Questo articolo, quasi fuori tempo massimo, è diretto in particolare a chi pensa di non votare perché “tant a cambia nagott”. Un pensiero sbagliato perché la democrazia diretta non funzione così. La democrazia diretta funziona solo con un’ampia partecipazione: quindi votate, votate come volete, ma votate. Io cerco solo di esporre quelle che, a mio parere, sono le ragioni del ‘sì’.
Nel 1997, la Legge federale sull’assicurazione malattia (LAMal) venne accettata in Svizzera con un timido 51,8% di SÌ, mentre il Ticino con il 66,2% di consensi fu, dopo il Canton Giura (83,8%) il Cantone con la più alta percentuale di SÌ. In totale ad approvare la LAMal furono 10 cantoni (il Ticino, i Grigioni, Berna, Glarona, i due semicantoni di Basilea e i 5 cantoni romandi) mentre a tentare di affossarla furono in particolare i cantoni più ricchi (Zurigo, Lucerna, Zugo, Svitto, S. Gallo, Soletta e Sciaffusa) oltre a tutti gli altri semicantoni notoriamente conservatori. Un risultato analogo per quel che riguarda i Cantoni, ma con esito negativo (bocciata dal 55,5% di NO e col SÌ di 8 cantoni tra i quali con il 57,6% il Ticino) lo ebbe la votazione del 9.6.2024 sull’iniziativa per porre un limite del 10% del reddito per i premi delle Casse malati a livello federale.
Da questi pochi dati risulta evidente che fino dal primo apparire della LAMal, a dividere l’elettorato, oltre alla maggiore o minore sensibilità sociale, furono il senso di appartenenza a categorie finanziariamente privilegiate o sfavorite.
La storia della LAMal vede il Ticino, in un certo senso, protagonista. Infatti, già nel 1986 il nostro Cantone aveva anticipato la legge federale con una legge cantonale elaborata dall’allora responsabile della Cassa cantonale di compensazione Avs: il liberale Alberto Gianetta. Una legge, quella di Gianetta, che già prevedeva l’obbligatorietà, sussidi in funzione del reddito e la compensazione dei rischi tra assicuratori. Non è quindi probabilmente per caso che il primo a proporre la nuova legge federale sia stato un Consigliere federale ticinese, Flavio Cotti. Cotti poi, quando cambiò dipartimento, passò il dossier a Ruth Dreyfuss. Ruth Dreyfuss rese esplicito l’obiettivo sociale della nuova legge: evitare una medicina a due velocità, una per i ricchi e un’altra, più economica, per le fasce di reddito più sfavorite. Un obiettivo centrato. Credo sia questa la ragione per cui oggi la LAMal è generalmente apprezzata e, malgrado alcuni tentativi di indebolirla, sia finora riuscita a mantenere la rotta voluta da Ruth Dreyfuss.
Tuttavia è evidente che una legge con un obiettivo così ambizioso, una legge che chiede per tutti – ricchi e poveri – la medesima qualità delle cure, produce costi della salute elevati. Già nei primi anni di applicazione della LAMal il responsabile della Sezione sanitaria Gianfranco Domenighetti ammoniva che un sistema dove i costi sono collettivi (i tuoi costi sanitari non li paghi tu, ma li pagano tutti), mentre i benefici sono in gran parte privati (studi medici, ospedali, farmacisti, fornitori di prestazioni) creerà costi crescenti in modo esponenziale. Che è esattamente quello cui stiamo assistendo in particolare in questi ultimi anni con un aumento medio in Ticino dei premi di una assicurazione obbligatoria del 10% annuo, (mentre i salari crescono, quando è il caso, al massimo del 2%).
Una tendenza praticamente confermata per il Ticino con il +7,1% per il 2026.
Fissare un tetto del 10% del reddito è diventata quindi una esigenza politica senza la quale la LAMal arrischia di saltare riproponendo lo schema di una medicina a due velocità.
Questa esigenza era già stata avvertita dalla Conferenza dei direttori della Sanità, della quale facevo parte, al momento dell’entrata in vigore della LAMal nel 1997. Se ben ricordo allora come limite si ipotizzava l’8% del reddito imponibile.
Introdurre questo limite può inoltre generare altri vantaggi nel senso di favorire, per evitare costi eccessivi per l’Ente pubblico, quelle molte riforme del nostro sistema sanitario di cui si parla da tempo, ma che gli interessi congiunti di assicuratori e fornitori di prestazione impediscono di realizzare. Penso al problema che una assicurazione obbligatoria sia gestita dello Stato – come la Suva, l’Insai e la stessa Avs – con il vantaggio, tra l’altro, di poter avere direttamente tutte le informazioni necessarie per governare la Sanità.
Se vogliamo salvare una legge unica al mondo che garantisce la medesima qualità delle cure indipendentemente dal reddito e dal tipo di assicurazione, se vogliamo contribuire a evitare che l’esplosione dei costi faccia fallire la LAMal, se vogliamo contribuire a creare più trasparenza nella Sanità, il 28 settembre votiamo ‘SÌ’ al tetto del 10% da inserire nella legge cantonale di applicazione della LAMal.