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Premio svizzero delle arti sceniche al FIT Festival: ‘È un riconoscimento alla capacità di resistenza’

A caldo le parole di Paola Tripoli, direttrice artistica. Anello Hans Reinhart 2025 a Thomas Hauert. Il 10 ottobre a Friburgo la consegna di tutti i premi

Da sinistra: Belma Dizdarevic, Paola Tripoli e Katia Gandolfi
(Charlotte Krieger)
4 settembre 2025
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“Fondato nel 1977, porta a Lugano le tendenze contemporanee nelle arti sceniche e si è affermato come importante luogo di incontro per il panorama artistico nazionale e internazionale. Si contraddistingue per l’innovazione nella pratica curatoriale e offre una piattaforma per la mediazione e lo scambio di idee su questioni sociopolitiche”.

Sono le note che accompagnano il Premio svizzero delle arti sceniche 2025 attribuito al FIT Festival internazionale del Teatro e della scena contemporanea. La realtà luganese è tra i destinatari dei premi (da 40mila franchi), insieme al drammaturgo, autore e giornalista Martin Bieri, alla danzatrice e coreografa Géraldine Chollet, ad Anne Davier, personalità di spicco della scena svizzera della danza, al regista e drammaturgo Fabrice Gorgerat, a Daniel Hellmann, creatore di danza e teatro, artista performativo e attivista, all’artista circense, attrice e regista Titoune Krall, a ‘movo’, piattaforma nazionale per le arti sceniche che riunisce persone sorde e persone udenti e all’artista interdisciplinare Davide-Christelle Sanvee. Il massimo riconoscimento è andato invece a Thomas Hauert, Gran Premio svizzero delle arti sceniche / Anello Hans Reinhart 2025 (100mila franchi), riconoscimento con cui l’Ufficio federale della cultura (Ufc) rende omaggio alla carriera straordinaria del danzatore e coreografo svizzero. La cerimonia di consegna di questa distinzione e degli altri Premi svizzeri delle arti sceniche si terrà il 10 ottobre 2025 al Théâtre Equilibre di Friburgo.

I premi ‘Spettacolo svizzero di danza 2024’ e ‘Spettacolo teatrale svizzero 2024’ sono andati rispettivamente a ‘Le repos’ di Clara Delorme e ‘Dans ton intérieur’ di e con Julia Perazzini, prodotto dalla Compagnie Devon. Il June Johnson Newcomer Prize 2025 è stato conferito ad Annina Mosimann.

Tornando al successo ticinese, abbiamo raggiunto Paola Tripoli, direttrice artistica del Festival internazionale del Teatro, per ricevere a caldo le sue parole.

Innanzitutto complimenti per questo importante riconoscimento, te lo aspettavi?

No, è giunto inaspettato. Quando ho ricevuto la telefonata dall’Ufficio federale della Cultura ho preso fiato, ho espresso la gioia e il mio ringraziamento, ho riattaccato. È stato dopo, quando l’ho comunicato alle mie colleghe, che l’emozione è arrivata. È bello ritrovare la propria fragilità e le proprie emozioni.

Cosa significa per voi ricevere questo premio?

Ci abbiamo pensato. Il team del festival, tutto al femminile, è piccolo piccolo. Insieme a me, Katia Gandolfi e Belma Dizdarevic, e un team che si dilata temporaneamente nei giorni del festival. Significa che la ‘grande Madre patria’ come io chiamo la Svizzera tutta, senza ironia alcuna, spesso interviene a ‘riequilibrare’ delle scelte locali poco lungimiranti. “Nemo propheta acceptus est in patria sua” si legge nei Vangeli… ma non siamo noi né i primi né gli ultimi ad aver usato e a poter usare questa espressione. Chi ci conosce sa che non è nostra abitudine fare polemica. Preferiamo ‘mettere le mani’, e la testa, nel lavoro. Lo sentiamo come un riconoscimento a questa capacità di resistenza, che sorprende oltre Cantone, e alla nostra capacità di essere così radicali.

Nel comunicato si menziona come motivazione del premio anche la mediazione e lo scambio di idee su questioni sociopolitiche. In effetti vi siete da sempre contraddistinte per la grande attenzione all’attualità, ai movimenti del mondo, conflitti, pandemie, utopie. Quanto è importante che l’arte racconti il presente, fornisca coordinate per leggere quanto ci circonda?

La mia curatela va, per scelta, unicamente in questa direzione. Non ho mai avuto remore nel dire che il nostro è un festival politico. È un luogo in cui trovano cittadinanza tutti, e trova cittadinanza l’idea per cui l’arte e il teatro sono passato, presente e, grazie alla visionarietà degli artisti, futuro. Abbiamo indubbiamente scelto da che parte stare, quella delle libertà e della democrazia. Quella che tu chiami mediazione è uno dei nostri capisaldi, creare comunità e incontro.

Anche la tua pratica curatoriale è stata riconosciuta come innovativa, cosa contraddistingue il tuo lavoro di direttrice artistica e curatrice del FIT?

Provo a essere come sono con me stessa nella vita: coraggiosa, esigente, capace di prendere posizione. Curatela per me significa avere in mente un progetto di lunga durata. Non si esaurisce alla fine di ogni edizione. Scrivere un lungo discorso, un racconto, un viaggio. Un grande libro, fatto di più capitoli. Sfidare l’idea stessa di festival e la sua temporaneità. Provare a essere un punto di riferimento per chi prova a farsi domande, essere coerenti, aver cura. Dare voce a quegli artisti che raccontano la storia (dove storia non è assolutamente sinonimo di impegno civico) e svelano l’inganno e la menzogna di chi subdolamente la sta cancellando. Quindi portare in scena linguaggi, identità, modalità, estetiche contemporanee, significa contrastare l’omologazione. Senza essere alla moda.

Il FIT sta per compiere 50 anni, un traguardo importante. Un premio che si può considerare anche alla carriera, tua e di chi ti ha preceduto?

I miei anni al FIT partono dal 2005, sono solo 20. Poi dal 2016 mi sono trovata alla guida da sola. Bastebbero i numeri per rispondere. Nutro una riconoscenza smisurata per Vania Luraschi che, prima di me, ha avuto il coraggio di essere una pioniera. È un affetto profondo, vero. Fatto di risate e anche di litigi. Anche per lei è arrivato il meritatissimo riconoscimento da parte dell’Ufficio federale della cultura nel 2019. Coronare quell’impegno prima sarebbe stato necessario.

Che giornate vivi? La finalizzazione di questa edizione del FIT e ora il premio… riesci a dormire?

Sì, per fortuna ho un ottimo rapporto col sonno. Piuttosto in questo periodo soffro di cervicale… sarà il peso del “tutto deve andare bene”!

A noi non resta che aspettare martedì prossimo per scoprire, in conferenza stampa, il programma di questa nuova edizione.