Il Teatro Sociale applaude il debutto: è teatro-canzone coi fiocchi, è femminismo non urlato che vale più di tanti slogan
Non si sa da dove partire per dire di tutto il bello de ‘La donna è mobile’, la donna di Simona Molinari, perché dal 1851 a oggi di quella di Giuseppe Verdi s’è detto a sufficienza. Non si sa se partire dal lungo applauso del Teatro Sociale che sabato sera ne ha vista la prima assoluta, o dall’aver compreso il titolo dello spettacolo dopo esserci chiesti perché un tributo alle donne dell’arte sia rappresentato da un assunto così poco lusinghiero. Lo chiarisce Simona, entrata dal fondo sulla celebre aria dal Rigoletto e fermatasi a metà dell’esecuzione per dire: «Alle mie orecchie questa frase è sempre suonata ‘la donna è un mobile’», e dall’inganno uditivo all’oggettificazione il passo è breve. «Il resto è pure peggio: ‘muta d’accento e di pensiero’». Ecco spiegato il titolo e il senso di quel che per una buonissima ora e mezza accade sul palco. Ma saremmo potuti partire da altre parole, conclusive: «Lo so che, almeno all’inizio, qualcuno di voi avrà pensato: ‘Ma la Molinari non faceva la cantante?’». Simona chiede di considerare il tutto come «un atto di gratitudine verso tutte queste donne» la cui «staffetta» le ha permesso di essere qui.
Ignorate, sfruttate, dimenticate o non riconosciute, celate dietro nomi maschili ma anche oggetto di menzogna divenuta verità. Con Molinari padrona del palco e forte dei testi di Simona Orlando, co-autrice, la staffetta parte dalla Maddalena di ‘I Don’t Know How To Love Him’ in Jesus Christ Superstar, “unica apostola cui nemmeno il musical che ha reso Gesù un figlio dei fiori ha ripulito l’immagine”. Da Mina bandita dalla tv perché incinta di un uomo sposato, lo spettacolo omaggia la donna che scrisse di un mondo di uomini (Betty Jean Newsome, compagna e corista di James Brown, autrice di ‘It’s a Man’s Man’s Man’s World’). Da Paola Pallottino che cucì ‘4/3/1943’ addosso a Lucio Dalla si passa a Milly che negli anni Sessanta cantò con ironia “dunque la donna può dirsi ugual ad un giornal” (un giornale per incartarci le cose); da Lotte Lenya, musa di Kurt Weil (‘Mack The Knife’) si passa a Nina Simone (‘I Put a Spell on You’), donna nera negli Stati Uniti della segregazione razziale. Un ponte unisce Violeta Parra a Mercedes Sosa e la Anna Magnani di ‘Bellissima’ alla Billie Eilish di ‘Bad Guy’, unite dal coraggio di mostrare una femminilità alternativa ai cliché.
Sul retro del Sociale a prendersi una boccata d’aria ci sono Sade Mangiaracina (pianoforte), Chiara Lucchini (sax), Elisabetta Pasquale (basso) e Francesca Remigi (batteria), splendide tramiti, anche con le voci, di quanto ascoltato. Nei piani alti, là dove stanno i camerini, raggiante Simona ringrazia. Le ultime prove svoltesi nel Bellinzonese sono confluite in una prima senza intoppi, che nemmeno pareva una prima: «Ci hai fatto commuovere» dice una giovane donna; «Anche noi ci siamo commosse» risponde Simona. «Sì, questa dimensione mi piace da morire, mi permette di passare da una cosa all’altra, di fare la musica in cui credo. Spettacoli come questo servono prima a me che al pubblico. Il senso è tutto».
‘La donna è mobile’ non è una sorpresa per chi avesse ascoltato Simona in ‘Hasta siempre Mercedes’, disco e spettacolo teatrale dedicato a Sosa. Nemmeno stupisce che il recente riappropriarsi del ruolo di artista abbia portato a una rivendicazione femminile: “Artisticamente ho espresso quello che volevo, ma a volte mi sono sentita una diva del burlesque”, dichiarava tempo fa per dire di chi l’aveva fatta sentire prima donna e poi artista, leggasi “prima bella e poi brava”, e di chi sosteneva che la maternità avrebbe cambiato le cose. Quanto alla bellezza, la sua Anita non ha cambiato proprio nulla; quanto alla bravura, torniamo a casa e, come per un segno del destino, in tv danno Milva in un vecchio programma intitolato ‘Canzoni per la libertà’, e a noi ‘La donna è mobile’ pare un passaggio di consegne tra donne del teatro canzone.
Dice bene Simona, il senso è tutto: da piuma al vento, la ‘mobildonna’ verdiana sfrutta il vento per arrivare a tutti e tutte, in uno spettacolo aggraziato e potente, denso di un femminismo non urlato che vale più di alcuni nostalgici e stantii slogan di piazza che ancora si odono. Uno spettacolo ineccepibile e inattaccabile, del quale presto sentiremo parlare.
Ti-Press
Teatro Sociale Bellinzona, sabato 5 aprile 2025