Considerando il Piano finanziario che prevede a medio termine l’andamento delle finanze pubbliche cantonali, tra il 2002 e il 2028 il Canton Ticino avrà realizzato perdite in 19 esercizi contabili su 27. Nel frattempo, il capitale proprio è passato da oltre mezzo miliardo di franchi a essere in negativo di -215 milioni (2024). Il debito pubblico, dagli 800 milioni del 2002, è più che triplicato per attestarsi, l’anno scorso, a oltre 2,6 miliardi di franchi e superare i 3 miliardi nel 2028.
Attenzione: i conti degli ultimi 22 anni comprendono già ben oltre 1 miliardo di versamenti della Banca nazionale svizzera (!). Di fronte a queste cifre e a una tendenza alla quale non vi sono inversioni in vista, ci è sembrato doveroso come organizzazioni economiche lanciare un allarme sulla gestione delle finanze pubbliche. Allarme che pare aver colto nel segno, alla luce dei vari economisti che si sono sentiti di giustificare e banalizzare lo sviluppo totalmente fuori controllo delle spese del Cantone. Secondo le logiche proposte alcuni giorni fa da Spartaco Greppi e Christian Marazzi su laRegione, al contrario di una famiglia, l’esplosione di costi e debiti va benissimo e “la spesa pubblica orientata alla crescita genera gettito aggiuntivo”.
Siamo in parte d’accordo: gli investimenti i cui benefici ricadono sulle prossime generazioni possono giustificare dei debiti, ai quali sempre le prossime generazioni dovranno far fronte. Nessun problema, dunque, se i genitori lasciano ai figli una casa e un po’ di debiti con la banca. Male invece lasciare alla prossima generazione solo i debiti. Uno sguardo all’evoluzione della spesa del cantone Ticino fa rabbrividire, e deve preoccupare anche Marazzi e Greppi. Negli ultimi 20 anni, le spese sono aumentate del 75%: alla base dell’esplosione non vi sono però “investimenti orientati alla crescita”, ma sussidi e sovvenzioni che dal 2001 sono più che raddoppiati, crescendo a un ritmo annuale superiore al 10%. Oggi, più di un franco su due speso dal Cantone riguarda la ridistribuzione, che per definizione non genera gettito aggiuntivo. In altri termini: stiamo distribuendo soldi non nostri a destra e a manca, accumulando debiti.
Affermare che questa tendenza sia buona e giusta è di una gravità indescrivibile e irresponsabile nei confronti dei nostri figli e nipoti. Ma non solo: deresponsabilizza una politica che, abbagliata dai voti, ha perso la visione di insieme e si concentra a garantire rendite di parte a cerchie che non necessitano di aiuti. A immagine di ciò vi è il recente dietrofront del Gran Consiglio sui sussidi di cassa malati a economie domestiche con redditi (in parte) superiori ai 12’000 franchi al mese. Ingiustificabile.
Politica, società e mondo accademico non possono restare immobili di fronte a questa tendenza e banalizzare la crescita insana ed esponenziale di sussidi, costi e debiti, delegandola alle prossime generazioni. Sarebbe un atto di estremo egoismo.