laR+ Lettere dei lettori

Lo schermo non è un’impalcatura

“Le parole sono importanti!”, è una frase del film di Nanni Moretti che nel 2008 fu proiettato sullo schermo di Piazza Grande. Quello stesso schermo che ora il Festival desidera “mandare in pensione”. Contro questa proposta è stata lanciata la petizione “Locarno: don’t touch the screen” che in soli tre giorni ha ricevuto più di tremila firme. Nel tentativo di minimizzare l’errore, vengono utilizzati termini sui quali è importante fare un po’ di chiarezza.
Impalcatura – Sin dalle prime prese di posizione ufficiali la struttura dello schermo è stata banalizzata utilizzando il termine “impalcatura”. Nell’ambito della protezione dei beni culturali si è abituati all’uso tendenzioso di parole che ne denigrano il valore. Per una casa abbandonata di un nucleo tradizionale si usa “catapecchia”; per un vecchio torchio si usa “rudere”. Ogni volta che sentiremo utilizzare la parola impalcatura, staremo ascoltando un tentativo di spogliare lo schermo del valore culturale di cui è portatore, come riconosciuto dalle comunità della cinematografia e dell’architettura.
Nostalgia – Alcuni provano invece a ridurre il tutto a un moto nostalgico. Aprire un dialogo su una tale modifica strutturale non ha nulla di nostalgico. Gli adattamenti realizzati in passato, fatti con sensibilità e rispetto dell’opera di Vacchini, rispondevano a un’evoluzione in parte tecnologica legata alla funzione primaria di schermo e cabina, con lo scopo di proiettare i film nel rispetto degli autori e della loro opera. Oggi si parla soltanto di ottimizzazione dei tempi di montaggio, problema che si sarebbe potuto affrontare in modo diverso, con più trasparenza e sensibilità, in continuità con le dinamiche di evoluzione sin qui utilizzate, evitando drastiche decisioni calate dall’alto all’ultimo minuto.