Le presenti considerazioni si limitano agli aspetti giuridici. La conclusione è che lo scambio dipartimentale è possibile se sono superate due fasi distinte e successive del processo decisionale, la modifica della norma vigente e la concreta approvazione dello scambio. Il vigente art. 5 cpv 2 del Regolamento sull'organizzazione del Consiglio di Stato e dell'Amministrazione (Reg.) prescrive che la ripartizione dei dipartimenti fra i membri dell'esecutivo avviene all'inizio di ogni legislatura e, se del caso, in seguito a elezione complementare. Stante l’attuale formulazione è quindi escluso, per deduzione e contrario, lo scambio in corso di legislatura. Detto altrimenti, la permuta dei dipartimenti non è possibile con semplice decisione del Consiglio di Stato. Trattandosi però di un regolamento interno, emanato dal Consiglio Stato medesimo, cucinato in casa per così dire, questo organo lo può modificare entro i limiti di legge. La modifica di un atto normativo, di durata indeterminata e di carattere generale e astratto, come è il menzionato art. 5 cpv. 2 Reg., non è però assimilabile alla semplice, concreta decisione di avallo delle assegnazioni dipartimentali, ma implica di procedere come un legislatore e dare risposta a una serie di quesiti che investono propriamente la sua portata generale. Atteso che l’art. 5 cpv. 2 si trova in regolamento in vigore dal 2001, regolamento che sua volta abroga quello del 22 marzo 1855 (art. 29 Reg; in realtà una legge approvata allora dal Gran Consiglio), i consiglieri di Stato devono perlomeno chiedersi come mai, per decenni, il Reg. non ha contemplato la possibilità dell’arrocco con treno in corsa, che si prospetta di attuare oggi. A questo interrogativo va data una risposta seria, fondata su uno scandaglio dei materiali, poiché si tratta di una modifica normativa potenzialmente e indistintamente applicabile ai casi futuri. Appunto: per quali motivi non si è voluto, sin dall'inizio, inserire la facoltà della permuta dipartimentale al di fuori delle due ipotesi regolamentari? Quali sono le conseguenze di opportunità e di razionalità, per es. in termini di rischio di spreco di risorse – a seconda dell’avanzamento della legislatura – per il forzato avviamento delle conoscenze specifiche degli incarti in seno al neo acquisito nuovo dipartimento, conoscenza dei quadri, loro eventuale dislocazione, affiatamento ecc.? Va inoltre chiarito, per esempio, cosa succederebbe attuando l'ipotesi scambista in corso di legislatura con il diritto di priorità di scelta per anzianità di carica pure sancito dal Reg. Questo diritto di opzione non subentra invero nel caso concreto perché i consiglieri Gobbi e Zali sono i più longevi (2011 e 2013), di modo che non sono sollecitati i diritti di opzione degli altri tre membri. Solo una risposta fondata a questi interrogativi legittima la – di per sé lecita – modifica della norma del vigente Reg. Trattandosi appunto di norma astratta generale la modifica regolamentare passerebbe, come di regola, con la maggioranza assoluta. Del resto a livello federale, l'art. 35 della LOGA, Legge sull’Organizzazione del Governo e dell’Amministrazione, prescrive che il Consiglio federale possa modificare in ogni tempo la ripartizione dei dipartimenti.
Altra musica – modificato l’art. 5 cpv. 2 Reg. e pubblicato sul bollettino ufficiale – la decisione nel singolo caso, l’arrocco oggetto della disamina, che ovviamente consiste in una revoca di una decisione di ripartizione pregressa, quella di inizio aprile 2023 susseguente l'elezione: si tratta di fare marcia indietro su un oggetto che il Consiglio di Stato ha già una volta deliberato e pertanto entra in gioco una norma di rango addirittura costituzionale, l'art. 69 cpv. 2 Cost. cant., secondo la quale per la revoca di atti individuali concreti occorre il voto favorevole di almeno 4 consiglieri. I commenti della Commissione per lo studio del progetto di revisione totale della costituzione ticinese insegnano che la revoca qualificata da una più alta maggioranza esiste per le decisioni governative concrete, non normative, come appunto è la revoca dell’iniziale assegnazione dei dipartimenti, atto che riveste carattere amministrativo (ed. speciale RDAT p. 197).
Il processo deve forzatamente avvenire in due fasi. Per chi scrive ne segue che, ottenuta la modifica dell’art. 5 cpv. 2 Reg., l’arrocco dipartimentale potrà avvenire solo con la maggioranza qualificata di 4 consiglieri.