Chi ha memoria della storia recente del giornalismo in Ticino ricorderà come il Quotidiano di Silvano Toppi venne salvato due volte dal gruppo di amici e sostenitori che si era creato attorno al giornale. Così come il Giornale del Popolo venne a lungo sostenuto dall’Associazione amici del GdP. Certo, l’impegno dei sostenitori per il Quotidiano di Toppi non fu sufficiente – nonostante il successo del giornale – a ribaltare i molti ostacoli che finirono per far tacere quella voce. Mentre nel caso del GdP, fu solo il repentino fallimento di Publicitas a decretarne la fine; senza quell’episodio forse il giornale esisterebbe ancora o almeno avrebbe avuto tempo e modo per trasformarsi in un settimanale, per il quale ancora oggi ci sarebbe un certo spazio.
Ciò che importa e ciò che ci insegnano questi due esempi è che un giornale con una sua identità e una sua posizione specifica nel dibattito pubblico non vive solo delle entrate che genera e della pubblicità, ahimè sempre più scarsa. Soprattutto nei momenti difficili, può vivere in parte anche del sostegno e dell’impegno concreto di chi crede nei valori e nelle idee che il giornale propone e difende. Una vicinanza, sia chiaro, ideale e non un do ut des fatto di favori reciproci e articoli compiacenti. Parliamo di ideali e di valori, non di interessi. L’indipendenza del giornale non è in discussione e anzi resta la sua forza.
Ciò che sta succedendo a laRegione – la riduzione di diversi posti di lavoro nelle redazioni a causa del calo pubblicitario – evoca inevitabilmente questi argomenti. laRegione ha una sua collocazione precisa nel panorama dei media ticinesi, una identità che si è affermata con chiarezza, pur con le differenze che ogni direzione giustamente deve poter reclamare. laRegione di Daniel Ritzer non è quella di Matteo Caratti, così come il Corriere del Ticino di Paride Pelli non è esattamente quello di Fabio Pontiggia. Gli accenti possono essere diversi, ma l’ambito culturale e valoriale nel quale il giornale si riconosce e dal quale trae ispirazione resta sostanzialmente immutato.
Ebbene, di fronte alle difficoltà attuali de laRegione che impongono il taglio di diversi posti di lavoro tra i giornalisti (anche il Corriere visse una situazione simile nel 2019…), vien da chiedersi se la vasta area culturale e politica (ma anche regionale) che fa riferimento al giornale non possa in qualche modo organizzarsi per un sostegno concreto. Se quest’area crede nel valore de laRegione è il momento giusto per manifestarlo. Un po’ per creare le premesse perché il futuro sia meno incerto e un po’ in segno di solidarietà con i giornalisti vittime di questa riduzione.
laRegione è figlia, per parte di padre, di quel ‘Dovere’ che negli anni 80 stampava l’inserto ‘Ragioni critiche’. Una palestra di riflessione colta per chi credeva in una visione di stampo illuminista, democratica e liberale, e assieme attenta ai bisogni sociali del nostro tempo. Abbiamo ragione di credere che chi crede in quella visione possa ancora riconoscersi ne laRegione di oggi, pur col mutare dei tempi e delle persone. E che possa avere buone ragioni per sostenerla. Leggetelo come un appello: è il momento di farsi avanti.
A noi dell’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg) interessa che il buon giornalismo continui ad avere spazio e mezzi per essere esercitato liberamente, e che più posti di lavoro possibili vengano salvati. Senza i mezzi necessari il buon giornalismo diventa difficile. Così come mantenere l’equilibrio attuale tra i due quotidiani cantonali, garanzia di un sano pluralismo.