Come facciamo a sentirci bene con l’immane peso distruttivo della morte che sta governando il mondo? Come si fa a essere felici con questo massacro di innocenti, che rievoca il sanguinario Erode? Come possiamo restare indifferenti con l’immagine metaforica di Pilato che se ne lava le mani di fronte allo sterminio? È un sentire che echeggia tra amici, nella vita reale o sui social, tra persone comuni che si confrontano e avvertono un malessere diffuso. Siamo immersi in un clima devastante, e angosciante, circondati da immagini di guerra, di tante guerre, che non ci fanno dormire sonni tranquilli perché il male assoluto sembra diffondersi ovunque, con una potenza più potente che mai. Non si può nemmeno vivere serenamente quando ci alziamo il mattino, perché consapevoli che in un'altra parte della terra, c’è in atto un infanticidio. Pensando poi all'esternazione sentita in una tv italiana, riferita a Gaza, di chi dice “definisci bambino”, con cui si annulla e si nega l'esistenza stessa dei bambini morti ammazzati, mi sembra di essere ritornati nei secoli bui, quando le donne e i bambini non erano considerati e valevano meno di un piccione. Nella lettura del perché si fanno guerre, Eric Fromm si rivela un autore moderno, con il saggio “Anatomia della distruttività umana”, più che mai attuale e riproducibile in questa epoca. Il libro spiega i meccanismi del culto della morte, legati all'incarnazione di pulsioni distruttive portate all’estremo,
distinguendo tra la reazione aggressiva, dovuta alla sopravvivenza; e quella invece pericolosamente legata a patologie, a perversioni, e al dominio assoluto.
Fromm però, con le sue analisi sull'economia marxista, sulla società capitalista, sui motivi delle guerre e della violenza, autore anche del libro “L’arte di amare”, “Fuga dalla libertà” e “Avere o essere”, ci mostra un barlume di luce, un faro in lontananza, la speranza di una salvezza, suggerendo la possibilità di orientarci verso la vita e non verso la morte, scegliendo l’amore, la creatività, e la solidarietà. Perché se non teniamo accesa la fiammella della speranza, alimentata dal sentimento di umanità, la vita non ha più nessun senso, se non quello di abitare, e inquinare un posto sulla terra. All'epoca della pubblicazione Fromm venne accusato di essersi basato più sulla psicanalisi che su prove empiriche, ma molti gli riconobbero il merito di aver affrontato un tema che oggi è ricorrente, trasformatosi, con le armi di distruzione di massa, nella peggiore delle rappresentazioni perché è più terrificante, più mostruoso e più disumano di quanto ci si poteva immaginare. Avendo fatto ricorso, per i miei studi, solo ad alcuni capitoli del libro, che è denso di tecnicismi, ancora oggi fatico a capire perché Fromm confutava l’idea di un impulso aggressivo innato e auto-propulsivo negli esseri umani, mettendo in discussione le teorie di figure come Konrad Lorenz. Perché guardando il mondo, sembrerebbe che gli esseri umani, pur condividendo alcuni comportamenti aggressivi con gli animali, si differenziano da loro per il cinismo, per come esercitano il potere, e per il fine con cui uccidono, rivelando una natura sadica e cinica che appartiene solo agli esseri umani, che sembrano nati per uccidere. Chi si distanzia da questo comportamento, soffre vedendo i suoi simili morire, e non fa di certo zapping perché sente viva la responsabilità, dettata dalla coscienza. Rifacendomi all’opera divulgativa di Fromm, sull’arte di amare, ma l’amore richiede impegno, rispetto e saggezza, potremo almeno dire di non aver scelto l’odio, e di non essere mai stati correi nel desiderare l'annientamento altrui.