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Il diritto all’autodifesa non è un crimine

Viviamo in un’epoca in cui basta gridare “diritti umani” per sentirsi moralmente superiori. Eppure molti di quelli che oggi puntano il dito contro Israele, con indignazione selettiva e slogan prefabbricati, ignorano o scelgono di ignorare una realtà fondamentale: Israele non è uno Stato perfetto, ma è una democrazia assediata e letteralmente circondata da regimi, che ne auspicano la cancellazione. Chi parla di “equilibrio” e “pace” dimentica che Israele ha accettato più volte proposte concrete per la creazione di due Stati, da Oslo a Camp David, fino al piano Clinton e ad Annapolis. Ogni volta la risposta è stata rifiuto, violenza, intifade, razzi, attentati, bambini usati come scudi umani. Il 7 ottobre 2023 la maschera è caduta. Hamas, gruppo terroristico finanziato e armato dall’Iran, ha compiuto uno dei più atroci massacri di civili nella storia recente: stupri, torture, decapitazioni, persone bruciate vive. Famiglie intere sterminate per “liberare la Palestina”? No: per terrorizzare e distruggere. E, invece di indignarsi, molti cosiddetti “difensori dei diritti” hanno giustificato, relativizzato, “contestualizzato”. Come se il massacro dei civili potesse mai essere una forma legittima di resistenza. Nessuno oserebbe dire lo stesso, se fosse accaduto in Francia, in Svizzera o in Italia. Israele non è solo uno Stato in guerra: è l’unico avamposto democratico in Medio Oriente, in mezzo a regimi teocratici, militari o dittatoriali, dall’Iran degli ayatollah alla Siria di Assad, dal Libano ostaggio di Hezbollah fino a Gaza, governata da chi dichiara apertamente che “Israele deve sparire”. Ogni giorno Israele deve scegliere tra autodifesa e annientamento. Ma non combatte solo per sé. Combatte anche per l’Occidente, per quei valori che molti europei oggi danno per scontati: la libertà di religione, i diritti delle donne, la democrazia parlamentare, la convivenza tra culture diverse.