C’è chi dice che governare la Svizzera sia come guidare un treno svizzero: tutto preciso, puntuale e silenzioso. Ma l’estate 2025 ci racconta un viaggio un po’ diverso. Vagoni fuori binario, costi impennati e limousine elettriche. Cominciamo dagli Stati Uniti, dove il presidente Donald Trump ha rispolverato il suo sport preferito: i dazi. Le esportazioni svizzere verso gli Usa si sono viste colpite, da un giorno all’altro, con tariffe fino al 39%. Il Consiglio federale? Colto in contropiede. Niente accordi speciali, niente linee dirette con la Casa Bianca, nessuna clausola salvagente. Solo tanto stupore e un brusco risveglio per settori chiave come l’orologeria e la meccanica. Ma mentre le esportazioni arrancano, la mobilità del governo corre. Letteralmente. La Confederazione ha appena ordinato 25 Bmw i7 xDrive60 elettriche, per un valore di 5,6 milioni di franchi. Belle, silenziose, ecologiche. E soprattutto acquistate direttamente alla casa madre, senza una gara d’appalto. Certo, è per la transizione verde. Ma anche l’occhio vuole la sua parte, eccome. Poi c’è il famigerato affare F-35. I jet americani dovevano costare 6 miliardi di franchi. Ma i conti non tornano: tra rincari, costi non previsti e un tasso di cambio fermo al 2022, il prezzo potrebbe salire di altri 1,3 miliardi. Non proprio uno sconto amicizia. Nel frattempo, a marzo, la consigliera federale Viola Amherd ha salutato il governo. Le motivazioni ufficiali? Scelte personali. Il tempismo? Impeccabilmente svizzero. Insomma, tra acquisti che brillano più del sole d’estate e trattative condotte con la leggerezza di una passeggiata alpina, il Consiglio federale ha collezionato diversi inciampi. Nulla di irreparabile, si spera. Ma alla fine, come sempre, a pagare sarà il cittadino. Magari mentre aspetta l’autobus, guardando passare una Bmw blu notte con targhe federali.