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La pagliuzza e la trave

(Tii-Press)

Genocidio in diretta. È il titolo dell’articolo di Roberto Antonini, pubblicato il 16 settembre scorso su queste colonne dopo l’ennesimo bombardamento a Gaza. Decine di migliaia di bambini, donne, anziani, civili innocenti, trucidati e mutilati sotto gli occhi del mondo, spettatore perlopiù silente. Non ci sono attenuanti. Quello che in questi mesi abbiamo conosciuto è un’azione criminale che non si era mai vista finora in diretta tv. Assumere atteggiamenti pilateschi, come fanno le autorità svizzere, è da irresponsabili.

Si è condannata la Russia e non lo si fa con Israele? Ha detto bene il responsabile dell’informazione Rsi Reto Ceschi al telegiornale: “Tanti spettatori dell’orrore… zero condanne, mai una parola forte, mai una denuncia che dia un senso al dramma. Un silenzio che un giorno potrebbe farci vergognare tutti”.

Dopo il barbaro attacco dei terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023, la reazione israeliana è stata violentissima e perdura tutt’ora con una ferocia inaudita. È palese l’obbiettivo: l’annientamento di Gaza e la deportazione dei palestinesi, che per alcuni governanti vengono considerati “bestie” da affamare. “Niente elettricità, niente cibo, niente acqua. Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza” sono le dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant all’indomani dell’assedio di Gaza.

Un atroce conflitto che, dopo due anni di barbarie denunciate da medici, giornalisti e organizzazioni umanitarie sul campo, sembrerebbe risvegliare timidamente solo ora le coscienze dormienti anche qui in Europa. Speriamo. Sarebbe ora che anche coloro che in questi anni si sono dati da fare per pilotare la posizione del nostro Paese, si ravvedano. Il monito di Primo Levi, testimone diretto della Shoah: “Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?”, è forse caduto nel vuoto?

Fino a poco tempo fa, chi osava condannare il genocidio e deplorare la linea criminale del governo Netanyahu veniva apostrofato con l’infamia peggiore, quella che nessuno vorrebbe vedersi appiccicata in fronte, quella di antisemita. Cosa non si farebbe, pur di annichilire le coscienze! Anche alle nostre latitudini non sono mancate pressioni da parte di alcuni fanatici, in particolare nei confronti di politici e giornalisti che nella propria attività sono chiamati a esprimersi e decidere su queste drammatiche realtà. Le ho ricevute anch’io, dopo che già nel dicembre del 2023 mi sono permesso di condannare pubblicamente l’inaccettabile sterminio di donne e bambini innocenti in Medio Oriente. E come me, le hanno ricevute altri, che dopo aver constatato i fatti per quelli che sono, hanno agito secondo la propria coscienza, mettendo davanti alla timidezza di don Abbondio, l’umanità coraggiosa.

Quando nel dicembre del 2023 il parlamento federale ha discusso gli aiuti finanziari all’Agenzia umanitaria delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi in Medio Oriente (Unrwa) diretta da un cittadino svizzero, le pressioni sui deputati sono state enormi. La strategia era facile da capire, screditare l’Onu e la sua azione a Gaza, proprio con il voto contrario della patria delle convenzioni e dei diritti umani.

A un certo punto è addirittura circolata una e-mail dell’Associazione Svizzera-Israele Ticino con l’elenco di deputati meritevoli, una sorta di “lista di proscrizione” al contrario; una pacca sulla spalla per coloro che avevano votato contro gli aiuti umanitari, lasciando implicitamente intendere che gli altri erano “cattivi”. Tra gli esclusi, anche il consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio, che si è distinto sin dall’inizio per la sua indipendenza, e perciò “proscritto” per non essersi piegato. A tutto però c’è un limite, che non dovrebbe essere oltrepassato.

In questi giorni il Consiglio nazionale ha nuovamente affrontato il tema dei rapporti tra Svizzera e Israele e ognuno ha legittimamente votato secondo le proprie valutazioni. Nei giorni successivi sui social si sono scatenati i soliti leoni da tastiera, riprendendo in particolare un post dei Verdi del Ticino contro sei deputati di Plr, Centro, Lega e Udc. A distinguersi vergognosamente e al limite della denuncia, il segretario dei Verdi ticinesi nonché docente in una scuola pubblica Daniele Polli, che ha diffuso urbi et orbi nomi e cognomi di coloro che, secondo lui, sarebbero i deputati e i partiti complici della sofferenza in Palestina. Sì, addirittura complici! Un atto di fanatismo inqualificabile, che non fa altro che danneggiare la già difficile causa delle vittime, che dovrebbe vederci uniti. Che anche i Verdi come altri si occupino del genocidio a Gaza è certamente un bene, ma occorre ricordare a Polli e ai Verdi ticinesi la parabola della trave e della pagliuzza, ben rappresentata dall’eloquente risultato della votazione dell’11 dicembre scorso, quando in Consiglio nazionale i loro rappresentanti avevano votato a larghissima maggioranza contro la messa al bando dei terroristi di Hamas, responsabili degli orripilanti stupri e della terribile carneficina del 7 ottobre in Israele.

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