I centri urbani hanno scritto al Consiglio di Stato su Preventivo e Piano finanziario. Quattro richieste formali e diverse critiche
I centri urbani del Ticino alzano la voce contro il Preventivo 2026 e il Piano Finanziario 2027-2029 presentato settimana scorsa dal Consiglio di Stato: “Non siamo la cassa di compensazione strutturale delle difficoltà cantonali”. Non solo, con una lettera firmata dai cinque principali Comuni ticinesi – Bellinzona, Chiasso, Locarno, Lugano e Mendrisio – chiedono al governo quattro “richieste chiare”. Questo perché, si legge nella missiva, “le misure di riequilibrio finanziario cantonali continuano a trasferire in maniera crescente oneri sui Comuni, con particolare impatto sui centri urbani, già chiamati a rispondere a bisogni sociali e infrastrutturali sempre più pressanti”. Ecco quindi le rivendicazioni: una moratoria sui nuovi trasferimenti di oneri fino a quando non sarà chiarito l’impatto delle riforme federali e delle decisioni popolari; la revisione del sistema perequativo, che tenga conto anche degli oneri di centralità sopportati dai centri urbani; l'istituzione di un tavolo istituzionale permanente Cantone-Comuni urbani per garantire un reale coinvolgimento nelle scelte finanziarie; la definizione di un patto finanziario pluriennale, che dia regole chiare e stabili al riparto degli oneri, salvaguardando la capacità di investimento delle città.
Altra critica dei cinque sindaci: il Cantone è in colpevole ritardo con l'adozione di misure strutturali di risanamento “che non possono più essere eluse”. Tornando al Preventivo del prossimo anno e al Piano finanziario fino al 2029: “Le nuove proposte – scrivono i sindaci – confermano questa tendenza, poiché prevedono un aumento della partecipazione comunale in settori particolarmente sensibili”. Tra gli esempi citati: le prestazioni sociali (Ripam, PC, insolventi), il sostegno alle famiglie attraverso nidi, micro-nidi e centri extrascolastici, nonché il finanziamento del trasporto pubblico regionale. “A questa dinamica – riprendono gli Esecutivi – si affiancano riorganizzazioni ordinamentali come quella delle Autorità regionali di protezione, presentate come misure neutre ma che nella prassi dovrebbero comportare per i Comuni il mantenimento di costi operativi e di prossimità e una complessa ridefinizione della ripartizione finanziaria con il Cantone, con effetti particolarmente gravosi per i centri urbani”. Al Consiglio di Stato viene anche fatto notare che, a distanza di anni, gli obiettivi di semplificazione, chiarezza e neutralità finanziaria promossi dal progetto Ticino 2020 non sono stati raggiunti. “Il progetto, pur animato da principi condivisibili, non ha prodotto i risultati sperati e non ha risolto le criticità strutturali nel rapporto finanziario tra Cantone e Comuni”.
Messi i puntini sulle i e fatte le dovute critiche, i sindaci ribadiscono la loro apertura al dialogo con il Cantone per trovare soluzioni condivise e sostenibili. “Le Città – ribadiscono ancora una volta i Comuni in conclusione della lettera – stanno affrontando con senso di responsabilità l’esercizio di riequilibrio dei propri conti, non possono vedersi imporre ulteriori aggravi. Con il loro ruolo istituzionale di prossimità nei confronti dei cittadini e con gli oneri di centralità che assumono a beneficio dell’intero territorio, esse chiedono un rapporto più equo e rispettoso dei differenti livelli istituzionali, che riconosca la funzione essenziale che svolgono nello sviluppo sociale ed economico non solo delle proprie comunità ma dell’intero Cantone”.
A proposito di rapporti tra Cantone e Comuni. Solo un mese fa, riuniti a Locarno, i sindaci dei cento comuni ticinesi e il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi avevano firmato una Dichiarazione d'intenti a favore del federalismo che può essere interpretata, aveva spiegato lo stesso Gobbi, come prima pietra di una modifica costituzionale atta a migliorare, appunto, i rapporti e ad aumentare l'autonomia dei Comuni.