laR+ L'intrusa

Ha ragione l'Udc

24 settembre 2025
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Ha ragione Alain Bühler, portavoce dell’opinione dell’Udc ticinese, quando dice che lo Stato non dovrebbe sussidiare i media. I media, il giornalismo indipendente, curato, ricercato ed elaborato, quello che richiede tempo e risorse, dovrebbe essere la voce plurale della democrazia sostenuta da chi questa forma di governo la vive. Sì, perché per poter prendere decisioni sulla cosa pubblica, l’unica cosa da fare è conoscere la materia e per farlo è necessaria un’informazione costante e diversificata pagata e riconosciuta.

Ha ragione l’Udc dicendo che non sono i sussidi la misura più corretta per sostenere il lavoro di giornaliste e giornalisti che quotidianamente impiegano le loro conoscenze, gli anni di studi e di pratica per portare alla luce le pecche e i pregi della gestione del nostro territorio e delle nostre vite.

È giusto. Il Governo, quello federale principalmente, non deve elargire soldi ma creare i presupposti affinché ci sia equità di mezzi nel poterli reperire. Oggi, infatti, è impossibile immaginare che un giornale regionale o nazionale che sia, la cui sopravvivenza è determinata principalmente da lettori e pubblicità e i cui obiettivi sono quelli di garantire qualità nell’informazione regionale nell’interesse pubblico, possa competere per prezzi e mezzi con i grandi della tecnologia della Silicon Valley. Questa distorsione del mercato, dovuta a una deregolamentata globalizzazione della vita digitale, rimescola completamente le carte della concorrenza leale fra operatori dello stesso settore.

Perché, parliamoci chiaro, è questo il nodo principale che sta mettendo in ginocchio tutta la stampa svizzera, regionale e nazionale. I grossi Facebook, Instagram, Google e Tik Tok stanno risucchiando risorse economiche derivanti dal mercato pubblicitario del nostro territorio per trasferirle, senza pagare dazio, nelle avide mani di imprenditori oltre oceano, qualunque oceano vogliate pensare.

La Confederazione, anche sollecitata dalla pressione dei Cantoni interessati dal drastico impoverimento mediatico di qualità (quindi tutti), dovrebbe adottare politiche che salvaguardino la salute del proprio funzionamento. Soprattutto con l’avvento di questi ‘nuovi’ mezzi di diffusione avrebbe il compito di definirne gli obiettivi, evitare che questi distorcano più o meno volontariamente la realtà in cui viviamo, garantire che il lavoro di chi si impegna a esservi presente sia giustamente retribuito e assicurarsi di salvaguardare il benessere della popolazione che ne usufruisce.

Nel 1931, il Consiglio federale dell’epoca, tramite il dipartimento delle telecomunicazioni presieduto dal liberale radicale Marcel Pilet-Golaz, ha avuto la lungimiranza di creare un mandato federale che definisse gli obblighi e i doveri di quella che oggi conosciamo come Ssr, ma che allora era solo un’organizzazione mantello di tutte le emittenti radiofoniche regionali. Questo documento definiva (e definisce ancora oggi) gli obiettivi, i contenuti ammessi e quelli vietati, le autorità di controllo e le possibili fonti di finanziamento. Negli anni questo mandato ha subito aggiornamenti e ammodernamenti ma è sempre stato il faro etico per le emittenti radiotelevisive pubbliche prima e private poi.

Avevano chiaramente capito l’importanza cruciale che i mezzi di trasmissione di massa avevano e hanno sulla popolazione, sulla democrazia e sulla capacità di gestire la cosa pubblica.

Oggi, (in realtà negli ultimi 20 anni, ovvero dall’avvento di Facebook nel 2008) ancora poco o nulla si è fatto né sulla regolamentazione dei nuovi media in fatto di contenuto, né sulla ridistribuzione delle risorse che queste piattaforme tolgono e mai riversano sul nostro territorio.

Ha ragione quindi l’Udc a non volere un’informazione sussidiata dallo Stato ma da chi i contenuti li legge, guarda e ascolta. In attesa che però questo partito, il primo a livello nazionale e dunque con un grande peso sul Governo federale, si adoperi per rimettere il campanile al centro del villaggio, auspichiamo che abbiano l’intelligenza di sostenere chi del nostro territorio si occupa con dedizione e senso civico. A meno che non abbiano interesse a mantenere caos informativo e un tessuto sociale più debole che mai.