le coppie sposate con un alto reddito dove c’è solo un coniuge che lavora. L'imposizione individuale, come detto, tasserebbe tutti i contribuenti su base individuale senza differenze di imposta se si è sposati o meno.
La modifica avrebbe però un impatto consistente sui conti pubblici, sia diretto che indiretto. Da un lato diminuirebbero le entrate fiscali: 600 milioni in meno per la Confederazione, oltre 60 per il Ticino e 48 per i Comuni ticinesi. Dall’altro aumenterebbe il lavoro per l’Amministrazione pubblica perché ci sarebbero molte più pratiche da evadere (1,7 milioni di dichiarazioni aggiuntive a livello nazionale). Questo obbligherebbe il Cantone ad assumere circa 40 nuovi impiegati alle tassazioni.
Secondo chi è favorevole a questa modifica di Legge – in Ticino la sinistra e il Plr – la riforma è necessaria per adattarsi ai tempi. Il modo di gestire la propria relazione è cambiato e oggi molte coppie sono bi-reddito. Le più penalizzate sarebbero inoltre le donne, il sistema attuale cumula i due redditi su un'unica dichiarazione e spinge il reddito della donna (che statisticamente è spesso quello più basso) su scaglioni progressivi più alti, facendogli subire un'aliquota marginale maggiore. Detto altrimenti: per la moglie lavorare di più non conviene perché un aumento di percentuale lavorativa sarebbe “eroso” dall'aumento delle tasse. Questo rende le donne maggiormente dipendenti dal partner e non le incentiva a farsi largo nel mercato del lavoro. Motivo per cui la modifica è sostenuta anche da associazioni che si occupano di tematiche femminili.
I contrari alla modifica – oltre ai referendum cantonali di cui si discute in 12 Cantoni è stato lanciato anche un referendum popolare – sostengono che la soluzione proposta dall'imposizione individuale rende più macchinosa, costosa e meno redditizia la legislazione fiscale. Non solo: ci sarebbero delle nuove discriminazioni. Le coppie che per scelta familiare decidono di avere uno dei due partner con una percentuale lavorativa molto inferiore al coniuge risulterebbero fortemente penalizzate con la nuova imposizione individuale. Secondo il fronte Lega, Udc e Centro a guadagnarci sarebbero i coniugi con due (alti) redditi simili.
«Qui non votiamo la riforma, ma il fatto se debba essere o meno il popolo a esprimersi su un tema che, numeri alla mano, crea in ogni caso delle nuove disparità. Ci saranno coppie sposate che pagheranno imposte molto più alte di coppie sposate con un reddito simile ma diviso in maniera diversa», afferma il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni. «Per risolvere un problema se n'è creato uno peggiore», rincara Sem Genini (Lega). «Non è lo Stato che deve indicare quale tipo di famiglia dobbiamo avere o se dobbiamo lavorare. Stupisce che il Plr voglia imporre un modello di famiglia piuttosto che un altro», punge Sabrina Gendotti (Centro).
Replica Alessandra Gianella (Plr): «Questa riforma non riguarda solo l'equità fiscale, ma anche la libertà di scelta e l'indipendenza delle donne. Ora si scoraggiano le carriere professionali perché alzare la percentuale del secondo reddito vorrebbe dire un’aliquota più alta». Aggiunge il capogruppo socialista Ivo Durisch: «L’imposizione attuale vincola la moglie nella gestione dei propri beni e della propria attività lavorativa. È modello patriarcale dove la donna non è pienamente autonoma». Per Samantha Bourgoin (Verdi): «Il sistema fiscale svizzero è pensato per le famiglie dove l’uomo lavora e la donna resta a casa. Questa proposta vuole andare oltre. Lo Stato deve considerarmi come individuo. Se sono sposata o meno non è affare dello Stato e men che meno del fisco».